Diario Personale:Il Diario di Angelo, sento e penso

« Older   Newer »
  Share  
marziano29
view post Posted on 30/7/2007, 10:53




la mia nave non ha limiti di posti... tutti sono benvenuti... non c'è selezione.... un piccolo esame di coscienza, la sicurezza di voler tentare quest'avventura... in mano la nostra anima da donare..... ed eccoci già in volo... verso mondi sconosciuti fuori dall'universo (quello in cui siamo costretti a vivere tutti i giorni), e, all'interno di noi stessi (dove è più difficile e doloroso entrare)

mimì, sei la benvenuta!!
 
Top
angelo7878
view post Posted on 16/10/2007, 23:42




Questo post prende le mosse da un racconto di Asia del 19 settembre scorso postato nel suo Diario L'angolo di Guerriera della luce, qualcosa di me e intitolato Vedevo nei suoi occhi quel bisogno di correre contro il tempo.

Chi non l'avesse letto e chi non lo ricordasse può selezionare qui e troverà sia il racconto di Asia che la prima parte dei miei pensieri a seguito del racconto di Asia, in un post del 10 ottobre.

La prima parte di questi pensieri l'ho postata nel Diario di Asia perché più vicini al racconto personale che aveva scritto.

La seconda parte è invece questo post nel mio Diario perché l'accento dei pensieri si sposta su parti della mia vita, troppo invasivo del suo Diario sarebbe stato postarli ancora lì.

---------------

16 ottobre 2007

Miei pensieri a seguito del racconto di Asia - il colore del grano - seconda parte

- Da te, gli uomini - disse il piccolo principe - coltivano cinquemila rose nello stesso giardino ... non trovano quello che cercano...

- E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua...

- Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore.

(...)
------------------

(...) - disse il piccolo principe (...) Cerco degli amici. Che cosa vuol dire “addomesticare”?

- E’ una cosa da molto tempo dimenticata. Vuol dire “creare dei legami”...

- Creare dei legami?

- Certo - disse la volpe. - Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.

- Comincio a capire - disse il piccolo principe. C’è un fiore... credo che mi abbia addomesticato.

(...)

Ma la volpe ritornò alla sua idea:

- La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio per ciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano...

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:

- Per favore... addomesticami - disse.

- Volentieri, - rispose il piccolo principe - ma non ho molto tempo. Devo scoprire degli amici, e devo conoscere molte cose.

- Non si conoscono che le cose che si addomesticano - disse la volpe.
- Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!

- Che bisogna fare? - domandò il piccolo principe.

- Bisogna essere molto pazienti, rispose la volpe. - In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino...

Il piccolo principe ritornò l’indomani.

- Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora - disse la volpe.
- Se tu vieni per esempio tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti.

- Che cos’è un rito? - disse il piccolo principe.

- Anche questa è una cosa da tempo dimenticata - disse la volpe.
- E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore.

(...)

Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:

- Ah! - disse la volpe - ...piangerò.

- La colpa è tua, disse il piccolo principe - io non volevo farti del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi...

- E’ vero - disse la volpe.

- Ma piangerai! - disse il piccolo principe.

- E’ certo - disse la volpe.

- Ma allora che ci guadagni?

- Ci guadagno - disse la volpe - il colore del grano.

(...)


(citazioni dalle pagine 81 e 67-70 del libro Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, Bompiani, Milano, 2000, Euro 11,50, nota: i neretti sono miei)

-----------------

Nel racconto di Asia rinvengono, emergono alcune delle importanti riflessioni e indicazioni che Antoine de Saint-Exupéry affidò all’invenzione di questa bellissima fiaba de Il piccolo principe, una fiaba scritta nei primi anni quaranta del secolo scorso, durante la seconda guerra mondiale, una fiaba buona per tutte le età.

I suoi occhi non sono stati ciechi e hanno visto con il cuore molto più che il solo Ale perché Asia aveva costruito un contesto prima di vederlo ed è poi il contesto che le ha consentito di “vedere lui, vedere Ale”.

Vide tanto e trattenne tutto ciò che aveva spessore, un interno, un valore.

Entrambi come la volpe vollero essere “addomesticati” dall’altro operando una scelta che prevalse sulla “paura” alla quale un legame sempre induce tanto da ingenerare così all’interno delle persone un’antinomia, un’ambivalenza delle tante che vivranno nel percorso della relazione sentimentale, quel tormento del “voglio, forse non voglio, no, non voglio, ma sì sì, voglio, ho paura, però...".

... e tutti gli uomini si assomigliano... Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano...

Asia vede il grande camino e la gente intorno e la scena le piace, una volta addomesticata potrà sentire anche il calore del camino.

Ale conosce a menadito la breve strada che unisce i due paesi e non è indotto a particolari piacevoli emozioni percorrendola in auto.

