Mahatma Gandhi, Uno dei pionieri e dei teorici della satyagraha

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†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 1/1/2008, 17:03




Mahatma Gandhi

«Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo»



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Esponente del pacifismo

Mohandas Karamchand Gandhi in devanagari मोहनदास करमचन्द गांधी (Porbandar, 2 ottobre 1869 – Nuova Delhi, 30 gennaio 1948) è stato un politico indiano.

È stato anche un'importante guida spirituale per il suo paese ed è per questo che lo si conosce soprattutto col nome di Mahatma ("grande anima" in sanscrito). Questo nome gli fù conferito per la prima volta dal poeta Rabindranath Tagore). È stato uno dei pionieri e dei teorici della satyagraha, la resistenza all'oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l'India all'indipendenza. La satyagraha è fondata sulla satya (verità) e sull'ahimsa (non-violenza). Con le sue azioni Gandhi ha ispirato molti movimenti di liberazione e dei diritti civili e molte personalità come Martin Luther King, Nelson Mandela, Albert Schweitzer e l'italiano Marco Pannella

In India Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione e la sua data di nascita è un giorno festivo. Questa data è anche stata dichiarata Giornata internazionale della non-violenza dall' assemblea generale delle Nazioni Unite.

Anni giovanili

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Gandhi studente a Londra

Mondares Karamchand Gandhi nasce il il 2 ottobre 1869 à Porbandar, nell'attuale stato di Gujarat in India. La sua famiglia appartiene alla comunità modh, che raggruppa i commercianti Baniyas (il nome Gandhi significa "droghiere"). La sua famiglia è gianista ma attraverso il padre è anche induista del ramo visonita devota a Krishna. Nato indù in terra gianista e consigliato da un guru gianista, Gandhi non farà mai la differenza tra le due religioni.

Il padre è Karamchand Gandhi, il dewan (primo ministro) di Porbandar e la madre è di Putlibai, quarta moglie di Karamchand. All'età di 13 anni Gandhi sposa Kasturba Gandhi sua coetanea. Avranno 4 figli, tutti maschi: Harilal Gandhi nato nel 1888; Manilal Gandhi nato nel 1892; Ramdas Gandhi nato nel 1897 e Devdas Gandhi nato nel 1900.

All'età di 19 anni Gandhi, su consiglio di un vecchio amico di famiglia, parte per studiare da avvocato presso la University College di Londra. La sua casta si oppone alla sua partenza, considerando che sia impossibile rispettare i precetti induisti in Inghilterra. Gandhi parte nonostante tutto e viene condannato ad essere un fuori casta dal capo della sua comunità.

A Londra Gandhi si adatta in una certa misura alle abitudini inglesi, vestendosi come un gentleman e prendendo dei corsi di danza. Si rifiuterà però sempre di mangiare carne. Si iscrive alla Vegetarian Society di cui diventa per un certo tempo un membro esecutivo. Alcuni dei membri di questa società sono anche membri della società teosofica fondata nel 1875 con lo scopo di rafforzare la fraternità universale e di studiare i testi buddisti e brahmanici. Grazie ai membri teosofici scopre la Bhagavad-Gîtâ, libro che lo marcherà profondamente, specialmente attraverso l'idea che il desiderio è sorgente di sofferenza ed agitazione per lo spirito. Svilupperà da quel momento un interesse per la religione che non si limiterà all'induismo, ma si estenderà al buddismo, all'islam ed al cristianesimo di cui riterrà sopratutto la frase tratta dall'insegnamento di Gesù nel discorso della Montagna: «Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l´altra» (Matteo 5,39).

Ritornerà in India col battello il 12 giugno 1891, due giorni dopo aver passato con facilità gli esami di avvocato. Avrà però difficoltà ad esercitare la sua professione: le sue conoscenze sono sopratutto teoriche e non conosce ancora bene il diritto indiano. Inoltre è imbarazzato a parlare in pubblico. Tenta di installarsi a Bombay ma rinuncia dopo sei mesi per insufficienti entrate.

Movimento dei diritti civili in Sudafrica (1893-1915)

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Gandhi in Sudafrica (1895)

Gandhi ritorna allora a Râjkot per lavorare presso suo fratello, anch'egli avvocato. Due anni dopo, una ditta indiana gli propone un lavoro in Sudafrica. A questo punto della sua vita Gandhi è un individuo dolce, timido e politicamente indifferente. Ha letto il suo primo giornale a 18 anni ed è impacciato quando deve parlare in tribunale. In Sudafrica entrerà però in contatto con la discriminazione verso i neri ed i residenti indiani. Questo gli farà compiere un cambiamento spettacolare. Diversi aneddoti sono stati raccontati direttamente da Gandhi a titolo di « esperienze di verità » e meritano di essere riportati per comprendere la sua evoluzione interiore in questo periodo.

Un giorno in un tribunale di Durban, il magistrato gli domanda di togliere il turbante. Gandhi si rifiuta e viene espulso dal tribunale. In un altro incidente si fa espellere dal treno a Pietermaritzburg, non avendo accettato di passare dal vagone di prima classe in quello di terza classe, dato che possedeva un biglietto valido per la prima classe. Più tardi, viaggiando in diligenza, viene battuto dal conducente perché si rifiuta di viaggiare sul marciapiede per far posto a dei passeggeri europei.

Questi incidenti sono descritti in diverse biografie come punto di svolta della sua vita e che gli serviranno da catalizzatore per il suo militantismo. È in quanto testimone diretto dell'intolleranza, del razzismo, dei pregiudizi e dell'ingiustizia verso gli indiani in Sudafrica che Gandhi comincia a riflettere sullo statuto del suo popolo ed sul proprio posto nella società.

