Gino Bartali

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†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 29/1/2008, 11:10




Gino Bartali

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Dati biografici

Nome: Gino Bartali
Soprannomi
: Ginettaccio
Nato: 18 luglio 1914
Firenze
Nazionalità: Italia
Morto: 5 maggio 2000

Dati agonistici


Disciplina: Ciclismo

Gino Bartali (Ponte a Ema, 18 luglio 1914 – 5 maggio 2000) è stato un ciclista italiano.
Nativo di Ponte a Ema, una frazione di Bagno a Ripoli, oggi parte di Firenze, Gino Bartali scrisse alcune delle più famose pagine delle corse ciclistiche dell'epoca. La carriera di Bartali, arrivato al successo prima di Fausto Coppi, è stata condizionata dalla seconda guerra mondiale, sopraggiunta proprio nei suoi anni migliori.
Soprannominato Ginettaccio, fu grande avversario di Fausto Coppi. Leggendaria la loro rivalità, che divise l'Italia nell'immediato dopoguerra (anche per le presunte diverse posizioni politiche dei due). Celebre nell'immortalare un'intera epoca sportiva - tanto da entrare nell'immaginario collettivo degli italiani - è la foto che ritrae i due campioni mentre si passano una bottiglietta durante una salita. Ancora oggi non è stato chiarito se fu Bartali a dare la bottiglia a Coppi o viceversa, mistero che anche i protagonisti contribuirono in un certo qual modo a preservare (entrambi sostennero di aver aiutato l'altro). Nel film realizzato dalla RAI nel 2006, Gino Bartali - L'intramontabile, è Bartali a passare la borraccia a Coppi. In realtà esistono almeno due versioni della stessa scena, scattate in momenti diversi del Tour del 1949.
Da ricordare anche che la sua vittoria al Tour del 1948 contribuì a calmare la tensione in un'Italia sull'orlo della guerra civile dopo l'attentato a Togliatti.

La carriera

Gli inizi

Gino Bartali, esordì come ciclista dilettante nei primi anni Trenta con la società "Aquila divertente". Nel 1935 si sentì pronto al passaggio al professionismo, ma si iscrisse alla Milano-Sanremo come indipendente. Incredibilmente si trovò in testa dopo aver staccato Learco Guerra. Disturbato mentalmente ad arte con un'intervista in corsa dal direttore della Gazzetta dello Sport Furio Colombo, finì per essere ripreso e battuto in volata, finendo 4°.

Venne ingaggiato dalla scuderia Frejus con la quale corse il suo primo "Giro d'Italia" finendo 7° con una vittoria di tappa. Finirà la stagione con la vittoria al Criterio di Monitniujch, al Giro dei Paesi Baschi ed al Campionato Italiano.


La consacrazione (1936-1937)

Nel 1936, passò alla Legnano capitanata da Learco Guerra il quale, colte le qualità del nuovo arrivato, si mise al suo servizio come gregario per permettergli il successo alla Corsa rosa di quell'anno che arrivò in modo trionfale con 3 vittorie di tappa. Pochi giorni dopo pensò seriamente di abbandonare la carriera per la morte del fratello minore Giulio, in una gara di dilettanti. L'anno si chiuse con la vittoria nel Giro di Lombardia.

Nel 1937, ormai capitano della Legnano e numero uno del ciclismo Italiano, vinse il suo secondo Giro d'Italia e fu designato per tentare la conquista del Tour de France, vinto solo due volte da un italiano, Ottavio Bottecchia nel 1924 e 1925.

Purtroppo una brutta caduta nel Torrente Colau durante la tappa Grenoble-Briançon, mentre era in maglia gialla, con conseguenti ferite alle costole ed una grave bronchite lo costrinse al ritiro (o meglio fu costretto a ritirarsi per ordine dei gerarchi fascisti, quando due giorni dopo, ancora nelle prime posizione e voleva portare a termine la fatica, anche per aiutare il compagno Vicini, in corsa egli stesso per la maglia gialla).


Primo trionfo in Francia e alla "Sanremo" (1938-1939)

Nel 1938, fu costretto per ordine del governo Mussolini a saltare il Giro, per preparare il Tour de France che vincerà alla grande con 2 vittorie di tappa.

Nel 1939, riuscì finalmente a vincere la Milano-Sanremo, ma malgrado 4 vittorie di tappa perse il "Giro" di quell'anno a favore di Giovanni Valetti.