Da quando Asia l’ha addomesticato per lui quella è diventata come la strada nel grande bosco della valle sotto le montagne e s’accende di toni, di colori, d’intensità e percorrerla gli è diventato come un altro ristoro dell’anima sua che s’aggiunge agli altri della giornata, delle nuove giornate da quando Asia è entrata nella sua vita.

E capitò come se Asia un giorno avesse detto ad Ale:

questo legno massiccio che arreda un po’ ovunque la tua pizzeria e che mi piace tanto, vedi, per me sarebbe inutile se venendo fino a qui io trovassi solo questo legno e poco altro, invece succede che grazie a te ho finalmente visto il colore del noce, grazie a te ho guadagnato il colore del noce, e ho guadagnato il colore delle stelle che mi sembrava sempre eguale, ora so che hanno il colore scuro degli occhi tuoi e che sono gli occhi del cielo che a ogni momento brillano diversamente l’una dall’altra e ho guadagnato il colore del Sempre, quest’avverbio che ci tormenta l’anima, che ci fa persino pronunciare vane promesse, ora so che è il colore di noi tutti donne e uomini e ho guadagnato che so che quando un’esperienza è stata fatta poi non va più via, resta dentro di noi e si chiama Sempre anche quando finisce e perciò ho guadagnato quell’esperienza interminabile che sei tu dentro me.

Cerco ora di uscire dal racconto di Asia e dalla fiaba de Il piccolo principe pur mantenendoli in una ridotta misura qui accanto.

Per quanto pronunciato da una volpe piena di buone intenzioni quel verbo “addomesticare” mi fa paura, perché.

Mi evoca i fantasmi del non riuscire mai ad essere sicuri del perché l’altro che ho scelto è quello che ho scelto e non un altro, di che cosa è l’amore, di quando mi sono innamorato, di che cosa esattamente sto facendo che significhi inequivocabilmente che sto amando,

Che cosa agisce in me nella tensione verso l’altro?

Io so di non saperlo, accade ma non so che cosa.

Chi si fa tramite di che cosa?

So poche cose, sono poche le cose che so in amore.

So che non sono tutte, so che sono in una continua relazione con quelle che ci sono e che non so, so che queste relazioni spesso sono pessime.

Per me l’amore è lenire una solitudine, è un progetto vitale e più sembra andare vicino a dove disperatamente cerco di portarlo e più m’ha chiesto e mi chiede di scompormi e di destrutturarrmi l’emotività, la psiche.

Se desidero la volpe anche lei deve addomesticarmi ma se lo fa è pericoloso perché rischio la fusione nell’altro con l’infinita coazione a ripetere tutti i già vissuti della mia vita.

Nell’addomesticamento occorre metterci dentro la costruzione di sé, nuova, daccapo.

Anche io voglio guadagnarci il colore del grano o del noce o delle stelle o del Sempre e per riuscire ogni volta ho avuto a che fare con la solitudine che non voleva essere lenita se non mangiando l’altro in un’utopica e ancestrale fusione.

Alla fine del pasto la solitudine era sempre più sola, l’altro non c’era più, avevo di nuovo fame ed ero anche assetato.

Vorrei guadagnarci l’uscita dalla mia prigione, l’uscita dalla mia caverna, la capacità di vedere il chiaro e l'altro.
 
Top
Guerriera della luce
view post Posted on 19/10/2007, 12:01




Alla fine del pasto la solitudine era sempre più sola

Ma rimane quel SEMPRE che nessuno ci potrà mai portare via!

Grazie Angelo...solo grazie!

 
Top
angelo7878
view post Posted on 9/3/2008, 17:13







Cara Elisa,

ho letto bene la tua lettera e ho riflettuto un po’.

Grazie dell’avventura insieme, simpatica, curiosa e intensa.


image



Non ti ho portato le roselline rosse, non ho fatto in tempo, mi dispiace.

Preferisco pensare che il nostro allontanamento abbia avuto inizio da qui

image

con i nostri passi sulla terra rossa tra gli olivi calmi in una giornata di sole.

Attraversato l’uliveto, poco più in là, è il bosco che ci si è fatto intorno.

Ci addentriamo e incontriamo sentieri che si biforcano, noi proseguiamo insieme lungo lo stesso sentiero dell’inizio.

Alla fine della passeggiata dobbiamo salutarci, è stata una bella gita, è stata una bella passeggiata.

I sentieri che si biforcano stanno ora dentro ciascuno di noi.

Domani ogni tanto penso a te e di nuovo nei prossimi tempi ogni tanto penso a te.

Nulla si perde.
 
Top
angelo7878
view post Posted on 29/3/2008, 17:58








lo so, l'ho già salutata più volte...

e allora?

cos'è? non posso più salutare una persona quante volte voglio?

c'è un'etichetta, un'educazione anche qui, un codice di comportamento?