Alla fine del suo contratto Gandhi si prepara a rientrare in India. Durante la festa di addio indetta in suo onore viene però a sapere che l'assemblea del Natal sta preparando una legge per abolire il diritto di voto degli indiani. I suoi ospiti gli chiedono di restare per aiutarli visto che non dispongono delle competenze per opporsi a questo progetto di legge. Gandhi organizza la circolazione di diverse petizioni contro questa legge, indirizzate al governo del Natal e a quello britannico. Anche se non può impedirne il voto, questa campagna permette di attirare l'attenzione sulle difficoltà degli indiani in Sudafrica. Nel 1894 fonda il Natal Indian Congress di cui ne diviene il segretario. Questa organizzazione trasformerà la comunità indiana in una forza politica omogenea.

Nel 1899, agli inizi della guerra dei boeri, Gandhi dichiara che gli indiani devono sostenere lo sforzo della guerra se vogliono legittimare la loro richiesta di cittadinanza. Organizza un corpo di ambulanzieri volontari composto da 300 indiani liberi ed 800 coolie indiani. Alla fine della guerra però la situazione degli indiani in Sudafrica non migliora e tende anzi a peggiorare.

Nel 1904 Gandhi legge il saggio Unto This Last di John Ruskin e ne viene profondamente influenzato. A seguito di ciò acquista 50 ettari a Phoenix presso Durban dove risiederanno la sua famiglia ed i suoi collaboratori. Qui i redattori del giornale da lui fondato Indian opinion, partecipano ai lavori agricoli e sono retribuito con lo stesso salario indipendentemente dalla nazionalità o dal colore della pelle. Gandhi comincia qui la pratica del digiuno e smette di consumare latte. Si taglia da solo i capelli e pulisce le latrine. In India questa attività è riservata alla casta degli intoccabili. Incita anche sua moglie ed i suoi amici a fare la stessa cosa.
Nel 1906 il governo del Transvaal vota una nuova legge che richiede la registrazione di tutta la popolazione indiana. Durante una protesta a Johannesburg l'11 settembre 1906, Gandhi adotta per la prima volta la sua metodologia del satyagraha, chiamando i suoi compagni a sfidare la nuova legge e a subire le punizioni previste, senza resistere con la violenza.

Questo piano viene adottato e porterà ad una lotta che durerà sette anni. Migliaia di indiani e cinesi verranno imprigionati, frustati e addirittura uccisi per aver scioperato, essersi rifiutati di iscriversi, aver bruciato la propria carta di registrazione od aver resistito in maniera non-violenta. Gandhi stesso lo sarà in diverse occasioni. È durante questo periodo che Gandhi inizia una corrispondenza con Lev Tolstoj fino alla morte di quest'ultimo.

La disobbedienza culmina nel 1913 con lo sciopero e la marcia delle donne indiane. Malgrado che il governo sudafricano abbia represso i manifestanti indiani con successo, l'opinione pubblica reagisce con violenza ai metodi estremamente duri che sono applicati contro i manifestanti pacifici. Finalmente il generale Jan Christiaan Smuts viene obbligato a negoziare un compromesso con Gandhi. I matrimoni misti ridiventano legali e la tassa di tre livre (equivalente a sei mesi di salario) imposta agli indiani che volevano diventare lavoratori liberi, viene abolita.

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Gandhi e sua moglie Kasturba

Movimento per l'indipendenza indiana

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Gandhi durante la marcia del sale, marzo 1930

La posizione di Gandhi pro-indipendenza fu rafforzata dopo il massacro di Amritsar nel 1919.

Dopo la guerra venne coinvolto nel Congresso Nazionale Indiano e nel movimento per l'indipendenza. Nel 1919 entrò nel Partito del Congresso Nazionale Indiano, l’organizzazione dell’élite politica moderata indiana, e cominciò a battersi strenuamente per l'indipendenza del suo paese, diventando ben presto il leader riconosciuto del movimento anticoloniale il cui tortuoso percorso ebbe alti e bassi. Gandhi sostenne la necessità di porre dei limiti alla lotta, ed emarginò le correnti radicali, alcune delle quali avevano proposto il ricorso ad azioni terroristiche. Guadagnò fama mondiale con la sua linea di condotta della disobbedienza civile e con l'uso del digiuno utilizzato come forma di protesta. Fu imprigionato dalle autorità britanniche il 18 marzo del 1922 e condannato a sei anni di prigione per disobbedienza civile (ne scontò solo due e venne liberato nel febbraio del 1924).

Il suo ascendente sulle masse indiane crebbe enormemente, tanto da valergli il titolo di Mahatma (grande anima). Questo grazie anche alla sua condotta di vita improntata alla purezza, alla religiosità e dall'onestà. Una strategia utilizzata con successo nelle attività di Gandhi a favore dell'indipendenza era il swadeshi (boicottaggio di merci prodotte all'estero, specialmente quelle inglesi). Agli indiani veniva chiesto di vestire con il khadi (tessuto di cotone filato a mano prodotto in casa), invece che acquistare tessuti prodotti in Inghilterra. Gandhi sosteneva che le donne indiane ricche e povere dovessero dedicare una parte del loro tempo filando khadi per aiutare il movimento indipendentista. In questo modo veniva anche valorizzata un'attività svolta dalle donne ritenuta poco decorosa.