Il giro del 1940 e Fausto Coppi

Nel 1940 bissò il successo alla "Sanremo" e si preparò per cercare di vincere il suo terzo "Giro". Nella squadra della "Legnano" era arrivato un promettente ragazzo alessandrino di nome Fausto Coppi, voluto da Bartali stesso come gregario. Durante una tappa in pianura, Bartali, attardato da una foratura, cadde e si fece male a causa di un cane, proprio mentre si stava ricongiungendo alla testa della corsa.

I compagni intendevano attenderlo per aiutarlo tutti a chiudere la tappa scortandolo fino al traguardo. Il direttore del team, Pavesi, decise che ciò non si poteva fare perché diminuiva l'immagine di Bartali e della sua squadra, e avrebbe peggiorato la situazione in classifica anche degli altri, in particolare di Coppi, che era il meglio piazzato in classifica. All'arrivo della tappa Bartali fece i complimenti a Coppi ma gli disse anche, dall'alto della sua esperienza, di averne visti tanti andare forte in pianura ed abbandonare il giro in montagna. Da quel momento, per quel giro d'Italia, Bartali divenne gregario di Coppi, come Guerra con Bartali nel 1936.

Proprio su una salita sulle Alpi, Bartali era davanti di poche decine di metri a Coppi, alle prese con la classica "cotta" e fortissimi dolori alle gambe. Fausto stava per scendere dalla bici con l'intenzione di lasciare il giro. Bartali se ne accorse, tornò indietro, e un po' ricordandogli i sacrifici fatti dai loro per sostenere la loro passione e per questo non vanno delusi, un po' con le "cattive", ma anche frizionandogli il volto e la schiena con la neve, riusci a farlo risalire in bicicletta e gli urlò: "Coppi sei un acquaiolo! Ricordatelo! Solo un acquaiolo!". Bartali intendeva così dicendo (con un fiorentino dell'epoca e oggi non più usato) che chi non beveva un po' di vino, era un uomo di poco valore, appunto un acquaiolo. A Bartali piaceva mangiare e bere anche prima delle gare, differentemente da Fausto Coppi che stava attentissimo alla dieta.

In ogni caso Coppi si riprese e vinse il "Giro". La gara, già disertata dagli stranieri, si chiuse il giorno prima dell'entrata in guerra dell'Italia e sancì l'interruzione della carriera per i due campioni.


La guerra

Costretto a lavorare come "topparo" (riparatore di ruote di biciclette) , Gino svolse una attività in favore dei rifugiati ebrei, svolta dal settembre 1943 a giugno 1944, quando compì numerosi viaggi in bicicletta verso Assisi per trasportare documenti e foto tessere nascosti nei tubi del telaio della bicicletta, affinché una stamperia segreta potesse falsificare i documenti necessari alla fuga di ebrei rifugiati. Ricercato dalla polizia fascista, sfollò a Città di Castello, dove rimase nascosto da parenti ed amici cinque mesi.

Esistono però testimonianze di una adesione di Bartali alla GNR e alla Repubblica Sociale Italiana.

" Incontrai Gino Bartali alla caserma di Via della Scala a Firenze verso i primi mesi del 1944 , era in divisa della GNR milizia della strada . Lo salutai cordialmente come campione del ciclismo , ma soprattutto come camerata che non aveva rinnegato " Testimonianza in " il Merlo Giallo" e in "Centomila" , settimanale, del 4 -10-49 che pubblica anche una lettera autografa di Bartali del 12 agosto 1943 che ringrazia un generale per il passaggio alla Milizia della strada.

Tale testimonianza , non ha però altri riscontri e per quanto riguarda la lettera del 1943, va detto che il 12 Agosto del 1943, Mussolini era agli arresti alla Maddalena (sarebbe stato trasferito a Campo Imperatore il 28 dello stesso mese) , Il governo Badoglio non aveva ancora firmato l'armistizio, l'Italia non era ancora stata invasa dai tedeschi e il fascismo era totalmente allo sbando e non governava alcunché. Solo dopo l'invasione tedesca in seguito all'8 settembre, la liberazione di Mussolini del 12 settembre , sarebbe stata dichiarata il 23 settembre la Repubblica Sociale. Dunque il 12 Agosto Bartali faceva parte della Milizia stradale del Governo Badoglio.