Veramente queste sono le pagine mie personali.

Con chi sto facendo finta di parlare?

Non ha importanza, questa è una questione solo mia.

Chi saluto ancora una volta?

Anche questa è una questione solo mia.

image



(continua domani...)

 
Top
angelo7878
view post Posted on 30/3/2008, 15:04






"...
Se vi fosse acqua
E niente roccia
Se vi fosse roccia
E anche acqua
E acqua
Una sorgente
Una pozza fra la roccia
Se soltanto vi fosse suono d'acqua
Non la cicala
E l'erba secca che canta
Ma suono d'acqua sopra una roccia
Dove il tordo eremita canta in mezzo ai pini
Drip drop drip drop drop drop drop
Ma non c'è acqua

Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto?
Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme
Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca
C'è sempre un altro che ti cammina accanto
Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato
Io non so se sia un uomo o una donna
- Ma chi è che ti sta sull'altro fianco?

..."
(dalla V parte di Terra Desolata di Thomas Stern Eliot)

"...
Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.
..."

(dalla I parte di Terra Desolata di Thomas Stern Eliot)

quanti aprile ho visto passare

e tanti crudeli aprile

né questo è diverso

a fine marzo è la seconda domenica di primavera

che annuncia l'aprile che viene

è alle porte del prossimo martedì

e nell'annuncio c'è già il saluto

anch'esso alle porte

a cose care che se ne vanno

perché non vuoi vedere?

non chiami le cose con il loro nome?

non saprei che farmene

di nomi sconosciuti

che darei pur di stare fermo

nelle umane convenzioni

preferisco una vita

che accetta di non nominare

le cose che non sa

ma tu non le sai, le cose?

non tutte, solo alcune, è evidente

e queste cose, queste che stanno accadendo?

no, non le so

e non le vuoi sapere?

no, non le voglio sapere

non sempre c'è necessità di sapere

e in ogni caso finalmente

è una necessità che dipende da noi

se la sentiamo c'è

altrimenti non c'è

ma allora stringi il vuoto?

si sgonfiano i tuoi cuscini d'aria

se vi appoggi la testa?

e anche il tuo pene è gonfio d'aria?

e basta che tu ti faccia più presente a te stesso

che lo vedremmo sgonfiarsi?

capisci che l'aria c'è finché non sei tu?

certo, capisco, capisco

ed è proprio perché capisco

che non voglio disturbare

né sentirmi disturbato più di tanto

turbato?

turbato, sì, lo sono e molto

ma è uno di quei turbamenti che si sciolgono

anche davanti a una bella fotografia

come questa

image



e per il resto?

quale resto?

puoi guardare quest'altra fotografia

e pensarci su da solo

forse ti sarà utile


image




ogni accadere nell'esperienza

non si perde con la fine dell'esperienza

resta per sempre dentro ciascuno di noi

se scegliamo la memoria

che può farci da ponte

image

 
Top
angelo7878
view post Posted on 31/3/2008, 19:02






non so perché ma...

prima parte



in questi giorni mi torna spesso alla mente questa canzone, Crying, del 1961, di Roy Orbison (USA)

qui è cantata da Roy e dalla cantante Kathryn Dawn Lang - K. D. Dawn - (Canada) nel 1987 per la colonna sonora del film Hiding Out



I was alright for a while
I could smile for a while
But I saw you last night
You held my hand so tight
When you stopped to say hello
Oh you wished me well
You could'nt tell
That I'd been
Crying over you
Crying over you
Then you said so long
Left me standing all alone
Alone and crying,
Crying, crying, crying,
It's hard to understand
How the touch of your hand
Can start me crying
I thought that I was over you
But it's true, oh so true
I love you even more
Than I did before
But darling what can I do
Now you don't love me
And I'll always be
Crying over you
Crying over you
Yes, now you're gone
And from this moment on
I'll be crying
I thought that I was over you
But it's true, oh so true
I love you even more
Than I did before
But darling what can I do
Now you don't love me
And I'll always be
Crying over you
Crying over you
Yes, now you're gone
And from this moment on
I'll be crying,
Crying, crying, crying
I'm crying, crying,
Crying over you
Crying over you



Edited by angelo7878 - 1/4/2008, 17:12
 
Top
†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 1/4/2008, 10:52




:kissing.gif:
 
Top
angelo7878
view post Posted on 1/4/2008, 16:44




grazie Marty :kissing.gif:


non so perché ma...

seconda parte




NO HAY BANDA!




poi nella mia vita è tornata quella canzone, Crying, come ora è tornata nelle ultime settimane e giorni pur senza orchestra attorno a me, nonostante


no hay banda



quella canzone fa con me ciò che vuole

così accadde anche nel 2001, una sera ero al cinema a Milano, amo il cinema

di David Lynch, e mi stavo gustando il suo film capolavoro,

“Mulholland Drive”...

