Andersen, Hans Christian, biografia e favole

« Older   Newer »
  Share  
>VOODOO<
view post Posted on 4/1/2008, 12:39




image


Hans Christian Andersen (Odense, 1805 - Copenhagen, 1875).

Creatore di fiabe che sono ormai patrimonio mondiale della letteratura, Hans Christian Andersen deve la sua fama alla sapienza con cui è riuscito a coniugare la semplicità e la profonda verità della tradizione popolare con la sua poetica fantasia venata di bonaria ironia e talvolta di malinconica dolcezza.

Nacque il 2 aprile 1805 nei quartieri bassi di Odense, ricca cittadina della provincia danese. Il padre era un calzolaio, estremamente povero, che non amava molto il suo lavoro, uomo originale e pifferaio per vocazione, ma adorava leggere e al piccolo Hans sembrava felice solo quando lo guidava nell'esplorazione delle sue poche ma ricche letture (fra cui "Le mille e una notte"). La madre, lavandaia, più anziana di quindici anni rispetto al marito, invece non aveva ricevuto alcuna istruzione, e trasmise al figlio l'intenso patrimonio di fiabe e leggende popolari, che mescolandosi alle letture paterne e all'humus culturale di Odense, contribuì a stimolare ed arricchire l'immaginazione di un bambino sensibile ed emarginato sia socialmente che fisicamente. A questo arricchimento culturale contribuirono anche le pazienti dell'ospedale di Odense che lo intrattennero con le loro fiabe.

Con la complicità del padre e la compiacenza della madre, Hans si divertiva ad animare il suo teatrino personale dove inscenava le opere teatrali di Shakespeare e Holberg. Fu ancora il padre a portarlo per la prima volta al Regio Teatro di Odense: fu una rivelazione.

Hans ha solo 11 anni quando muore il padre (la madre si risposerà due anni piùtardi e finirà i suoi giorni alcolizzata in un ospizio dove morirà nel 1835). Deluso e amareggiato, a 14 anni fugge da Odense alla volta di Copenhagen per tentare la fortuna. Dopo vani tentativi di farsi prendere come cantante, ballerino o attore, sottopone alla direzione del Teatro una commedia che verrà rifiutata, ma che convince il direttore Jonas Collin, che subito diventa il suo tutore, a procurargli una borsa di studio per completare l'istruzione, e lo spedisce alla scuola ginnasiale di Slagelse. Sono anni duri e difficili, disseminati di sacrifici umiliazioni e maltrattamenti, eppure lo confortano in questo triste periodo l'amicizia e le premure dei Collin. Scrive la poesia "Il bambino moribondo", che verrà in seguito pubblicata insieme ad altre poesie in un periodico prestigioso. Collin, persuaso dalle lamentele del ragazzo, lo sottrarrà ai maltrattamenti del collegio per fargli proseguire gli studi nella capitale, in preparazione per la maturità.

Superato l'esame di ingresso, si iscrive all'università per studiare filosofia. Il successo comincia a sorridergli nel 1829, quando esordisce con la prima opera di prosa, "Fodreise fra Holmens Canal till Øsppynten of Amager" (Viaggio a piedi dal canale di Olmen alla punta orientale di Amager), una fantasia bizzarra e originale con incontri fuori dal comune nello stile di E.T.A. Hoffmann, e la sua prima opera teatrale, "Kjærlighed paa Nicolai Taarn" (Amore nella torre di Nicholas). Come per le sue successive produzioni teatrali, questi tentativi non ebbero grande successo, a dispetto della percezione dell'autore.

Nei due anni successivi pubblica le sue prime raccolte di poesie (Digte - Poesie 1830, e Phantasier or Skizzer - Fantasie e schizzi 1831) e compie il primo viaggio in Germania, dove incontra diversi poeti romantici, fra cui Ludwig Tieck. Da questo viaggio scaturisce Skkyggebilleder af en Reise til Harzen (Schizzi di un viaggio all'Harz, 1831) dove le osservazioni impressiostiche su natura e uomini si mescolano a quadri di fantasia tipici delle favole. E' infine nel 1835 che appare in stampa il suo primo romanzo, "L'improvvisatore", e il libro di fiabe in due volumi (pubblicate nel corso dell'anno): "Eventyr, fortalte for Børn" (fiabe, raccontate ai bambini). In questi anni scrive alcune commedie e due romanzi. O. T. (1836 - le iniziali sono quelle del protagonista Otto Thostrup, ma anche di Odense Tughtus - Correzionale di Odense); le angosce e le solitudini del personaggio principale risaltano sugli sfondi sociali danesi del tempo, con richiami alla rivoluzione di Parigi e alla lotta per la libertà in Polonia. Kun en Spilleman (Soltanto un Violinista) è la dolorosa storia di un ragazzo sognatore che soccombe di fronte alle leggi crudeli del mondo adulto. I romanzi verranno presto tradotti in tedesco, svedese, olandese, inglese e in altre lingue.