Nel 1928 Gandhi riprese la vita politica che sfociò in una delle sue più impressionanti azioni: la marcia del sale, da Ahmedabad a Dandi, conosciuta anche come marcia Dandi. Questa iniziò il 12 marzo del 1930 e terminò il 5 aprile. Consistette nel condurre migliaia di persone fino al mare per raccogliere il sale direttamente, senza pagare la tassa imposta dalla legge inglese. Con questa azione veniva violata la legge del monopolio britannico sull’estrazione del sale. Venne arrestato nel maggio del 1930. Dopo la sua liberazione nel gennaio del 1931 visitò l'Inghilterra e l'Europa, passando anche a Birmingham. A Londra incontrò Charlie Chaplin, il quale dichiarò che Gandhi era l'unica persona che malgrado non avesse mai visto un suo film, aveva voluto conoscerlo di persona. Si fermò anche a Roma dove visitò la Cappella Sistina e incontrò Mussolini, dato che l'Italia appoggiava la causa indiana contro l'Inghilterra. L'incontro con Mussolini non fu concludente visto gli ideali contrastanti dei due.

Al suo rientro nel gennaio del 1932 venne di nuovo arrestato e fu liberato nel maggio del 1933. Nel settembre dello stesso anno iniziò un digiuno ad oltranza di 145 ore con il quale ottenne il cambiamento delle leggi elettorali in favore degli intoccabili.

Nel 1934 si ritirò dalla vita politica attiva. Il 3 marzo del 1939 nel Mumbai Gandhi digiunò come segno di protesta contro il dominio in India.

Nel 1940 il Congresso gli affidò i pieni poteri per la campagna di disobbedienza civile

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Gandhi a Roma con alcuni balilla, 1931

Lotta per l'indipendenza dell'India (1915-1945)

Al suo rientro in India, Gandhi scopre di non conoscere il proprio paese. Decide allora di percorrerlo in lungo ed in largo andando di villaggio in villaggio per incontrare l'anima indiana e conoscerne i bisogni.

Nel maggio 1915 fonda un âshram nella periferia di Ahmedabad e la chiama Satyagrah Ashram. Qui alloggiano 25 uomini e donne che hanno fatto il voto di verità, di celibato, d'ahimsa, di povertà et di servire il popolo indiano.

Come già fatto in precedenza per Sudafrica, durante la prima guerra mondiale, Gandhi chiede agli indiani di ingaggiarsi nell'esercito per aiutare i britannici nello sforzo bellico. Il suo ragionamento, rifiutato da molti, è che se si desidera la cittadinanza, la libertà e la pace nell'impero, bisogna anche partecipare alla sua difesa.

Champaran et Kheda

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Gandhi nel 1918, durante il satyagraha del Champaran e del Kheda

Il primo grande successo di Gandhi è del 1918 con il satyagraha del Champaran e del Kheda.

Nel Champaran, un distretto del Bihar, organizza la disobbedienza civile di decine di migliaia di contadini senza terra che sono costretti a coltivare l'indigo ed altri prodotti di esportazione al posto di coltivare gli alimenti necessari alla loro sussistenza. Oppressi dalle milizie dei grandi proprietari britannici, ricevono dei magri compensi ciò che li lascia in condizioni di povertà estrema. Durante una carestia i britannici aumentano le tasse, ciò che rende la situazione intollerabile.

Gandhi fonda un ashram nella regione, che raggruppa un gran numero di partigiani e volontari della regione. Vi condurrà uno studio dettagliato dei villaggi e inizia una campagna di pulizia degli stessi, la costruzione di scuole e di ospedali.

Il culmine della crisi capita quando viene arrestato dalla polizia per « turbamento dell'ordine pubblico », e gli viene richiesto di lasciare la provincia. A quel momento centinaia di migliaia di manifestanti attorniano la prigione, i commissariati ed i palazzi di giustizia, domandandone la sua liberazione. Gandhi viene liberato a malavoglia.

Gandhi conduce degli scioperi contro i grandi proprietari terrieri che sotto la direzione del governo britannico firmano un accordo che concede dei salari migliori ed un maggior controllo della produzione per i contadini poveri. Anche la nuova tassa viene sospesa fino alla fine della carestia. Per Gandhi è stato importante che i contadini abbiano acquisito una coscienza politica e rispetto ai piccoli vantaggi materiali ottenuti.

È da questo momento che Gandhi viene battezzato dal popolo Bapu (padre). La celebrità di Gandhi si estende a tutta l'India

Non-cooperazione

Nel 1919 nel Penjab, il massacro di Amritsar, durante il quale vengono massacrati dalle truppe britanniche centinaia di civili, causa un traumatismo in tutta la nazione ed accresce la collera pubblica e gli atti di violenza.

Gandhi criticherà sia le azioni del Regno Unito, sia le violente rappresaglie degli indiani. Gandhi esporrà la sua posizione in toccante discorso nel quale evidenzia il principio che tutta violenza è malefica e non può essere giustificata.

È dopo questo massacro che Gandhi si concentrerà sull'indipendenza, che diventa la Swaraj, ovvero un'indipendenza completa sia individuale, spirituale e politica. Nel 1921 diventa il presidente del Partito del Congresso. Sotto la sua direzione il congresso si riorganizza con una nuova costituzione nella quale si menzione come scopo la Swaraj. L'adesione al partito è aperta a tutti quelli che sono pronti a pagare una partecipazione simbolica. Una gerarchia del comitato viene stabilita per migliorare la disciplina, trasformando un partito elitista in una organizzazione di massa con rappresentatività nazionale.

Gandhi allarga il suo principio di non-violenza al movimento Swadeshi. Inizia il boicottaggio dei prodotti stranieri, in particolare quelli inglesi. In questo ambito chiede che il khadi (vestito prodotto a mano) sia portato da tutti gli indiani. Tutti, sia ricchi che poveri, devono filare ogni giorno per aiutare il movimento di indipendenza.