“...
è il nome della più spettacolare strada di Los Angeles: parte da Hollywood per arrivare fino al mare,

cinquanta miglia di saliscendi e curve.

Tracciata nel 1923 è intitolata a William Mulholland
...”

quand'ecco che arriva la scena di Diane e Camilla (le interpreti del film) che entrano e vanno a prendere

posto nel teatrino notturno del Club Silencio - silencio, in spagnolo vuole dire sonno - e dal piccolo

palcoscenico pur senza orchestra arrivano suoni musicali di ottoni al comando di un illusionista

del suono che si esibisce sul palco e che prima aveva gridato "no hay banda", poi il presentatore

annuncia che è la volta della cantante sudamericana Rebekha Del Rio che canterà (in playback con la propria voce)

Llorando”, adattamento in spagnolo di Thania Sanz del 1994 di “Crying” di Roy Orbison

e “...
al Club Silencio, (...) “diventiamo” Diane e Camilla, ci guardiamo guardare, ci ascoltiamo ascoltare una splendida cover spagnola di Crying di Roy Orbison.
E piangiamo... poi il canto continua a incantare ma la cantante perde i sensi, noi il senso delle nostre emozioni e delle nostre lacrime... erano “vere”? “illusioni”? o forse “vere illusioni”?...
...forse...”

E quella canzone, “Llorando”, prosegue pur con la cantante Rebekha svenuta perché va avanti il playback...

Il microfono poggiato alla sua asta se ne sta dritto e fermo e più volte sta da solo sul palcoscenico e sembra invitare le due interpreti e gli spettatori a perdercisi dentro come se fosse un buco nero.

Forse ora posso farmi un’ipotesi sul ritorno in me di questa canzone che dagli anni sessanta del secolo scorso ogni tanto torna in me, che rinviene e mi chiama non tanto, forse, ad un altro mondo quanto a guardare con altri occhi il mio mondo presente, potrei vedermi seduto nel teatrino notturno del Club Silencio accanto a Diane e Camilla, intento anch’io a trovare un’identità diversa, che avevo e che ho perso... e l’ipotesi potrebbe essere

accade, accade ogni volta che accetto d’essere come nel sonno... o come al Club Silencio

forse...

ma che cosa vuoi dire? non si capisce un bel belino di niente

(aaaaaahh, rieccola, è tornata...)

che cosa c’entra il sonno mentre sei sveglio?

è l’esempio di uno stato quotidiano della nostra vita nel quale capita che non s’abbia più desiderio di una propria identità

uno stato che vissuto durante la veglia consentirebbe finalmente di vedere che la propria identità non è solo ciò che ci appare, ciò che abbiamo sempre saputo...

insomma un modo di porsi nella propria vita che…

che? Che cosa vuoi dire insomma, con questi cazzo di discorsi fumosi?

Nulla non voglio dire nulla, ho solo voglia di fare finta di dormire così riesco a sentire Crying e Llorando senza che ci sia orchestra, né cantanti, né cd, né video, né niente,

la musica è nell’aria e va,

poi nella mia vita è tornata quella canzone, Crying, come ora è tornata nelle ultime settimane e giorni pur senza orchestra attorno a me,

nonostante “no hay banda”

quella canzone fa con me ciò che vuole




Yo estaba bien por un tiempo
volviendo a sonreir
Luego anoche te vi
tu mano me tocó
y el saludo de tu voz
Y hablé muy bien
y tú sin saber
que he estado
llorando por tu amor
llorando por tu amor
Luego de tu adiós
sentí todo mi dolor
Sola y llorando, llorando, llorando, llorando
No es fácil de entender
que al verte otra vez
yo esté llorando

Yo que pensé que te olvidé
pero es verdad, es la verdad
que te quiero aun más
mucho más que ayer
Dime tú que puedo hacer
¿No me quieres ya?
Y siempre estaré
llorando por tu amor
llorando por tu amor
Tu amor se llevó
todo mi corazón
Y quedo llorando, llorando, llorando, llorando, llorando, llorando
por tu amor

Edited by angelo7878 - 1/4/2008, 18:30
 
Top
angelo7878
view post Posted on 19/6/2008, 13:37





Conquistador ha scritto in un altro Topic, quello dedicato all'esame di maturità 2008, in particolare alla prima prova, quella eguale per tutti, il tema d'italiano:

QUOTE (el_conquistador @ 19/6/2008, 11:15)
Angelo, mi è venuta un'idea.....
facci il tuo esame di maturità su questa poesia.... analizzala..... come alle superiori!! ti ricordi ancora come si fa? ;)

SPOILER (click to view)
io non ho mai scelto le poesie da analizzare... sempre e soltanto il saggio breve :chevelodico.gif:

Va bene Conquistador, farò il commento, come tu desideri.