A partire da questi anni iniziano i suoi grandi viaggi (oltre alla Germania, a cui fu sempre molto legato, anche Francia, Inghilterra, Spagna, Svezia, Norvegia, Portogallo e Italia, che più di ogni altro paese egli amò). Da questi viaggi originano i suoi numerosi taccuini di viaggio tra i quali spicca En Dicters Bazar (Il bazar di un poeta, 1842) nel quale viene descritta la peregrinazione con ogni mezzo di trasporto dalla Germania fino a Roma, poi in Grecia, Costantinopoli e, sulla via del ritorno attraverso il Danubio per Vienna, Dresda, Kiel fino al ritorno ad Odense.

Nel 1837 la "Revue de Paris" pubblica un articolo biografico su HCA, "Une vie de poète", firmato da Xavier Marmier, uomo di lettere francese, con la traduzione de 'Il bambino moribondo'. L'articolo, successivamente tradotto in diverse lingue e ristampato e citato da più parti, esercita sin da subito un'influenza determinante per la fama letteraria di HCA a livello europeo. Tuttavia, non mancano le voci negative: l'anno successivo il filosofo Søren Kierkegaard lo attacca duramente nel suo "Dalle carte di uno ancora in vita" per il romanzo "Solo un Violinista", giudicandolo uno scrittore di scarso rilievo poichè gli manca lo "spirito immortale che sopravvive al tutto". Più tardi in una commedia, a sua volta Andersen metterà alla berlina il filosofo presentandolo come "parrucchiere hegeliano".

Continua la serie di insuccessi teatrali nel 1840 con la commedia "Il mulatto", rappresentata al Teatro Regio, che sarà replicato solo 21 volte nell'intero arco della vita di Andersen. Nello stesso anno fa la conoscenza di Felix Mendelssohn-Bartholdy e Franz Liszt, di cui parlerà ne "Il Bazaar di un poeta" (1842). Nel novembre del 1843 esce una nuova raccolta di fiabe "Nye Eventyr” (Nuove fiabe, edizioni successive fino al 1848). In questi anni la sua fama si allarga in Inghilterra, dove iniziano ad apparire in traduzione i suoi romanzi e la sua autobiografia ufficiale, "The true story of my life", che con il titolo Das Märchen meines Lebens obne Dichtung (La fiaba della mia vita senza poesia) era apparsa in Germania nel 1847; la prima edizione danese vedrà la stampa soltanto nel 1855, con il titolo di "Mit Livs Eventyr" (La favola della mia vita), pubblicata come volumi 21 e 22 della "Samlede Skrifter" (Opere complete), iniziata nel 1853. Tuttavia, l'edizione danese del testo tedesco del 1847 verrà pubblicato soltanto nel 1942, col titolo "Mit eget Eventyr uden Digtning", a cura di H. Topsøe-Jensen.. In Scozia viene accolto festosamente; a Londra incontra Charles Dickens che una diecina d'anni più tardi lo ospiterà per un mese (pare che da questa esperienza lo scrittore inglese abbia tratto ispirazione per il personaggio di Uriah Heep). Scrisse anche alcuni libretti d'opera tra i quali spicca Liden Kirsten (Piccola Cristina, 1846) musicato dal danese J.P. Emilius Hartmann.

Risulta opera un po' a sé, ma facente parte della narrativa fantastica Billedbog uden billeder (Libro illustrato senza immagini, 1840) dove per 33 notti la luna racconta a un povero pittore ciò che ha visto nei vari paesi del mondo, tra cui l'Italia. Sono scenette e bozzetti che talvolta costituiscono veri "germi di fiabe".