Il primo dopoguerra (1945-1947)

Ripresa la carriera nel 1945, Bartali ormai 31 enne era dato per "finito" mentre Coppi, di sei anni più giovane aveva molte più speranze (anche se la prigionia in tempo di guerra, gli rese difficile la ripresa).

Nel primo anno completo, il 1946 Bartali vinse il Giro d'Italia mentre Coppi, passato alla "Bianchi" terminò secondo a soli 47 secondi. Non potendo partecipare al "Tour", precluso agli ex belligeranti, Bartali stravinse il Giro della Svizzera. Nel 1947, vinse la Milano-Sanremo e perse il Giro d'Italia a favore di Coppi, anche per un banale guasto meccanico. Bissò il successo al Giro della Svizzera, all'epoca il più ricco e prestigioso tra le corse a tappe del dopoguerra.


Il trionfo del 1948


Il 1948 lo vide in difficoltà per vari motivi nella parte iniziale della stagione e attardato da una caduta al "Giro", terminò solo 8°, osservando la vergognosa conclusione che portò Coppi al ritiro per protesta per la mancata squalifica di Fiorenzo Magni a causa delle spinte ricevute in salita e che costarono il giro a Ezio Cecchi. Ogni modo era l'unico tra i big a poter rappresentare l'Italia al Tour de France (Coppi non si riteneva pronto e Magni non era "gradito" per motivi politici ai francesi) e venne designato capitano. Messa in piedi una "squadra da quattro soldi" come venne definita si apprestò al più grande trionfo della carriera.

Malgrado una squadra considerata modesta, l'astio dei francesi nei confronti degli italiani e l'età (con i suoi 34 anni era più giovane solo del vincitore del Tour del 1937, Roger Lapebie, che finirà terzo), entrerà così nella leggenda grazie al Tour de France - e in particolare la fuga sulle Alpi che gli consentì di vincere la Cannes-Briançon, attraverso il Colle d'Allos il Colle di Vars e il Colle dell'Izoard (dove è ricordato con una stele), recuperando cosi gli oltre venti minuti di svantaggio che lo separavano da Louison Bobet. Il giorno successivo vinse nuovamente nella tappa Briançon-Aix le Bains, di 263 km, attraverso i colli di Lautaret del Galibier e della Croix de fer, conquistando la maglia gialla.

Questa impresa aiutò a distogliere l'attenzione dall'attentato di cui era stato vittima Palmiro Togliatti, allora segretario del PCI, avvenimento che aveva provocato una grande tensione politica e sociale in Italia. Sembra che furono Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti a telefonare allo stesso Bartali per chiedergli caldamente un'impresa epica che potesse rasserenare gli animi.

Purtroppo l'anno si chiuse con il disastroso "Mondiale" di Valkenburg in cui lui e Coppi anziché collaborare rimasero indietro controllandosi a vicenda si ritirarono tra la delusione degli immigrati italiani.


Gli ultimi gloriosi anni (1949-1954)

Nel 1949 giunse secondo nel Giro d'Italia vinto da Coppi ed aiutò il grande Fausto nella vittoria al Tour de France, giungendo egli stesso secondo.

Nel 1950 vinse una terribile Milano-Sanremo sotto il diluvio e fu costretto al ritiro al Tour mentre lui e Magni conducevano la corsa, causa l'aggressione dei tifosi francesi sul Col d'Auspin.

Quarto nei 1951 e nel 1952, corso come "secondo" di Coppi, vinse a 38 anni il suo ultimo grande titolo con il Campionato Italiano.

Nel 1953, dopo aver vinto a 39 anni il Giro della Toscana ebbe un incidente stradale che rischiò di lasciarlo senza la gamba destra per cancrena. Dopo pochi mesi però il toscano rientrò in scena alla Milano-Sanremo. Anche se non colse un grande risultato la folla fu tutta per lui.

A Città di Castello, dove passò diversi mesi da sfollato protetto dalla popolazione, volle concludere la sua attività da professionista, correndo in un circuito creato apposta per l'occasione nel 1954.

Dopo la fine della carriera sportiva

Nel 1959 aveva ingaggiato nella sua squadra Fausto Coppi, allora in declino, con l'obiettivo di rilanciarlo. Coppi aveva invitato il suo ex-rivale e ora team-manager nel famoso viaggio in Alto Volta che avrebbe finito per costare la vita al campione piemontese, ma Bartali rinunciò volendo passare i momenti liberi da gare con la famiglia, composta dalla amatissima moglie Adriana e da tre figli, Andrea, Luigi e Bianca.