E lo scriverò presto.

Mi ricordo, eccome! se mi ricordo.

Mi ricordo, sì mi ricordo

e non ho scordato che i miei commenti

non piacevano ai vari insegnanti di lettere

- tranne che a una brava insegnante, una sola.

I miei commenti nel tema erano troppo personali,

si discostavano dall'autore del brano in prosa o della poesia

da commentare, ne facevano a meno

e trattavo lo scritto da commentare

quasi come se fosse di autore anomino e quindi potesse

diventare mio e trattavo il mio commento

quasi come se fosse un'opera mia da creare.

Era un mio abbandono, una mia creatività e una

speranza residua ma tenace nella scuola e nel mondo degli adulti,

una speranza che mi capissero.

Era un mio sentire.

La disciplina non lo consentiva.

Venivo regolarmente rimproverato e prendevo

delle severe sgridate.

A questo tipo di temi mi davano sempre l'insufficienza.

I miei commenti "non erano allineati" a ciò che ci si

attendeva dallo studente per la "formazione classica".

A me non interessava - faccio per dire, per semplificare, ma non era certo così -

ciò che in origine ha detto (o ciò che ha voluto dire)

l'autore con il brano in prosa o con la poesia da commentare.

Io comunicavo ciò che sentivo io leggendo ciò che era

oggetto del tema.

E comunicavo gli stimoli che me ne venivano.

Non andavamo d'accordo io e il tipo di formazione

che in questo caso ci veniva proposta.

E non riuscivo a desistere, a fermarmi, a controllarmi,

a disciplinarmi, andavo dritto per la mia strada.

Tanti anni dopo, più di vent'anni dopo e impegnandomi

in un lungo e faticoso cammino di lavoro su me stesso

ho capito che in quelle circostanze descritte avevo

una parte di ragione e una parte di torto.

Il torto stava nel non riconoscere la compresenza di buone

e cattive ragioni nell'opposizione che mi facevano gli insegnanti di lettere

ai temi di commento di opere letterarie per come li svolgevo.

Da adolescente e da giovane ero troppo impegnato

a fare fronte a ben altri, importanti problemi della mia vita psichica,

per trovare la forza di capire che l'adeguamento

che mi veniva richiesto nelle situazioni dette

conteneva anche cose buone che mi sarebbero servite

nella vita e che difatti poi mi sono a lungo mancate.

Mi fa piacere, Conquistador, che tu voglia

leggere un mio commento a questa poesia.

Forse è stata innanzitutto la poesia a piacerti,

a colpirti positivamente

e ti piacerebbe ora leggerne un commento

che sia un tentativo d’interpretarla utile poi

a che il tuo godimento di questa poesia

sia più pieno e consapevole.

Questo potrai averlo da me se mi convincerò

a scriverne un commento al modo della scuola,

un secondo commento.

Nella tua richiesta a me piace leggere qualche altra cosa

che forse c’è e forse no.

La spontaneità sincera e il modo garbato

che hai avuto di porla

me la fanno leggere come

una tua richiesta di soddisfare “un desiderio

che hai dentro di tornare ragazzo seppure per breve tempo”,

appena quello breve di leggere il mio commento

alla poesia di Montale utilizzata per il tema

d'italiano alla maturità 2008.

Così “anch’io tornerei ragazzo” per

il tempo (quanto tempo mi occorrerà?) di svolgere il tema.

Proprio così perché svolgerò il tema

allo stesso modo

di quando ero ragazzo per quella misura

che mi riuscirà di fare risonanza dentro di me

al ragazzo che fui.

Su questo commento m’impegno,

il primo commento,

non saprei se scriverò in un momento successivo

il secondo commento, quello di tipo scolastico,

quello che dovrebbe “sviscerare”

la poesia secondo lo stesso Montale, il tipo di

commento che non appartiene a me ragazzo

pur se frequentavo la scuola.

A te farebbe egualmente tornare ragazzo

perché è il tipo di commento che

conoscesti a scuola e che gli insegnanti pretendevano.

Su questo secondo tipo di commento

non m’impegno perché lo farei

da quell’adulto e anziano che sono,

cioè un’altra cosa.

 
Top
el_conquistador
view post Posted on 20/6/2008, 14:12




La tua risposta mi piace Angelo,

leggendo la notizia degli esami, ovviamente sono venuti a galla anche i miei, non molti anni fa, anzi piuttosto recenti.