Nel 1851 pubblica il libro di viaggio "In Svezia", che contiene anche un capitolo dedicato alle sue idee politiche. Nello stesso anno diventa professore ordinario all'Università di Copenhagen. L'anno seguente appare la sua prima raccolta di fiabe sotto il titolo "Historier" (invece di Eventyr), al quale seguirono Nye Eventyr og Historier (Nuove fiabe e storie, 1858). In totale si tratta di oltre 150 favole. Importanti gli illustratori V. Pedersen e L. Frølich e anche le annotazioni fatte dall'autore sulle fonti e l'origine di ogni fiaba. Nel 1858 legge le sue opere davanti all'assemblea dell'Associazione dei lavoratori (l'evento si ripeterà spesso negli anni successivi) e nel 1867 la sua città natale gli conferirà il titolo di Cittadino onorario con grandi e festose celebrazioni.

Negli ultimi anni, gravemente affetto dal male che poi gli risulterà fatale, trova rifugio presso la famiglia dei Melchior, un mercante ebreo che lo ospita nella sua casa di campagna. Del 1870 è la pubblicazione del suo sesto e ultimo romanzo, "Peer fortunato" - gli altri due sono: To Baronesser (Le due baronesse, 1849) e At være eller ikke være (Essere o non essere, 1857) e due anni più tardi l'ultima raccolta di fiabe. Nel 1874 gli viene conferito il titolo di 'konferensråd' (un'alta onorificenza danese, ormai obsoleta).

Muore il 4 agosto 1875, tra l'affetto e le cure dei Melchior.

