La cena di Padronaseria, racconti dal web di Padronaseria

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>VOODOO<
view post Posted on 10/11/2007, 16:55




Racconto primo classificato al concorso letterario per racconti a tema BDSM "La Rosa e la Frusta"


Ho invitato un amico per stasera. Cucina qualcosa di piccante, che ne so, uno spezzatino. E metti il vestito a fiori. Sì lo so che ti fa più grassa, ma mi piace vedere la tua carne un po’ morbida, e sono certa che piacerà anche a lui. Poi i toni del rosso ti donano: la tua pelle chiara risalta ancora di più, sembri fatta di panna, morbida e soffice panna montata. Ti chiamo così quando ho voglia di farti una carezza, ti dico, vieni qui panna montata. E tu sai già che indulgo ad una tenerezza verso di te e il tuo corpo. E mi vieni incontro col sorriso, con l’aria soddisfatta di chi è riuscita a spuntarla. E tu la spunti sempre, prima o poi quella carezza arriva. Te la faccio sudare ogni tanto, ma te la do sempre. Non come il padrone che carezza il muso del suo cane, dopo che ha ubbidito al suo ordine. Come l’amante che carezza il corpo dell’amata dopo l’amore.. Devo uscire o faccio tardi. Mi raccomando, arriviamo alle 8. Chi è? Mi chiedi con leggerezza. So che non ti importa affatto saperlo. Quello dell’ufficio acquisti. È sposato da qualche anno, credo abbia un bambino. Mi sorridi sorniona. Ne hai conosciuti un po’ di miei amici. Colleghi quasi mai. Una volta un capo. Chiudo la porta e aspetto l’ascensore. So che stasera darai il meglio di te. Non te lo dico neanche più di fare la brava. Sai già come mi piaci. Sono passate da poco le otto, l’ascensore sale al piano e il mio pensiero si fissa sulla porta che tra poco aprirò. So bene che troverò la tavola apparecchiata, so che hai il vestito che ti ho chiesto, so che sarai esattamente come ti voglio. Guardo negli occhi il collega e sorrido, non sa cosa lo aspetta, non sa che sarà attore nella nostra personale scena di coppia, non sa che quando aprirò quella porta le luci si dirigeranno sul palcoscenico, la sala diverrà buia e lui reciterà un copione che ancora non conosce ma che di certo non dimenticherà più. Nessun bis però: deve dare tutto ora perché è buona la prima. Lui è tranquillo, una bottiglia di vino rosso in mano, un mazzo di gladioli per lei, l’aspettativa di una cena che spera soddisfacente, altrimenti dopo si farà un panino al bar sotto casa. Non sa che tra poco della cena non gli importerà nulla, che la sua fame verrà comunque saziata. Metto la chiave nella toppa, due giri e lei si affaccia dalla cucina. Eccola. Il vestito un poco corto, leggero, scollato, i fiori che si muovono ad ogni suo passo,il sorriso accennato sulle sua labbra lo sguardo dritto verso di me, poi verso l’ospite per ringraziarlo dei fiori. Li prende e li porta via per tornare con un vaso. Li pone al centro della tavola. Mi guarda. I suoi occhi sono limpidi , lo sguardo attento , sa che da un momento all’altro sarà ciò che voglio, perderà la sua volontà e diverrà la mia creta, ed io la modellerò con durezza. L’ospite è compiaciuto, si guarda intorno, ammira qualche quadro e guarda di sfuggita lei, come se si vergognasse di posare per troppo tempo gli occhi su quel corpo. Credo che il vestito gli piaccia. La cena comincia formale, poi diviene più allegra, scherziamo sui colleghi, gustiamo il sapore deciso della carne, il piccante irrita un po’ la gola il vino l’asciuga. Lei ha il viso arrossato, gli occhi un poco lucidi, la guardo e sorrido compiaciuto. Si alza per portare via i piatti, la fermo prendendola per un braccio. Stringo forte la sua carne chiara, i suoi occhi sia abbassano, l’ospite si accorge del gesto e guarda altrove. Spogliati. Il tono è cambiato, ora è la voce del Padrone che fende l’aria. L’ospite mi guarda , prende in mano il bicchiere, gioca col gambo di vetro, lo accarezza. Ti ho lasciato il braccio, si vede il segno rosso lasciato dalla mia presa. Abbassi la cerniera del vestito e lo lasci scivolare giù, ai tuoi piedi. Guardo l’ospite che beve per sopportare l’imbarazzo, gli cade l’occhio