Il tema letterario non è mai stato il mio massimo. Adoro leggere ma la poesia, ahime, non è fatta per me. Adoro scrivere, ma il tempo manca sempre. Da piccolino, quando a scuola ci veniva richiesto di descrivere una giornata, o di scrivere una storia, e poi leggerla alla classe, (non per vantarmi) ma si aspettave spesso il momento della mia storiella, la grammatica sin da piccolo era sempre stata una delle mie piu forti virtu.

Tuttavia, trovo in ta, Angelo un adoratore dei versi, avere un poeta nella firma non è da molti. Quindi, dato che gli esami mi sono tornati alla mente, ho pensato: perché non farlo fare a un'intenditore ed esperto in materia?

Io adoro vedere un'esperto all'opera, che sia un muratore, un atleta, un tecnico o un'artista, è sempre uno spettacolo fantastico.

Lascio a te quindi l'onore di analizzare personalmente o aulisticamente, la poesia di Montale, quando avrai tempo e voglia, ma soprattutto ispirazione. Spero solo che una richiesta del genere non abbia portato brutti o cattivi ricordi.

Buon lavoro.......
 
Top
angelo7878
view post Posted on 20/6/2008, 15:12




QUOTE (el_conquistador @ 20/6/2008, 15:12)
La tua risposta mi piace Angelo,

leggendo la notizia degli esami, ovviamente sono venuti a galla anche i miei, non molti anni fa, anzi piuttosto recenti.

Il tema letterario non è mai stato il mio massimo. Adoro leggere ma la poesia, ahime, non è fatta per me. Adoro scrivere, ma il tempo manca sempre. Da piccolino, quando a scuola ci veniva richiesto di descrivere una giornata, o di scrivere una storia, e poi leggerla alla classe, (non per vantarmi) ma si aspettave spesso il momento della mia storiella, la grammatica sin da piccolo era sempre stata una delle mie piu forti virtu.

Tuttavia, trovo in ta, Angelo un adoratore dei versi, avere un poeta nella firma non è da molti. Quindi, dato che gli esami mi sono tornati alla mente, ho pensato: perché non farlo fare a un'intenditore ed esperto in materia?

Io adoro vedere un'esperto all'opera, che sia un muratore, un atleta, un tecnico o un'artista, è sempre uno spettacolo fantastico.

Lascio a te quindi l'onore di analizzare personalmente o aulisticamente, la poesia di Montale, quando avrai tempo e voglia, ma soprattutto ispirazione. Spero solo che una richiesta del genere non abbia portato brutti o cattivi ricordi.

Buon lavoro.......

ricordi brutti e buoni

ma ancor prima della loro qualificazione

è il ricordo in sé che è piacevole

mi hai fatto trascorrere all'improvviso

minuti intensi d'emozione e di commozione...

in classe ero isolato dagli altri negli ultimi tre anni

così volevano gl'insegnanti

stavo da solo davanti a tutti i banchi

spostato da un lato, subito sotto

una finestra che dava su un fianco della Basilica

di Santa Maria Maggiore a Roma

guardavo sempre fuori e i miei pensieri erano liberi d'andare...

Conquistador, il tema di commento sarà come l'avrei fatto in
quegli anni, non sarà quindi il tema dell'esperto sarà
invece - se ci riuscirò ancora - una lotta corpo a corpo con quella poesia di Montale perché io cerco di farla mia e poi di riscriverla secondo me stesso a quell'età e, dicevo, sarà una lotta altrimenti ne verrebbe fuori un atto inane e impotente, di vacua superbia...

successivamente, se ne troverò la forza un giorno, scriverò il "pezzo da esperto" come dici tu anche se non lo sono, potrò fare finta però...

;) :lol:
 
Top
el_conquistador
view post Posted on 20/6/2008, 16:41




CITAZIONE
scriverò il "pezzo da esperto" come dici tu anche se non lo sono

Angelo, si puo essere modesti senza sminuirsi..... ;)
 
Top
angelo7878
view post Posted on 9/7/2008, 17:17




breve racconto autobiografico di esperienze recenti

il racconto è in più parti

è notte nella mia casa e siamo in estate


parte prima - I capitolo

la mia prima casa di ringhiera



è notte... a milano, d'estate...

Dove abito è una "casa di ringhiera" dei primi anni del 1900, a tre piani, con cortile e scale, senza ascensore.

image



I cortili delle case di ringhiera sono chiamati anche “corti” soprattutto se non sono piccoli e banali come in genere accade per quelli degli anni cinquanta quando l’imitazione di questo tipo di edifici civili abitativi andò a morire, fortunatamente per quanto era mal riuscita.

Più sono grandi e più la terra del fondo è ricoperta da pietre e da sassi, più hanno fontane pubbliche, più hanno piante in vaso o in aiole e più sono corti invece che cortili.