Questa strategia permette di inculcare disciplina ed attaccamento, eliminando i meno motivati ed i più ambiziosi. Permette anche di includere le donne nel movimento di indipendenza in un'epoca in cui questo genere di attività era considerato non rispettabile dalle donne. Gandhi si appellerà anche al boicotto delle istituzioni giudiziarie e scolari, alla dimissione dai posti governativi ed al rigetto dei titoli ed onori britannici.

La non-cooperazione beneficerà di un grande successo, aumentando l'entusiasmo e la partecipazione di tutti gli strati della società indiana. Al momento del suo più grande apogeo, si arresterà bruscamente al seguito di violenti scontri nella città di Chauri Chaura nell'Uttar Pradesh, nel febbraio 1922. Gandhi arresterà la campagna di disobbedienza civile, temendo che il movimento non si converta in violenza rovinando tutta la sua opera.

Gandhi viene arrestato il Template:Date, viene giudicato per sovversione e condannato a 6 anni di prigione. Ne sconta 2 e viene liberato nel febbraio del 1924 dopo un'operazione di appendicite. Mancando della personalità unificatrice di Gandhi, il partito si divide durante il soggiorno di Gandhi in prigione. Due fazioni appaiono, una guidata da Chitta Ranjan Das e da Motilal Nehru è favorevole alla partecipazione del partito agli organi legislativi indiani, l'altra condotta da Chakravarti Râjagopâlâchâri eSardar Vallabhbhai Patel si oppone.

Anche la cooperazione tra indù e mussulmani, forte durante la campagna di non-violenza, si è sgretolata.

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Gandhi durante un digiuno nel 1920, con la giovane Indira Gandhi, figlia di Nehru, che diventerà primo ministro dell'India

Il Swaraj, la marcia del sale

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Gandhi durante la marcia del sale

Gandhi si astiene dal provocare agitazioni durante la maggior parte degli anni 1920, preferendo risolvere i problemi tra il partito Swaraj e il congresso nazionale indiano. Moltiplica anche le iniziative contro la segregazione degli intoccabili, l'alcolismo, l'ignoranza e la povertà.

Ritorna in scena nel 1928. L'anno precedente il governo britannico ha nominato una nuova commissione per la riforma della costituzione nella quale è inserito un solo indiano. Il risultato è il boicotto della commissione da parte di tutti i partiti indiani. Gandhi appoggia la risoluzione del congresso di Calcutta nel dicembre 1928 che richiede al governo britannico di scegliere tra concedere lo statuto di protettorato all'India o di far fronte ad una campagna di non violenza per ottenere l'indipendenza.

I britannici non rispondono ed il 31 dicembre 1929 la bandiera indiana viene issata a Lahore. Il 26 gennaio 1930 viene celebrato dal partito del congresso e da quasi tutte le organizzazioni indiane come giorno dell'indipendenza dell'India.

Mantenendo la sua parola, Gandhi lancia nel marzo del 1930 una nuova campagna contro la tassa del sale. Inizia così la celebre marcia del sale che parte da Ahmedabad il 12 marzo e termina a Dandi il 6 aprile 1930. Il percorso è di 400 km, migliaia di indiani aderiranno alla marcia verso il mare per raccogliere il proprio sale. Gli indiani investiranno poi pacificamente i depositi del sale. Questa campagna è una delle più riuscite ma l'impero britannico reagisce imprigionando più di 60.000 persone. [2].

Il governo britannico, rappresentato da Lord Edward Irwin, decide di negoziare con Gandhi. I britannici accettano così di liberare tutti i prigionieri politici in cambio della sospensione del movimento di disobbedienza civile. Inoltre Gandhi viene invitato ad una tavola rotonda a Londra, come solo rappresentante del partito del Congresso e soggiorna per tre mesi in Europa. Questa conferenza si rivela deludente per Gandhi e per i nazionalisti indiani perché si concentra più sui principi indiani e sulle minoranze piuttosto che su un trasferimento reale dei poteri.

Inoltre il successore di Lord Irwing, Freeman-Thomas primo marchese di Wellingdon, inizia una nuova campagna di repressione contro i nazionalisti. Gandhi viene di nuovo arrestato e il governo tenta di ridurre la sua influenza isolandolo completamente dai suoi partigiani.

Questa strategia si rivelerà fallimentare. In effetti nel 1932, quando il governo britannico concede uno statuto elettorale separato per gli intoccabili, Gandhi per protesta inizierà un digiuno di sei giorni che obbligherà lo stesso governo ad adottare un accordo più corretto.

Nell'estate del 1934 ci saranno tre tentativi di assassinio verso la sua persona.


La seconda guerra mondiale e la risoluzione Quit India

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Mahadev Desai a sinistra che legge una lettera a Gandhi da parte del vice-re a Birla House, Mumbai, il 7 aprile 1939

Quando la seconda guerra mondiale scoppia nel 1939, Gandhi propone l'offerta di un appoggio morale non violento allo sforzo di guerra britannico, ma gli altri dirigenti del Congresso sono offesi per aver implicato unilateralmente l'India nella guerra, senza aver consultato i rappresentanti del popolo. Tutti i membri del congresso si dimissionano in massa.
Dopo lunghe deliberazioni, Gandhi dichiara che l'India non può partecipare ad una guerra che abbia come scopo la libertà della democrazia, se questa libertà viene rifiutata all'India stessa.

Durante la guerra, Gandhi intensifica le sue richieste di indipendenza e scrive una risoluzione che richiede ai britannici di lasciare l'India: Quit India. Per Gandhi e per il partito del Congresso, si tratta della rivolta più radicale. Ci saranno arresti e violenza a grande scala.