sul tuo corpo, lo distoglie forzatamente. Gli sorrido e poi sposto lo sguardo su di te. Stai trattenendo il fiato, non vuoi che risalti la morbidezza della tua pancia. Il respiro si è fatto un po’ irregolare, lo vedo dai movimenti dei tuoi seni. Non hai biancheria , sei nuda, offerta al mio sguardo e a quello trepidante dell’ospite perso nel suo mutismo. Il tuo inguine è coperto da una peluria sottile, scura. Le ginocchia tremano un poco per farti stare in equilibrio sui tacchi. Apri bene le gambe ti ordino. Spalanchi le gambe e cerchi un nuovo equilibrio sui tacchi. Siediti sul tavolo con la fica spalancata. L’ospite si sistema meglio sulla sedia, suda un poco, si passa una mano sui capelli, fa vagare gli occhi per la stanza. Lo guardo, gli sorrido nuovamente. Ti piace? Deglutisce e mi guarda sconcertato. Si , è bella. La sua pelle… è co.. così..ch..chiara. quasi balbetta. Mi alzo in piedi, mi avvicino a te, ti passo una mano sui seni che subito si protendono verso le mie dita, poi scendo sull’addome, giro intorno all’ombelico, affondo la mano nel tuo sesso. Vai a prendere la cassetta degli attrezzi, piccola, noi ci accomodiamo in salotto. L’ospite segue con lo sguardo il tuo culo che si allontana. Mi sistemo in poltrona, dopo aver offerto all’ospite il divano. Torni con la cassetta rossa in mano, la posi ai miei piedi. Servici da bere me scotch, per te? Anche risponde, valutando con gli occhi la cassetta e cercando di immaginarne il contenuto. Apro il coperchio del nostro scrigno e prendo il gatto a nove code. Lo accarezzo e intanto sbircio l’ospite. Torni coi bicchieri, ce li servi. Mettiti giù gattina e non farti sfuggire neanche un lamento. Mi alzo e comincio a sfiorare la pelle del tuo culo con le liste di pelle. Poi comincio a frustare. I colpi sono ravvicinati,pesanti, sempre sulle tue natiche chiare offerte ai miei occhi e a quelli del nostro sempre più confuso ospite. Contale gattina, ad alta voce. Uno… Due… Tre… La voce diviene più flebile, a trenta mi fermo. Le strisce di pelle hanno lasciato i loro segni, striature rosse che formano strani disegni geometrici. Passo la mano ad accarezzarti i segni. La tua pelle vibra sotto le mie dita che si sono fatte dolci. Guardo il tuo culo aperto e le natiche arrossate e sorrido, sei tu la mia perversione. Quando vedo il tuo culo rosso non ti resisto, mi sale la voglia di te, ho il pene già duro. Brava gattina. Ora gira il culo verso il nostro ospite. Guardo i suoi pantaloni, sono tesi come i miei. Sapevo gli saresti piaciuta. Prendo le pinzette e ti faccio alzare. Tocco i capezzoli, li schiaccio un poco e quando li sento turgidi li stringo nella morsa delle mollette. Fai un sospiro, il tuo viso si contrae. Rimettiti giù cagna e apri bene il culo. Prendo un dildo grosso e te lo metto in bocca. Succhialo bene così entra meglio, gattina. La tua bocca cerca di contenerlo ma la dimensione è davvero troppa. Inumidisci quasi solo la punta. Lo tolgo dalle tue labbra e passo al tuo culo. Prima ci infilo dentro due dita, le muovo. Poi appoggio il dildo e spingo. Ti sfugge un lamento, e così lo spingo dentro con più forza. Alla mia gattina piace essere riempita, dico sorridendo. L’ospite si è alzato, si avvicina, guarda con voglia e mi chiede se può spingerlo lui. Certo, mi raccomando, faglielo entrare tutto, non badare se si lamenta, sai a volte è una gattina capricciosa. Mi siedo e sorseggio lo scotch. L’ospite spinge con forza, tu alzi gli occhi verso di me. Gli occhi cercano i miei. Ti guardo e vedo il tuo sorriso. Sorrido a mia volta. Ecco è entrato tutto, dice l’ospite sorpreso, non credevo! Forse ora comincia a capire, forse ora comincerà ad entrare nel gioco, ad intravederne le regole. Cominci ad emettere sospiri più veloci, posso sentire da qui l’odore della tua fica eccitata, immaginarne la consistenza viscida e lattiginosa. L’ospite sta muovendo il dildo nel tuo culo . Si vede che vorrebbe essere lui ad aprire quel meraviglioso buco, quell’entrata un po’ difficile ma foriera di grandi soddisfazioni. Ha la fronte imperlata di sudore, l’eccitazione