Il bosco 7 - il cerchio si chiude

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LeTulipNoir
view post Posted on 18/2/2010, 23:06




Il bosco 7 - il cerchio si chiude

La prima cosa che avvertii, cominciando a riaprire gli occhi fu una lama di luce che come una fitta al petto mi trapassò le palpebre semiaperte. Il profumo di erba m'invase le narici come il profumo del the caldo quando ti avvicini al fuoco, lo stordimento da cui mi stavo destando faceva il paio con l'intorpidimento delle braccia e delle gambe, che sentivo pesantissime, come inchiodate a terra da un invisibile peso che m'impediva il movimento.

Il cavallo stava brucando l'erba vicino a me, sulla sinistra. Dietro, si stagliavano i profili maestosi e impenetrabili di alberi secolari, come un muro di verde tra la la luce che mi stava finalmente rinfrancando da tutto quello che mi era successo... Ma cosa mi era successo? Di colpo, pensieri, immagini, colori, dolori, tornarono alla mia mente, come un ricordo doloroso felice di essere solo un ricordo.

“Dove sono?” mi dissi alzando lentamente la testa e girandola per osservare cosa avevo intorno. Vidi verso il sole che stava sorgendo che c'era una fattoria, e poco più avanti che cominciava un villaggio, da cui provenivano fumi e rumori di una giornata di festa che cominciava.

“Ahi, la gamba”, pensai guardando il mio ginocchio che tiravo su per cercare di rialzarmi, ma che mi stava gentilmente consigliando di avere prudenza, inviandomi fitte atroci come se fosse stato fermo per cento anni. Il ginocchio era nudo. I miei vestiti erano strappati. Sentivo, e adesso me ne accorgevo, che ero graffiato in vari punti, come se fossi passato dentro un rovo di spine con l'audacia di passarne indenne. “forse è successo proprio questo?” mi domandai, mentre lentamente mi alzavo in piedi, cercando un appoggio al mio cavallo che sembrava l'esatto contrario del suo padrone, fresco, e riposato.

“Si, ma anche affamato, come lo è il suo padrone..” pensai mentre il mio stomaco mi mandava inequivocabili segnali di fame accumulata. “Che terribile notte, chissà se è successo quello che mi sembra di ricordarmi...”. Tentai di salire sul cavallo, almeno lui sembrava a posto, al villaggio avrei trovato un po' di ristoro e una caldo bagno.

Il trotto era una tortura per la mia schiena, le mie ossa, i miei muscoli. Imboccai il vialetto che costeggiava quella casa, baluardo tra la civiltà e la lussuria della natura che avevo lasciato alle spalle. Una vecchia stava di spalle dentro il recinto della sua casa a spazzare il vialetto. “Buona donna, dove posso trovare un ristoro e un buon bagno caldo?” Cercai di dire con voce ferma nonostante che in quel momento mi sentivo come quegli attori che fingono la sazietà per coprire i brontolii della pancia.

La vecchia si fermò, girando leggermente le spalle e la testa nascosta da un ampio fazzoletto. Per qualche secondo che sembrò interminabile, sembrò come se stesse pensando alle parole che avevo appena pronunciato, come se fosse quasi stupita da quello che stava sentendo. “Forestiero” disse con una voce roca quasi afona, quasi come se provenisse da un altro mondo. “Sei un uomo fortunato, se esci vivo dalla foresta della strega, ma tu lo sai perché...” disse come se mi conoscesse da tempo immemore.

La cosa mi provocò quasi una reazione rabbiosa. Era come se avesse confermato che tutto quello che ricordavo fosse successo veramente, come se mi avesse smascherato girando lo specchio dietro cui mi ero nascosto. “Donna! Tu che ne sai di quello che mi è successo? spiega! Prima che perda la pazienza!” Sentivo il calore salirmi dalle vene sul collo e tornare su fino alle gote, come se avessi riacceso una caldaia che si era spenta.