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Gandhi e Kasturba a l'Ashram di Sevagram, gennaio 1942

La divisione dell'India e l'assassinio

Nel 1947 la Gran Bretagna, cedendo alle pressioni del movimento anticoloniale, concesse la piena indipendenza all'India. Contrariamente alle richieste di Gandhi di costituire una confederazione di repubbliche autonome, incentrando il potere sui consigli di villaggio, i britannici divisero l’Impero indiano in due diversi stati nazionali indipendenti, entrambi associati al Commonwealth britannico: l’Unione indiana a maggioranza induista con 683 milioni di abitanti e guidata dal leader del partito del Congresso (Nerhu) da una parte e la Repubblica del Pakistan (a sua volta diviso in un territorio occidentale ed uno orientale) a maggioranza islamica con 83 milioni di abitanti, dall'altra. Gli stessi musulmani indiani desideravano una divisione tra le due principali comunità religiose, rifiutando un'India laica e non confessionale. Inoltre temevano di venir sopraffatti dalla maggioranza induista. Gandhi fu sempre fermamente contrario ad ogni piano che prevedesse la divisione dell'India in due stati. Sardar Patel riuscì però a convincerlo che questa fosse l'unica soluzione per evitare una guerra civile. Infine, suo malgrado, Gandhi diede il suo consenso.

Il giorno del trasferimento dei poteri Gandhi non celebrò l'indipendenza con il resto dell'India, ma restò in solitudine nella città di Calcutta. La divisione dell'India provocò l'esodo in massa di circa 17 milioni di persone da uno stato all’altro con violentissimi scontri tra musulmani e induisti.

Gandhi iniziò il suo ultimo digiuno per far cessare le aggressioni tra indù e musulmani e per far pagare la somma di 55 milioni di rupie dovute allo stato Pakistano. Questo pagamento era stato deciso dal Concilio della separazione. Alcuni politici indiani non volevano pagare questa somma affermando che questi soldi sarebbero stati utilizzati nella guerra contro l'India. Dopo dibattiti emozionali con i suoi amici membri del congresso, Gandhi rifiutò di smuoversi dalla sua posizione continuando il suo digiuno. Il governo indiano decise dunque di pagare la somma dovuta ed i leader delle comunità indù, mussulmane e sikh gli assicurarono che avrebbero rinunciato alla violenza e richiesto la pace. Gandhi ruppe allora il suo digiuno sorseggiando un succo di arancio.

Venne assassinato da Nathuram Godse il 30 gennaio del 1948 uscendo da casa Birla (Birla Bhavan) a New Delhi dove si trovava per un incontro con Sardar Patel. Si stava dirigendo verso il giardino nel quale da alcuni giorni ogni sera si svolgeva un incontro ecumenico di preghiera. Nathuram Godse era un induista radicale che riteneva Gandhi colpevole di aver indebolito il governo indiano con la sua insistenza per il pagamento della somma dovuta al Pakistan. Prima di sparare Godse si piegò in segno di reverenza di fronte a Gandhi.
Dopo i colpi sparati, Nathuram Godse cercò di confondersi tra la folla e di fuggire ma, quando si accorse di essere braccato e di rischiare il linciaggio, rallentò il passo permettendo alle forze dell'ordine di catturarlo. Nel gennaio del 1949 cominciò il processo nei suoi confronti che si concluse l'8 novembre dello stesso anno con una condanna a morte; la sentenza, cui i sostenitori più stretti di Gandhi erano contrari, fu eseguita una settimana dopo.

Seguendo le volontà di Gandhi, le sue ceneri furono disperse nei maggiori fiumi del mondo tra i quali il Nilo, il Volga ed il Gange. Una piccola porzione di cenere fu spedita a Paramahansa Yogananda in un cofano di ottone ed argento. Le ceneri furono inserite nel Mahatma Gandhi World Peace Memorial dell'associazione per la realizzazione di sé sul lago Shrine in un millenario sarcofago di pietra cinese.

Pricipi
Pensiero e stile di vita

Il pensiero di Gandhi relativo al satya e ahimsa fu influenzato dalla Bhagavad Gita, dal credo induista e dalla pratica della religione giainista. Il concetto di non-violenza (ahimsa) era un ideale antico nel contesto del pensiero e della visione religiosa induista, buddhista e giainista. La sua autobiografia La storia dei miei esperimenti con la verità contiene una buona descrizione della sua storia personale e dei suoi principi di vita.

Gandhi fu un vegetariano rigoroso e scrisse libri sull'argomento mentre studiava legge a Londra. Qui, in un incontro della Società Vegetariana, conobbe l'attivista vegetariano Henry Salt. L'idea di vegetarianismo è radicata profondamente nella società induista e giainista indiana. Inoltre Gandhi sperimentò svariate diete alla ricerca di una dieta minima sufficiente per soddisfare i suoi fabbisogni corporei. Con tutto ciò Gandhi godeva di un'ottima salute.

Gandhi praticò spesso dei lunghi periodi di digiuno utilizzandolo anche come arma politica. Ha però utilizzato il digiuno soprattutto nell'ambito spirituale. Infatti egli credeva che il digiuno, ma più in generale il controllo nell'assunzione di cibo, portasse all'aumento del controllo dei sensi, indispensabile per un'ascesi spirituale.

Gandhi rinunciò ai rapporti sessuali all'età di 36 anni e divenne totalmente casto sebbene sposato. In questo fu profondamente influenzato dall'idea indù di brahmacharya o purezza spirituale.

Gandhi riservò un giorno della settimana al silenzio, credendo che il parlare rompesse la sua pace interiore. Questa idea era tratta da una concezione induista relativa al potere di mouna e shanti. Durante i giorni dedicati al silenzio comunicava con gli altri scrivendo su biglietti di carta. All'età di 37 anni, per un periodo di tre anni e mezzo, Gandhi rifiutò di leggere i quotidiani affermando che il tumultuoso stato degli affari mondiali gli causasse ancora più confusione.