di questo gioco inaspettato gli altera un po’ i lineamenti. Mi alzo e mi avvicino a te, mi piego verso i tuoi seni ancora presi nella morsa dell’acciaio e accarezzo il capezzolo martoriato. Il dolore si fa sentire, lo vedo dalla tua smorfia, ma so che non fiaterai. Non mi piace sentirti lamentare, mi piace vedere la mia gattina che stoicamente sopporta le mille perversioni del mio animo. Tiro via le pinzette, prima una, poi l’altra, con un gesto secco. Ti scappa un lamento. I capezzoli sono schiacciati, rigati, doloranti, mosci. Ti faccio alzare e intimo all’ospite di non farti uscire il dildo dal culo. Avvicino le labbra al tuo seno, con dolcezza lo succhio e tengo tra le labbra il capezzolo provato dalle attenzioni delle mollette. Risalgo al tuo collo e ne assaggio la pelle morbida, sento le vene tese, mi avvicino al tuo orecchio, mordendolo piano. Ti guardo dritta negli occhi, ancora mi sorridono. Sai che non è finita, che ti sto per chiedere di soffrire ancora, di portare addosso i miei segni, di farti scopare da questo sconosciuto che poi in uffico si lascerà scappare che puttana sei. Adoro vedere quegli occhi lucidi e sorridenti. Lui non può vederli, non può sapere che mi stai amando , che mi ringrazi per quello che ti faccio. Ti spingo verso il muro, prendo la corda dalla cassetta dei nostri giochi. Tenendoti in alto le braccia ti lego i polsi. Stringo finchè vedo la pelle segnata. Attacco i lembi della corda ad un gancio del muro. I tuoi piedi ancora calzati dai sandali alti fanno fatica a poggiare per terra, il tuo corpo è teso. Ti faccio aprire le gambe. Lego ogni caviglia ad un piccolo gancio al muro, così sei obbligata a stare a gambe spalancate. Tocchi il pavimento a malapena. Ti guardo. L’ospite è alle mie spalle. Nella cassetta c’è un frustino , prendilo L’ospite apre lo scrigno delle delizie e lo trova. Fa per porgermelo. È tutta tua. Non sulle tette,però. L’ospite guarda il frustino e cerca di prendere la mira con gli occhi. Fa fatica a tenerlo in mano, si vede che ha le mani sudate. Parte il primo colpo. Sulla pancia, poco sotto all’ombelico. Il frustino schiocca affondando nella tua carne morbida. Le tue labbra sono serrate. Mi siedo di nuovo in poltrona e mi godo lo spettacolo. L’ospite fa partire il secondo colpo. Vicinissimo alla tua figa. Poi comincia a prenderci gusto, a prendere confidenza con il frustino e ti colpisce con più violenza, con colpi ravvicinati. La pelle della tua pancia e delle tue gambe comincia a striarsi. Fili rossi che disegnano sul tuo corpo le carezze della frusta. Hai chiuso gli occhi. Non vuoi vederlo, so cosa stai pensando. Raramente concedo a qualcuno di frustrati. È un privilegio che tengo per me. Ma stasera ho voglia di sverginare questo novellino, di fargli provare l’ebbrezza del potere. Anche se non sa che tu sei lì per me, che lui è come uno degli attrezzi che usiamo per amarci. Che recita come comparsa, credendosi invece il protagonista. La pelle è sempre più segnata. Va bene così, dico. L’ospite si ferma subito. Si gira verso di me . Guarda se è bagnata, toccala. Lui posa il frustino e si avvicina a te. Ti mette una mano tra le cosce. Gli scappa un sospiro. Ha un lago tra le cosce. Lo so è una brava cagna. Mi alzo e mi avvicino. L’ospite toglie la mano per farmi posto. Ti ficco la mano prepotentemente dentro, infilo tre dita nella tua fica e la apro con decisione. Le dita scivolano imbevute del tuo succo. Spingo la mano dentro. Emetti dei gemiti e ti scappa un ti prego… Dopo ti scopa cagna, non preoccuparti. Ne avrai abbastanza per soddisfarti. Spingo la mano sempre di più e la muovo. Poi la estraggo e la annuso. Sa di te, della tua prorompente femminilità. La faccio annusare anche all’ospite, che rimane inebriato. La porto alla tua bocca. Succhia puttana, senti come sei eccitata. Le tue labbra si schiudono, per far entrare la mia mano sugosa. La lecchi, poi la succhi avidamente. Ti slego le mani e dico all’ospite di liberarti le caviglie. Ti sorreggo per non farti cadere. Poggi la testa sulla mia spalla. Ti porto sul divano. Ti faccio