“”Uomo, non hai bisogno che io ti dica ciò che tu già sai, non c'è bisogno che ti spieghi quello che tu hai sempre saputo.” Disse scandendo le parole, con lentezza, ma, con un tono di voce che era invece cambiato, quasi come un tono di melanconia, frammista a nostalgia. “Sei un uomo fortunato. Hai avuto il privilegio di vedere il teatro della vita da dietro il proscenio, e di impersonare i panni del protagonista, recitando la poesia della tua anima.”

“Hahh....” mi usci un suono afono, come se mi avesse tolto la polvere dalla pistola mentre stavo per sparare. Si girò e lentamente cominciò ad avviarsi verso l'uscio di quella casa. Rimasi come uno stoccafisso. Era come se quelle parole mi fossero giunte addosso come una doccia fredda, come se la mia mente avesse capito tutto ma si rifiutasse di farmelo capire.

Di fronte alla porta si girò di nuovo, e mentre intravidi per un attimo il profilo di un naso piccolo e aggraziato che spuntava e poi scompariva sotto quel fazzoletto, la vecchia disse ancora una cosa. “Cerca la verità negli occhi di chi ti ama e ti ha sempre amato. E quando la troverai, ti prego, mandale un bacio anche per me ”.

Si girò di nuovo ed entrò. La mia mente si svuotò. Come un automa, girai lentamente il cavallo e non sapendo perché, sentii che non avevo altro più da fare in quel posto. Lentamente ripresi il viale e cominciai di nuovo ad andare verso il villaggio, che si faceva incontro lentamente verso di me.

Entrai nel villaggio con il turbamento di una giornata che era cominciata in maniera ancora più onirica di come mi ricordavo di aver passato la tempestosa notte che avevo lasciato alle spalle. “No, mi sbaglio, è stato tutto un sogno. Sono caduto da cavallo, ho sbattuto la testa, e sono stato tutta la notte in balia della foresta. E' un miracolo, se sono ancora intero”, pensava la mia mente mentre i miei ricordi cominciavano a ritornare all'ordine.

Mi chiesi allora che cosa significasse quello che mi aveva detto la vecchia poco prima. “Sto dunque ancora sognando?” Mi rimbombò nella testa il pensiero, come il rintocco di una campana. Mentre pensavo a questo, entravo nella piazza del villaggio. Al centro c'era una fontana, intorno un mercatino, le grida dei primi visitatori, i polli, le spezie le mercanzie che facevano bella mostra di sé sui carretti.

Andai verso la fontana per cercare un po' di ristoro. Scesi dal cavallo legandolo ad un palo, e mi diressi verso la fontana. Di fronte a me vidi che c'era una giovane donna che mi dava le spalle che stava prendendo dell'acqua con una brocca d'argilla. I lunghi capelli biondo scuri, le fattezze graziose, le movenze delicate. Mi avvicinai per chiederle di un ristoro nel villaggio.

“Madamigella, perdonatami, sapreste indicarmi un posto dove trovare un buon letto e un bagno?
La ragazza lentamente si girò e a testa bassa, portando a sé la brocca e offrendomela, mi disse. “Non c'è bisogno che io ti indichi un posto, quando posso portarti io” disse con una voce che quasi mi sembrava di conoscere. La osservai allora meglio, mentre la luce del mattino quasi faceva brillare i suoi contorni, come se una luce la illuminasse da dentro. Guardai meglio. Quelle gote, quella bocca, , il naso, io li conoscevo.

Gli occhi socchiusi si aprirono, e un paio di occhi profondi e impenetrabili , ma che adesso erano illuminati da una luce magica, si alzarono e, guardandomi con un sorriso dolcissimo che di colpo riconobbi nella gratitudine di una fata, di una strega, di una vecchia, mi disse queste parole.

“Buongiorno, ti stavo aspettando...”.







"Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni." (William Shakespeare)

Edited by LeTulipNoir - 19/2/2010, 00:59
 
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view post Posted on 8/2/2022, 07:09
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