Al suo ritorno in India, dopo il soggiorno in Sudafrica dove era stato un avvocato di successo, rinunciò ai suoi abiti occidentali, simboli di ricchezza. La sua idea era quella di adottare un tipo di vestito che fosse accettabile anche dalle persone più povere dell'India. Sostenne l'uso dell'abito fatto in casa (khadi) e con i suoi sostenitori praticava la tessitura dei propri vestiti usando un filatoio manuale. Questo fu messo in pratica anche come forma di lotta contro l'impero britannico, da cui venivano importati i vestiti di foggia occidentale. Il filatoio a mano è inserito nel disegno della bandiera del Congresso Nazionale Indiano.

Gandhi era contro l'educazione convenzionale credendo che i bambini apprendono meglio dai genitori e dalla società piuttosto che nelle scuole. In Sudafrica, insieme ad altri anziani, formò un gruppo di insegnanti.


programma politico di Gandhi fu rivolto essenzialmente all’indipendenza nazionale dell’India con un'ispirazione democratica e socialista. Questi elementi non erano innovativi dato che derivavano dalla tradizione politica europeo (nazionalismo democratico di Mazzini, socialismo libertario di Morris ecc.). La sua innovazione riguardò invece la teoria della rivoluzione.

Nell’Europa moderna è nata una teoria “classica” della rivoluzione, che si è formata con il contributo di quasi tutte le correnti del pensiero politico: quella liberale (Locke, Jefferson e i padri della Rivoluzione americana, Syeyes e i teorici liberali della Rivoluzione francese), quella democratica (Rousseau, Robespierre, Saint-Just e altri teorici giacobini; Mazzini) e quella socialista, anarchica e comunista (Babeuf, Bakunin, Marx, Lenin, ecc.).

Per quanto divergenti nei loro obiettivi politici, le teorie classiche della rivoluzione hanno in comune due componenti fondamentali:

la teoria del “diritto alla resistenza” (Locke), secondo cui è legittimo – se non doveroso – che le masse popolari si ribellino alle autorità sociali e politiche, quando subiscono una evidente e intollerabile situazione di ingiustizia (“Ribellarsi è giusto”, diceva Mao Tse Tung);
la teoria della “guerra giusta”, secondo cui il popolo ha diritto di ricorrere alla violenza rivoluzionaria, quando questa serve a correggere torti e ingiustizie molto gravi (questa teoria, con origini medievali, giustificava la violenza e le guerre).
Gandhi condivise il primo di questi due principi ma rifiutò il secondo. Anche per lui ribellarsi all’ingiustizia era un diritto-dovere dei popoli, ma era sua convinzione che l’unica forma di lotta rivoluzionaria giusta e legittima fosse la rivoluzione (lotta, resistenza, ribellione) non-violenta, da lui battezzata, con un termine derivante dal sanscrito, “satyagraha” (“forza della verità”).

Il concetto di satyagraha
Il satyagraha era per Gandhi una forma attiva e radicale di lotta rivoluzionaria, da non confondersi con la “resistenza passiva”. Per lui i “satyagrahi”, cioè i militanti della rivoluzione non-violenta, dovevano essere dediti anima e corpo alla causa rivoluzionaria. Gandhi non predicava la non-violenza come forma di passività e rassegnazione all’ingiustizia, perché assoggettarsi vigliaccamente all’oppressione significa annientare la propria umanità: «Nel caso in cui l’unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza». E ancora: «Nessun uomo può essere attivamente non-violento e non ribellarsi contro l’ingiustizia dovunque essa si verifichi». Gandhi inoltre insisteva spesso sulla distinzione tra la non-violenza del debole, che consiste nel subire passivamente e vigliaccamente l’oppressione o nell’opporsi ad essa con la semplice “resistenza passiva”, e la non-violenza del forte. Quest’ultima è il satyagraha, l’attiva e coraggiosa ribellione all’ingiustizia, che una volta Gandhi definì come «l’equivalente morale della guerra».

Nei suoi scritti Gandhi dovette spesso difendersi dal cinismo e dal malinteso “realismo” di coloro che irridevano e ridicolizzavano le sue teorie, considerandole una manifestazione di imbelle “buonismo”. [citazione necessaria]

Le tecniche del satyagraha

Nella sua lunga storia di leader rivoluzionario (prima in Sud Africa, poi in India) Gandhi ha teorizzato e sperimentato un’ampia varietà di tecniche di lotta rivoluzionaria non-violenta. Innanzitutto il boicottaggio non-violento. Ad esempio: non acquistare liquori e tessuti provenienti dall'impero britannico, non iscrivere i figli alle scuole inglesi, non investire i propri risparmi in titoli di stato britannici, non accettare incarichi militari e civili o titoli onorifici dall’amministrazione coloniale britannica. Un'altra forma era il picchettaggio non violento che consiste nel formare gruppi di militanti non-violenti davanti all’ingresso dei luoghi di lavoro o di quelli in cui si svolgono attività boicottate per invitare le persone che si apprestano ad entrarvi. Tra le altre forme ricordiamo lo sciopero non-violento, le marce, gli scioperi della fame o della sete (anche “fino alla morte") ed infine, importantissima, la disobbedienza civile.

La disobbedienza civile

Consiste nel violare pubblicamente le leggi od i comandi amministrativi ritenuti ingiusti accettando però le punizioni previste dalla legislazione vigente per le violazioni commesse (il rifiuto della sanzione prevista non veniva considerato un atteggiamento non-violento). Esempi: non pagare le tasse, praticare l’obiezione di coscienza al servizio militare, violare con pubblicazioni, manifestazioni, scioperi e picchetti vietati le norme legislative o gli atti amministrativi che limitano illegittimamente la libertà di stampa, la libertà di manifestazione, la libertà di sciopero e la libertà di riunione. A volte gli atti di disobbedienza civile possono essere puramente simbolici (come fu per l’estrazione del sale alla fine della Marcia del 1930). Per Gandhi la disobbedienza civile rappresentava, insieme al digiuno, la forma culminante di resistenza non-violenta; egli la definì “un diritto inalienabile di ogni cittadino”, e affermò che “rinunciare a questo diritto significa cessare di essere uomini”.