A milano è chiamato casa di ringhiera quel fabbricato solitamente destinato ad abitazioni popolari ai cui appartamenti s’accede da ballatoi con ringhiera che seguono all’interno tutti i lati dell’edificio a iniziare dal primo piano e che s’affacciano su un cortile interno dal quale si dipartono una o più scale, dipende dall’estensione dell’edificio.

Al cortile si accede dall’esterno strada attraverso un’amplissima apertura del portone seguita da un androne fatto a galleria o ad arco con soffitto a semi-botte.

Il perimetro della casa di ringhiera può essere costituito da tre o da quattro lati.

image



Nel mio caso i lati o facciate sono tre, al posto del quarto lato c’è un muro di circa quattro metri di altezza che segna un confine, al di là passa una corta strada a fondo cieco e dai piani c’è per fortuna una vista su uno dei più bei parchi/giardini milanesi, una vista però ridotta a una piccola porzione.

Le case di ringhiera potevano raggiungere dimensioni notevoli.

In questo caso avevano più corti in sequenza, attraverso un’apertura in genere ad arco in un lato della corte s’entrava nella successiva e così via fino a trovare l’ultimo muro.

Più grande era l’edificio della casa di ringhiera e più la produzione viveva compenetrata con la vita abitativa.

Nelle corti si susseguivano laboratori, officine e vere e proprie piccole fabbriche con i loro lavoratori, rumori e fumi... e merci in entrata e in uscita sui mezzi di trasporto...

Gli orari di veglia e di sonno erano dettati dall’uniformità delle regole della produzione interna alla casa e/o da quella esterna in altri luoghi meta di ogni capofamiglia abitante della ringhiera.

Le corti e i cortili fanno anche da posteggio a biciclette e motorini se non anche ad alcune automobili degli abitanti delle ringhiere e dei titolari delle officine.

image


(in questa foto si può notare il fondo del cortile che non è stato ricoperto né da pietre, né da sassi, né da asfalto, né da cemento... è rimasta la terra all'aperto...)


La realtà operaia di milano dominava su tutto e non era da escludersi che una piccola fabbrica dalla corte facesse sentire persino la sua sirena che alle 7 della mattina chiamava gli operai al lavoro o che li lasciava andare finalmente a casa loro...

Più ci si allontanava dal centro città verso le periferie della metropoli, verso la campagna, verso la pianura padana coltivata e più i contadini erano mischiati agli operai in queste case di ringhiera.

Una finestra e una porta accanto alla finestra sulla ringhiera segnavano un’abitazione, questa era lo standard.

In quei quindici-venti metri quadrati c’era un camino con canna fumaria e fumaiolo sul tetto quasi sempre spiovente in tegole spesso di mattone.

Serviva da riscaldamento della stanza d’inverno e dell’acqua per lavarsi, serviva per cucinare il cibo messo in pentole che pendevano sulle fiamme con ganci e catene dall’alto del camino.

(continua...)

Edited by angelo7878 - 10/7/2008, 13:18
 
Top
angelo7878
view post Posted on 10/7/2008, 12:29




è notte nella mia casa e siamo in estate



parte prima - II capitolo

la ringhiera un po' più "da dentro"




I gabinetti erano pubblici, uno in ogni corte, uno ad ogni piano, in genere situato all’incrocio tra due ringhiere di due lati della casa.

Nel gabinetto solo il cesso e un lavandino.

Le code, le attese potevano essere lunghe.

Per non far tardi al lavoro i più mattinieri, poi gli studenti per non far tardi a scuola, si “portavano avanti” verso il gabinetto con un anticipo tale che teneva conto dei tempi lunghi obbligati dalla condivisione.

Che suonasse una sirena di fabbrica alla sette del mattino dall’interno della corte non dava certo fastidio a nessuno, tutti erano svegli da tempo, tutti erano già indaffarati.

In mezz’ora a una a una o a coppie sparivano le biciclette di buon ora dalla corte, agili ciclisti le inforcavano al volo e non c’era nebbia (la scighera) che tenesse, anche nel gelo e nel buio delle mattine d’inverno davanti agli occhi c’era solo “il pezzo” o “i pezzi” da costruire in fabbrica, nella mente c’era il pensiero dei figli da crescere, portare a casa il pane quotidiano, tirare avanti per cambiare casa, comprare un frigorifero a cambiali, migliorare il posto sul lavoro, guadagnare qualche cosa di più.

La casa di ringhiera era sempre in piedi per quanto acciaccata dalla lunga usura negli anni e lasciava vivere quell’abbozzo di vita in comune tra estranei.

Non erano pochi i bar trattoria popolari e le balere (sale da ballo) al piano terra delle case di ringhiera con affaccio sulla strada.

Molte feste e balli con le coppie nelle figure del liscio e dei valzer, dei tanghi, delle mazurche, alle domeniche magari anche usando delle corti adiacenti, un’orchestra di quartiere non mancava mai e chiedeva poco e il cantante era compreso.