fonte: www.liberliber.it

Scarpette rosse


C'era una volta una povera orfana che non aveva scarpe.
La bimba conservava tutti gli stracci che riusciva a trovare finchè un bel giorno riuscì a confezionarsi un paio di scarpette rosse. Erano rozze, ma le piacevano. La facevano sentire ricca nonostante trascorresse, fino a sera inoltrata, le sue giornate a cercare cibo nei boschi.
Un giorno, mentre percorreva faticosamente una strada, vestita dei suoi stracci e con le scarpette rosse ai piedi, una carrozza dorata le si fermò accanto.
La vecchia signora che la occupava le disse che l'avrebbe portata a casa con sé e l'avrebbe trattata come una sua figlioletta.
Così andarono nella dimora della vecchia signora ricca, e là furono lavati e pettinati i capelli della bambina. Le furono dati biancheria fine, un bell'abito di lana e calze bianche e lucide scarpe nere.
Quando la bambina chiese dei suoi vecchi abiti, e in particolare delle scarpette rosse, la vecchia le rispose che, sudici e ridicoli com'erano, li aveva gettati nel fuoco.
La bimba era molto triste perché quelle umili scarpette rosse che aveva fatto con le proprie mani le avevano dato la più grande felicità. Ora era costretta a stare sempre ferma e tranquilla, a parlare senza saltellare e soltanto se interrogata.
Un fuoco segreto le si accese nel cuore e continuò a desiderare più di ogni altra cosa le sue vecchie scarpette rosse.
Poiché la bambina era abbastanza grande da ricevere la cresima, la vecchia signora la portò da un vecchio calzolaio zoppo, per acquistare una paio di scarpe speciali per l'occasione.
In vetrina facevano bella mostra di sé un paio di scarpe rosse confezionate con la pelle più morbida che si possa trovare.
La bimba, spinta dal suo cuore affamato, subito le scelse.
La vecchia signora ci vedeva così male che non si accorse del colore e glie le comprò. Il vecchio calzolaio strizzò l'occhio alla piccola e le incartò le scarpe.
Il giorno dopo, in chiesa, tutti rimasero sorpresi da quelle scarpe rosse che brillavano come mele lustrate, come cuori, come prugne ben lavate. Ma alla bimba piacevano sempre di più.
In giornata la vecchia signora venne a sapere delle scarpette rosse della sua pupilla.
"Non mettere mai più quelle scarpe" le ordinò minacciosa.
Ma la domenica dopo la bambina non potè fare a meno di mettersi le scarpette rosse, e poi si avviò alla chiesa con la vecchia signora. Sulla porta della chiesa c'era un vecchio soldato con il braccio al collo. S'inchinò, chiese il permesso di spolverare le scarpe e toccò le suole cantando una canzoncina che le fece venire il solletico ai piedi.
"Ricordati di restare per il ballo" e le strizzò l'occhio.
Anche questa volta tutti guardarono con sospetto le scarpette rosse della bambina.
Ma a lei piacevano tanto quelle scarpe lucenti, rosse come lamponi, come melagrane, che non riusciva a pensare ad altro. Era tutta intenta a girare e rigirare i piedini, tanto che si dimenticò di cantare.
Quando uscirono dalla chiesa, il vecchio soldato esclamò:
"Che belle scarpette da ballo!".
A quelle parole la bambina prese a piroettare e non riuscì più a fermarsi, tanto che parve avesse perduto completamente il controllo di sé. Danzò una gavotta e poi una csarda e poi un valzer, volteggiando attraverso i campi.
Il cocchiere della vecchia signora si lanciò all'inseguimento della bambina, la prese e la riportò nella carrozza, ma i piedini che indossavano le scarpette rosse continuavano a piroettare nell'aria. Quando riuscirono a togliergliele, finalmente i piedi della bambina si quietarono.
Di ritorno a casa, la vecchia signora lanciò le scarpette rosse su uno scaffale altissimo e ordinò alla bambina di non toccarle mai più. Ma lei non riusciva a fare a meno di guardarle e desiderarle. Per lei erano ancora la cosa più bella che si trovasse sulla faccia della terra.
Poco tempo dopo, mentre la signora era malata, la bambina strisciò nella stanza in cui si trovavano le scarpette rosse. Le guardò, là in alto sullo scaffale, le contemplò, e la contemplazione si trasformò in potente desiderio, tanto che la bambina prese le scarpe dallo scaffale e subito se le infilò, pensando che non sarebbe accaduto nulla di male.
Ma non appena le ebbe ai piedi subito si sentì sopraffatta dal desiderio di danzare.
Danzò uscendo dalla stanza, e poi lungo le scale, prima una gavotta, poi un csarda e poi un valzer vertiginoso. La bambina era in estasi, e si accorse di essere nei guai solo quando volle girare a sinistra e le scarpe la costrinsero a girare a destra, e volle danzare in tondo e quelle la obbligarono a proseguire. E poi la portarono giù per la strada, attraverso i campi melmosi e nella foresta scura.
Appoggiato a un albero c'era il vecchio soldato dalla barba rossiccia, con il braccio al collo.
"Oh che belle scarpette da ballo!" esclamò.
Terrorizzata, la bambina cercò di sfilarsi le scarpe, ma più tirava e più quelle aderivano ai piedi.
E così danzò e danzò sulle più alte colline e attraverso le valli, sotto la pioggia e sotto la neve e sotto la luce abbagliante del sole. Danzò nelle notti più nere e all'alba, danzò fino al tramonto. Ma era terribile: per lei non esisteva riposo. Danzò in un cimitero e là uno spirito pronunciò queste parole:
"Danzerai con le tue scarpette rosse fino a che non diventerai come un fantasma, uno spettro, finchè la pelle non penderà sulle ossa, finchè di te non resteranno che visceri danzanti. Danzerai di porta in porta per tutti i villaggi, e busserai tre volte a ogni porta, e quando la gente ti vedrà, temerà per la sua vita".
La bambina chiese pietà, ma prima che potesse insistere le scarpette rosse la trascinarono via.
Danzò sui rovi, attraverso le correnti, sulle siepi, e danzando danzando arrivò a casa, e c'erano persone in lutto. La vecchia signora era morta.
Ma lei continuava a danzare.
Entrò danzando nella foresta dove viveva il boia della città. E la mannaia appesa al muro prese a tremare sentendola avvicinare.
"Per favore" pregò il boia mentre danzava sulla sua porta, "Per favore mi tagli le scarpe per liberarmi da questo tremendo fato".
E con la mannaia il boia tagliò le cinghie delle scarpette rosse. Ma queste le restavano ai piedi.
E lei lo pregò di tagliarle i piedi, perché così la sua vita non valeva nulla. Il boia allora le tagliò i piedi.
E le scarpette rosse con i piedi continuarono a danzare attraverso la foresta e sulla collina e oltre, fino a sparire alla vista.
E ora la bambina era una povera storpia, e doveva farsi strada nel mondo andando a servizio da estranei, e mai più desiderò delle scarpette rosse.
 