A questo proposito bisogna ricordare come Gandhi trascorse un totale di 2338 giorni di detenzione in Sudafrica ed India a causa degli arresti dovuti alle sue lotte politiche utilizzando i principi della disobbedienza civile.

La filosofia della ahimsa (non-violenza)

“Ahimsa” è una parola sanscrita tradotta nelle lingue europee moderne con il termine “non-violenza” (“a” = “non”; “himsa” = “violenza”, “ingiuria”, “male”). Ahimsa significa non usare violenza, non far del male, amare e anche essere giusti nei confronti degli altri. Per Gandhi la ahimsa è un'atteggiamento etico derivante dalla fede nella Verità (Satya), quella Verità che le religioni chiamano Dio. La fede nella Verità è il fondamento più solido della ricerca della ahimsa, cioè di una vita sociale improntata alla non-violenza, all’amore, alla giustizia. Il compito del satyagrahi, cioè del rivoluzionario non-violento, è proprio quello di combattere la himsa – la violenza, il male, l’ingiustizia – nella vita sociale e politica, per realizzare la Verità («Il solo mezzo che abbiamo per realizzare la Verità nei rapporti umani è la pratica dell’ahimsa»). Il sottotitolo della sua autobiografia è “The story of my experiments with Truth” (“La storia dei miei esperimenti con la verità”) in referenza all'ahimsa.

La concezione gandhiana del progresso

Gandhi ha posto la non-violenza anche al centro della sua concezione del progresso umano. L’essere umano è sia animale sia spirito. Come animale l’essere umano basa il suo rapporto col mondo sulla trasformazione materiale dei corpi e dunque sull’uso della forza, sulla himsa; come spirito l’essere umano fonda le sue relazioni col mondo sulla comunicazione verbale e sulla persuasione razionale, dunque sulla ahimsa. Il progresso è l'umanizzazione dell’uomo, la graduale affermazione della sua identità specifica, del suo essere spirito. Il progresso è di conseguenza la graduale riduzione del tasso di violenza (himsa) presente nei rapporti umani e la graduale affermazione della verità e della ahimsa, cioè della non-violenza, del bene, della giustizia, nella vita sociale e politica.

La critica della violenza rivoluzionaria e i metodi della rivoluzione non violenta
Secondo Gandhi la giustizia risiede nella la riduzione del tasso di violenza presente nella società. Se si utilizza la violenza, anche se per un breve periodo, per ottenere giustizia questa porta inevitabilmente ad un aumento del tasso di violenza. Il mezzo deve essere coerente con il fine; non si può adottare un mezzo che porta alla negazione del fine. Se il fine della lotta per la giustizia è la ahimsa, cioè la negazione della violenza nei rapporti umani, non lo si può realizzare facendo ricorso alla violenza. A questo proposito, in polemica con i bolscevichi, Gandhi scrisse: «Io non credo nelle vittorie ottenute in fretta, con la violenza. Gli amici bolscevichi che guardano con interesse al mio insegnamento, devono comprendere che per quanto possa condividere e ammirare le aspirazioni e i sentimenti nobili, io sono inflessibilmente contrario ai metodi violenti, anche quando vengono posti al servizio della causa più nobile. … L’esperienza infatti mi insegna che dalla falsità e dalla violenza non possono scaturire risultati positivi duraturi».

"Ma qual è il mezzo con il quale l’uomo giusto può proporsi di affermare la Verità e dunque la ahimsa nei rapporti umani? L’unico mezzo possibile, secondo Gandhi, è la persuasione razionale di coloro che con i loro comportamenti violenti causano ingiustizia: «Bisogna convertire l’avversario ad aprire le sue orecchie alla voce della ragione». Persuadere, ma non costringere; convertire, ma non obbligare.

I mezzi della persuasione, per Gandhi, sono essenzialmente due: la discussione e la lotta non violenta. La discussione consiste nel battersi contro un’ingiustizia sociale e politica appellandosi alle autorità ingiuste e all’opinione pubblica. La lotta non-violenta (satyagraha) è la dimostrazione pratica della Verità; essa dimostra la superiorità morale del ribelle, il suo essere dalla parte della verità. La prova di questa superiorità morale sta nella sua disposizione a soffrire e ad affrontare la morte in nome della Verità: «La dottrina della violenza riguarda solo l’offesa arrecata da una persona ai danni di un’altra. Soffrire l’offesa nella propria persona, al contrario, fa parte dell’essenza della non-violenza e costituisce l’alternativa alla violenza contro il prossimo».