Neanche mancavano le bocciofile con eterne e appassionanti sfide tra strada e strada e tra quartiere e quartiere.

E non mancavano le sfide al coltello tra maschi competitori per una giovane donna procace e di forme generose, dallo sguardo malizioso.

Molti incontri-scontri individuali e di gruppo si svolsero a lungo in contesti di storiche rivalità, come quelle che opponevano la Baia del Re alla Chiesa Rossa o a Moncucco o alla Barona o alle Molinette di Lorenteggio, zone di operai e di ladri.

Più rari i duelli all’Idroscalo: “ariùs contro milanès”, milanesi della provincia contro milanesi autentici.

“Ariùs” è termine dialettale creato fissando una volta per tutte la figura del provinciale che entra in città in bicicletta.

E’ vestito come s’usa alla domenica, bene ma non così bene come i cittadini, piuttosto come i contadini di domenica, con una molletta tiene stretto il pantalone in fondo alla gamba perché non capiti che venga preso nei raggi della ruota anteriore.

E così andando in bicicletta la stoffa che avanza dalla presa della molletta si agita all’aria, a destra e a sinistra, sventola come un panno steso battuto dal vento.

Aria, aria che circola veloce, si forma “ariùs” l’appellativo per questi giovani prepotenti che dalla campagna arrivavano a ballare la domenica e volevano rubare le donne dei cittadini.

Appuntamento all’Idroscalo!!! E giù botte da orbi e a volte una coltellata cieca della rabbia che ha perso ogni misura se mai l’ha avuta.

I panni stesi ai fili tesi alle ringhiere, bianchi e colorati tra piante appese in vaso, rampicanti... era sempre una festa di vita, una festa di colori nelle case di ringhiera...

Un po’ si coprivano la povertà, la fatica, il disonore per quel figlio che non riusciva alla scuola, l’abbandono all’alcoolismo, le scelte di guadagnare di più con minor fatica dandosi alla malavita che a Milano non è mai mancata, anzi sempre abbondante.

Non c’era storia, con la stanza e la finestra sulla ringhiera stretta un metro per il passaggio, non c’era soffiata di naso che non venisse sentita nell’amplificazione dei suoni dovuta alla corte.

Non c’era litigio, discussione, pianto che non venisse sentito, vissuto e fatto oggetto di commenti dentro ciascuna famiglia e tra alcune famiglie.

Si sapevano tutte le novità di tutti e il caseggiato, la corte partecipavano compatti in qualche forma alle nascite, ai matrimoni, ai funerali che riguardavano la comune casa di ringhiera.

Si trepidava per il ladro del secondo piano quando s’era capito che quella sera alle 22 era uscito “in missione”, s’aspettava il ritorno entro l’alba, se non avveniva era andata male.

Si favorivano i fidanzamenti, si vigilava sugli eccessi dei giovani, si guardava male all’ultima arrivata da sola, sembrava proprio una puttana, oddio speriamo che non ci porti qui i clienti, dobbiamo parlarle si ripromettevano le donne impaurite per i loro mariti e i figli maschi.

La Rosetta rientrava a mezzanotte, non la contava giusta quella, si sentivano le chiavi girare nella toppa, Mario era sempre dietro a fare gli straordinari in fabbrica, anche al sabato e alla domenica, quella poverina di Rita la moglie proprio non se lo godeva più...

Alla Breda e alla Falk stanno licenziando un sacco di operai, speriamo che non tocchi anche ai nostri.

Solo Pirelli e Alfa Romeo stanno ancora assumendo, speriamo che duri...

Alla mattina alle cinque devi essere già in Piazzale Brescia, c’è la raccolta della manodopera per i cantieri, devi andare anche tu, sono quattro mesi che sei disoccupato, non ce la facciamo più a tirare avanti...

E tu Sergino, studia, lascia perdere gli anarchici del Ponte della Ghisolfa, sono solo perditempo e con le idee confuse e strampalate quanto basta per essere pericolose e per farsi tenere osservati dalla polizia che poi fa le retate.

Sergino se non studi tuo padre t’ammazza di botte e ti manda a lavorare, ricordati...

image



E’ rimasto poco.

La casa di ringhiera dove abito aveva un solo proprietario

aveva ed ha due negozi affacciati sulla strada con ingresso anche dal cortile

riservato ai commessi, ai gestori, ai proprietari e, qualche volta anche ai ladri...

aveva laboratori e officine nel cortile che poi tanto grande non è.

Negli anni sono stati trasformati in monolocali d'abitazione tranne due ancora legati alla loro prima natura.

(continua...)

Edited by angelo7878 - 10/7/2008, 14:03
 
Top
48 replies since 8/2/2007, 13:12   903 views
  Share