Patrizia Cavalli - alcune sue poesie

« Older   Newer »
  Share  
angelo7878
view post Posted on 16/6/2007, 16:48




Patrizia Cavalli, 1992. Poesie (1974-1992). Torino: Einaudi


Se ora tu bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci diseguali
e mi dicessi "Amore mio,
ma che è successo?", sarebbe un pezzo
di teatro di successo.
-----------------------

Dopo anni tormenti e pentimenti
quello che scopro e quello che mi resta
è una banalità fresca e indigesta
------------------

Ora che sei partita
che sei sicuramente andata
lo devo riconoscere
non sono mutilata.
Farò una passeggiata
fino a via delle Grotte.
-----------------


A volte mi fingo innamorata:
come si infiamma la vanità
delle mie vittime! Un rossore celato
il portamento nobile, tanti ringraziamenti
un'evasione onesta: "Ti sono grata
ma non posso e poi cosa ci trovi
in me?" Niente infatti
che non sia un collo un po' sciupato,
una certa curva delle labbra o una saliva
per un attimo dimenticata agli angoli della bocca
e poi subito ritirata.
------------------


... e allora il sangue è scivolato via dalle mie vene
lasciandomi alla bianca quadratura della stanza
dove una morte lieve lieve
si è posata sulla mia guancia
per poi rubarmi il respiro
stringermi le mani
incatenarmi lo stomaco.
E come sarebbe avanzata
se tre parole, che qui non posso dire,
non l'avessero improvvisamente ricacciata.
-----------------------


Due ore fa mi sono innamorata.
Tremo d'amore e seguito a tremare,
ma non so bene a chi mi devo dichiarare.
------------------


Oggi il mio cuore superbamente alberga
nel suo immenso malumore. Addio. Pazienza.
--------------------


Penso che forse a forza di pensarti
potrò dimenticarti, amore mio.
-------------


Tra un po' tutti all'inferno.
Però per il momento
è finita l'estate.
Avanti, su, ai divani!
Ai divani! Ai divani!
-----------

Non era forse questo il mio mestiere?
Perdere tempo, questo è il mio mestiere.
E il bello è perdere quel che non si ha.
Ho perso tempo e certo non l’avevo
ma io perdendo prendo, anzi ricevo,
lusso supremo, la mia immortalità.
--------------

da "La guardiana" Edizioni Nottetempo, 2005


(versi estratti da)

Aria pubblica

L’aria è di tutti, non è di tutti l’aria?
Così è una piazza, spazio di città.
Pubblico spazio ossia pubblica aria
che se è di tutti non può essere occupata
perché diventerebbe aria privata.
Ma se una piazza insieme alla sua aria
è in modo irrevocabile ingombrata
da stabili e lucrose attività,
questa non è più piazza e la sua aria
non è che mercantile aria privata.

Cos’è una piazza, cos’è quel dolce agio
che raccoglieva i sensi di chiunque
abiti a Roma o fosse di passaggio?
È un vuoto costruito a onor del vuoto
nell’artificio urbano del suo limite.
Se si riempie è per tornare al vuoto
perché a costituirla è proprio il vuoto.
Non fosse vuota infatti non potrebbe
accogliere chi passa e se ne va.
Per dragli maggior credito s’innalzano
fontane e statue: certo sono belle
e grazie al vuoto vantano splendore.
Ma c’è qualcosa che è più della bellezza,
è il loro appartenere necessario
a quel sicuro chiaro spazio vuoto.
E questo è più orgoglioso grazie a loro.
Un vuoto generoso di potere,
una salute certa dello spirito,
un bene di città fatto interiore.
Poveri quelli cui mancano le piazze.

È naturale che si vada in piazza,
ci vanno tutti, e certo non c’è piazza
che si attraversi in fretta: quasi una timidezza
rallenta i passi alle fontane, all’acqua
che fa il suo giro e torna su se stessa.
La mente sosta insieme al corpo e guarda
lo spazio e l’aria del riposo, ossia
la piazza.

Dunque una piazza va lasciata in pace,
non è merce da farne propaganda.
Ci pensa lei da sola ad animarsi,
quello che importa è che sia pubblica piazza.
Si vuota si riempie e poi si vuota,
accoglie chi sta fuori e lo contiene
finché sta fuori, che prima o poi dovrà
tornare dentro. E se non è così
non è più piazza, è privata terrazza
o lugubre infinito lunapark.

La felice bellezza negligente
sta ferma intorno a te senza rumore,
l’hai vista, sai che c’è, neanche la guardi.
Era il lusso di andarsene per Roma.

Ci sono forse altre città del mondo
che hanno piazze più belle delle nostre,
piazze perdute alla vista e al cuore,
piazze vendute insieme alla città?
-----------------

Edited by angelo7878 - 16/6/2007, 18:48
 
Top
Guerriera della luce
view post Posted on 21/6/2007, 14:51




Patrizia Cavalli


Anche quando sembra che la giornata

sia passata come un'ala di rondine,

come una manciata di polvere

gettata e che non è possibile

raccogliere e la descrizione

il racconto non trovano necessità

né ascolto, c'è sempre una parola

una paroletta da dire

magari per dire

che non c'è niente da dire.

 
Top
1 replies since 16/6/2007, 16:48   539 views
  Share