L’ingiusto afferma i suoi interessi egoistici con la violenza, cioè procurando sofferenza ai suoi avversari e, nello stesso tempo, provvedendosi dei mezzi (le armi) per difendersi dalle sofferenze che i suoi avversari possono causargli. Il giusto, invece, dimostra, con la sua sfida non-violenta che la verità è qualcosa che sta molto al di sopra del suo interesse individuale, qualcosa di talmente grande e importante da spingerlo a mettere da parte l’istintiva paura della sofferenza e della morte. Il combattente non-violento sfida l’ingiusto a mani nude, senza armi, e si espone alle sue rappresaglie opponendo solo la forza della Verità (da cui l’espressione satyagraha). È la capacità di soffrire senza offendere, senza imporre con la forza la propria volontà, senza infliggere sofferenza, senza distruggere o uccidere e senza nemmeno difendersi che rappresenta, secondo Gandhi, la più potente dimostrazione pratica della validità della causa del ribelle non-violento, il suo essere dalla parte della Verità: «La sofferenza è la legge dell’umanità, così come la guerra è la legge della giungla. Ma la sofferenza è enormemente più potente della legge della giungla, ed è in grado di convertire l’avversario ed aprire le sue orecchie alla voce della ragione. … Quando volete ottenere qualcosa di veramente importante non dovete solo soddisfare la ragione ma anche toccare i cuori. L’appello della ragione è rivolto al cervello, ma il cuore si raggiunge solo attraverso la sofferenza. Essa dischiude la comprensione interiore dell’uomo. La sofferenza, e non la spada, è il simbolo della specie umana».

La differenza tra questi due metodi di affermazione della verità sta nel fatto che la discussione fa appello esclusivamente alla ragione dell’avversario attraverso la dimostrazione teorica della sua ingiustizia mentre la lotta non-violenta fa appello anche al cuore dell’ingiusto, perché contiene una portentosa dimostrazione pratica della sua ingiustizia.

Le virtù del satyagrahi

Da quanto detto derivano anche le virtù che Gandhi ascrive all’autentico satyagrahi, il combattente per la causa della Verità. Egli non deve essere mosso dall’ira e dall’odio per l’avversario, cioè per l’ingiusto: deve combattere l’ingiustizia, ma non l’ingiusto (“l’errore e non l’errante”, come diceva Papa Giovanni XXIII), e deve avere sempre fede nella possibilità che anche l’uomo più ingiusto si possa convertire alla causa della giustizia. Mitezza e amore sono dunque le due prime caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento del satyagrahi. L’essenza del satyagraha, inoltre, è la disposizione a combattere a mani nude, ad affrontare volontariamente le sofferenze che possono derivare dalla lotta per la Verità. Il satyagrahi deve dunque essere coraggioso, molto più coraggioso dei guerrieri che affrontano il pericolo della battaglia senza rinunciare alla protezione delle loro armi. E non deve essere dominato dall’avidità di ricchezza o dalla passione per i piaceri corporei; l’eccessivo attaccamento ai beni materiali può infatti distoglierlo dalla sua battaglia per la giustizia. Coraggio, povertà e castità devono dunque essere tra le virtù del satyagrahi.

Riconoscimenti

Candidatura al premio Nobel per la pace

Gandhi non ricevette mai il Premio Nobel per la Pace sebbene fosse stato nominato cinque volte tra il 1937 ed il 1948. L'omissione fu pubblicamente rimpianta dal comitato del premio Nobel una decina di anni dopo. Quando nel 1989 fu premiato il Dalai Lama, il presidente del comitato disse che questo premio era "in parte un tributo alla memoria del Mahatma Gandhi". Il sito ufficiale del museo dell'associazione Nobel contiene un articolo su questo argomento.
Sul Gandhi furono dette molte cose. Winston Churchill, ad esempio, lo definì "disgustoso" e "fachiro mezzo spoglio" mentre Albert Einstein disse di lui: "Forse le generazioni a venire crederanno a fatica che un individuo in carne ed ossa come questo ha camminato su questa terra."

Il titolo onorifico Mahatma

« Io mi considero un soldato, seppure un soldato della pace. Conosco il valore della disciplina e della verità. Vi chiedo di credermi quando dico che non ho mai asserito che le masse indiane, in caso di necessità, farebbero ricorso alla violenza. »
(Questa frase pronunciata da Gandhi entrò nella storia durante la resistenza civile non violenta, per riscattare l'India dal dominio britannico, la quale portò nel 1947 l'indipendenza del paese; in seguito fu impartito a Gandhi l'appellativo di Mahatma.)

L'appellativo mahatma che molti, tra cui il poeta Rabindranath Tagore, associarono a Gandhi, fu spesso confuso con il suo nome. In realtà è un termine sanscrito di venerazione il cui significato letterale è "grande anima". Shri Aurobindo Ghosh incoraggiò l'uso di questo appellativo per riferirsi a Gandhi.

Rappresentazioni artistiche
Un film sulla vita di Gandhi è Gandhi, diretto da Richard Attenborough ed interpretato da Ben Kingsley. Un altro film che parla dei 21 anni di vita di Gandhi in Sudafrica è The Making of the Mahatma diretto da Shyam Benegal ed interpretato da Rajat Kapur.

Negli Stati Uniti, ci sono statue di Gandhi all'esterno del Ferry Building a San Francisco, in Union Square Park a New York City e vicino all'ambasciata indiana nel distretto di Dupont Circle a Washington.

Nel Regno Unito, ci sono molte statue di Gandhi, in particolare nei giardini Tavistock a Londra e vicino all'University College of London dove Gandhi studiò legge.

Bibliografia

Gandhi, Peter Rühe, 2002. ISBN 0714892793
Gandhi - autobiografia, a cura di C.F. Andrews e prefazione di Giovanni Gentile, 1931, Garzanti
Teoria e pratica della non-violenza, M.K. Gandhi, a cura di Giuliano Pontara, 1996, Einaudi
Una forza che dà vita. Ricominciare con Gandhi in un'età di terrorismi, di Fulvio Cesare Manara, Unicopli, Milano 2006.
Gandhi. Il seme della non violenza di Pierercole Musini, Editrice La Scuola
"Gandhi Oggi" di Johan Galtung, traduzione di Giovanna Battistini, Roberto Lambertini, Silvia Vivarelli; introduzione di Giuliano Pontara; Edizioni Gruppo Abele 1987.

Fonte Wikipedia
 
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