sedere. Dico all’ospite di mettersi comodo. Mentre riprendi fiato ti accarezzo le guance arrossate. Ora mettiti giù e succhiaglielo. L’ospite è sorpreso, gli scappa un sorriso. Tu ti accucci davanti a lui mentre si slaccia i pantaloni, li abbassa e tira fuori dai boxer il suo cazzo. È leggermente storto, eccitato, con umido sulla punta. Avvicini le labbra e succhi la gocciolina. L’ospite allarga le gambe, chiude gli occhi, sospira. Conosco quella sensazione. Hai una bocca da favola, morbida calda, sapiente.. Ci vorrà poco per farlo venire. Te lo infili in bocca sempre di più. Il suo cazzo comincia a sparire nella tua gola. Mi metto dietro di te e tolgo il dildo rimasto nel tuo culo. Ti apro le natiche, ci appoggio sopra le mie mani e accompagno il movimento della tua bocca. Vedo ancora sul tuo culo le striature rosse. Ho voglia di scoparti. L’ospite sospira, geme. Mi slaccio i pantaloni. Ho il pene gonfio e un po’ dolorante, l’elastico degli slip lo soffoca. Lo avvicino al tuo culo. Lo sbatto un po’ sulle tue natiche prima di farlo entrare. Lo spingo piano tenendoti ben aperte le natiche. Poi lo affondo. Il tuo sfintere si contrae per poi rilassarsi ed accogliermi. L’ospite ha aperto gli occhi e mi guarda. Sta per venire. Io comincio a dare colpi. Ti prendo per i capelli. Apri gli occhi, cagna. È brava, eh? Dico all’ospite. Si umetta la lingua, balbetta un si. Geme sempre di più, il fiato gli si fa corto. Cominciano i brividi. Sta venendo. Io continuo a scoparti il culo guardando come glielo succhi. Tiri fuori il suo cazzo dalla bocca e lo tieni davanti a te, mentre parte il primo, potente schizzo. Poi il resto del suo seme biancastro. Sulle tue labbra, sul viso, qualche goccia scivola lungo le tue tette. L’ospite si è abbandonato sulla poltrona, mi guarda. Sto per venire e i colpi diventano più profondi. Sento che il seme schizza dentro il tuo culo, estraggo il mio cazzo e spargo il liquido sul tuo buco, sulle natiche, sulla schiena. Ora puliscimelo cagna,. Ti volti e vieni a succhiarlo, togliendo tutto lo sperma rimasto. Quando hai finito lo rimetto nei pantaloni e mi siedo . Ti guardo. Davanti ai le gocce del suo sperma, dietro del mio. E sei ancora eccitata, non sei affatto venuta. Ne hai una gran voglia e si vede. Ma sai che per un po’ siamo fuori gioco. Sei stata bravina, dico sorridendo ironico. Grazie Padrone. Ora vai a lavarti. L’ospite comincia a riprendere contatto con la realtà. Speravo in una cena piacevole, ma…ma questo è ben di più che piacevole, dice ridendo. Le vostre cene sono tutte così? A volte- rispondo. Sei tornata. Ti sei anche pettinata, rimessa il rossetto. Indossato un abitino nero, cambiato i sandali in decolltè . L’ospite ti guarda , credo che il nero gli piaccia. Guardo l’orologio, le undici e mezza. Tra poco l’incantesimo si rompe… Mi alzo e propongo all’ospite di accompagnarlo alla fermata della metrò. Lui è sorpreso, forse sperava nella prosecuzione della serata. Si alza e un po’ imbarazzato ti porge la mano per salutarti. La stringi un po’ fredda, senza guardarlo in faccia. Vai a prenderci i cappotti, micina. Ti allontani sculettando. Quando torni siamo vicini alla porta. Buonasera signora Forti, grazie ancora dell’ospitalità. L’ospite ti dona l’ultimo sorriso compiaciuto. Usciamo. L’ascensore è al piano in pochi secondi siamo fuori dal portone. Accompagno l’ospite a piedi, la fermata è vicina. Siamo entrambi silenziosi. Io penso a cosa ti aspetta tra poco, a quali tormenti amorevoli ti sottoporrò. Saluto l’ospite stringendogli la mano, non se l’è lavata ed è ancora un poco appiccicosa. Si porterà il tuo odore lungo la sua notte, il rientro a casa, dove cercherà di togliersi da addosso qualunque residuo. Grazie della serata. Davvero, farfuglia. Non c’è di che, rispondo sornione. Mentre mi allontano si lascia scappare: che moglie straordinaria che hai. Mi giro. Moglie? Si, la signora Ferri, che abbiamo salutato poco fa dice l’ospite, ridendo. Ah lei, rispondo, divertito. È mia sorella.

fonte: www.smack.org
 
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