Top
angelo7878
view post Posted on 4/1/2008, 14:38






Ecco finalmente

- bravo Voodoo -

Christian Andersen

io non lo capisco

e non l'ho mai capito da quando avevo circa undici anni

e mi venne addosso un lungo periodo di malattie

considerando il susseguirsi di guarigioni e ricadute

che durò circa due anni

fu allora che si consolidò in me la confidenza con la lettura

costretto a letto lessi tutte le antiche fiabe russe,

una raccolta di fiabe italiane e una di novelle italiane,

la raccolta di fiabe dei Fratelli Grimm,

le fiabe di Perrault e quelle da lui raccolte,

una raccolta di antiche fiabe africane

credo che lessi ben più di tremila pagine

aiutato dal fatto che dovevo stare a letto

e non c'era molto altro da fare se non leggere

e leggere e leggere

le fiabe che più mi piacquero furono quelle raccolte

dai Fratelli Grimm e quelle russe, poi quelle di Perrault

Andersen mi faceva solo piangere e niente altro che piangere

basta leggere o rileggere la fiaba qui sopra

che Voodoo ha gentilmente riportato dopo le

notizie della sua vita

la fiaba che s'intitola

Scarpette rosse



e che finisce con la bambina rimasta senza piedi

che se ne va da sola storpia nel mondo

per riuscire a sfamarsi...

forse Andersen rimasto troppo colpito

dalla sua infelice infanzia

era preoccupato per la sorte dei bambini

in un mondo allora pieno di poveri pur nel ricco Occidente

e che era un mondo cattivo anche con i bambini

e scelse di aiutarli "preparandoli" a non farsi illusioni e a combattere

per la propria sopravvivenza

già forse fu così... che andò

ma io nel tempo passai dalla fase del pianto

per la sorte di una bambina come quella di

Scarpette rosse



alla fase di forte rabbia per chi faceva leggere

o raccontava fiabe di Andersen ai bambini...

e non ne ho mai lette a mia figlia piccolina

quando aspettava da me la presenza adulta

che le serviva per accettare di addormentarsi

di entrare nello stato di abbandono fuori dal

controllo che si esercita solo nella veglia...

avrei mai potuto raccontarle di un boia che taglia

i piedi alla bambina per liberarla da un maledetto incantesimo

che la costringeva a danzare in eterno?

Potevo pensare che si sarebbe addormentata mia figlia?

Eppure migliaia e migliaia di fiabe di ogni parte del mondo

inventano ogni sorta di prova per superare gl'incantesimi malefici

e regolarmente le prove vengono superate

ad Andersen non è riuscito questo bel gioco di

accompagnare nella crescita

il piccolo lettore o il piccolo ascoltatore

facendolo immedesimare nel protagonista

che sfida ogni difficoltà pur di superare

i malefici che gli sono stati scaraventati addosso

no, no, Andersen accompagna

i bambini nel mondo della paura e ce li lascia stare

anche i bambini non si salvano....
 
Top
†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 4/1/2008, 16:27




Adoro Scarpette Rosse, ricordo che mia nonna me la leggeva quando ero piccina la notte prima di andare a letto, ogni tanto quando da lontano vedo la libreria e in lontananza vedo la copertina impolverata e ingiallita m ritornano in mente con che gioia mi addormentavo la notte al suono di quelle parole.. credo che da lì ho iniziato ad apprezzare la letteratura, proprio dalle fiabe di Andersen
 
Top
angelo7878
view post Posted on 4/1/2008, 16:40






la vita è bella perché è varia

w le bambine con i piedi amputati....

devono pagare per la loro vanità

quando ancora più piccole avevano osato

costruirsi con gli stracci dei poveri un paio di

piccole scarpette rosse tutte per sé

e poi punite ancora perché quando venne loro distrutto

quel piccolo paio di scarpette rosse

osarono ritrovarlo in un paio di scarpette rosse

acquistato per partecipare alle funzioni religiose

e di nuovo così peccarono di vanità

e poi punite perché osarono disobbedire

calzandole di nuovo quelle scarpette rosse

nonostante il divieto

e non bastò la condanna al ballo eterno e senza tregua

infine ci volle l'amputazione dei piedini...

per risolvere finalmente alla radice il problema

e sradicare quel male terribile

che s'era impossessato della bambina...

certo non c'è mai fine al sadismo

e alla continua spinta a fare vivere

le persone nei sensi di colpa...

a partire da quando sono bambine...



 
Top
3 replies since 4/1/2008, 12:39   314 views
  Share