Negli anni seguenti il fiorentino ha via via rarefatto la sua presenza nel mondo del grande ciclismo, non esitando però a lanciare strali contro quelli che sarebbero stati i "mali" di questo sport: il doping, la corruzione e gli ingaggi troppo alti. Nel 1991 condusse alcune puntate del TG satirico Striscia la Notizia impiegando una delle sue frasi più celebri "Gli è tutto sbagliato, tutto da riffare!".

Si è spento per cause naturali il 5 maggio del 2000.

Il 25 aprile del 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato alla moglie, la Signora Adriana, la medaglia d'oro al valore civile per aver aiutato e salvato tanti ebrei durante la Seconda guerra mondiale.


Palmarès

3 Giri d'Italia: 1936, 1937 e 1946
2 Tour de France: 1938 e 1948
4 Campionati italiani di ciclismo: 1935, 1937, 1940 e 1952
2 Giro della Svizzera: 1946 e 1947
3 Giro di Lombardia: 1936, 1939 e 1940
4 Milano-Sanremo: 1939, 1940, 1947 e 1950
2 Campionati di Zurigo di ciclismo: 1946 e 1948
5 Giri della Toscana: 1939, 1940, 1948, 1950 e 1953
3 Giri del Piemonte: 1937, 1939 e 1951
2 Giri dell'Emilia: 1952 e 1953
2 Giri della Campania: 1940 e 1945
1 Coppa Bernocchi: 1935
1 Tre Valli Varesine: 1938
1 Giro di Romandia: 1949
1 Giro dei Paesi Baschi: 1935
1 Trofeo Matteotti: 1946.

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Rivalità Coppi-Bartali

La rivalità tra Coppi e Bartali è stata nel secondo dopoguerra uno degli argomenti sportivi più dibattuti d'Italia: una delle più famose rivalità sportive del mondo del ciclismo (insieme a quella tra Alfredo Binda, Learco Guerra e Costante Girardengo prima, e tra Giuseppe Saronni e Francesco Moser poi) e di tutto lo sport italiano,[1] (che a quell'epoca si accendeva anche sui duelli motoristici fra Gilera e Guzzi).

La rivalità, tra due delle prime e più grandi personalità "mitizzate" dello sport italiano, ha riempito per oltre un decennio le cronache sportive e mondane della nazione, contribuendo in modo fondamentale a rendere il ciclismo uno sport di massa al centro dell'attenzione dei mass-media.[2]

All'epoca la rivalità tra i due campioni era vista come una metafora per la suddivisione politica e sociale del paese, diviso tra movimenti di ispirazione laica (impersonati da Coppi) e d'influenza cattolica (che Bartali rappresentava con la sua devozione e i suoi riti della tradizione popolare). Con le prime elezioni della neonata repubblica italiana, Coppi e Bartali divennero i simboli dei due principali partiti politici in lizza, la DC e il Partito Comunista Italiano: Coppi era definito comunista, mentre Bartali era il democristiano. Questa divisione era soprattutto strumentale, e poco aderente alla realtà dei fatti: Coppi e Bartali insieme erano stati ricevuti dal Papa, e avevano invitato più o meno esplicitamente al voto per la DC. Tuttavia, la forte immagine cattolica-democristiana di Bartali necessitava una figura in antitesi che rappresentasse i movimenti socialisti, per cui Coppi venne eletto a simbolo dei partiti di quest'area, che si identificavano anche con la laicità del campione.[3]

Fausto Coppi e Gino Bartali sono stati forse i più importanti ciclisti italiani di sempre, nonché figure di assoluto primo piano nel panorama sportivo mondiale degli anni quaranta e cinquanta. Tra il 1935 e il 1955, i due si diedero battaglia dominando ben otto Giri d'Italia (rispettivamente 5 e 3), conquistando 39 tappe (22 Coppi, 17 Bartali), 4 Tour de France (due a testa), sette Milano-San Remo (4 Bartali, 3 Coppi), più numerose altre competizioni per un totale di 124 vittorie di Ginettaccio Bartali e 122 dell'Airone Coppi.[4]

L'inizio
La rivalità tra i due campioni cominciò nel 1940, anno in cui entrambi correvano per la medesima squadra, la "Cicli Legnano". Bartali era già un campione affermato, mentre Coppi era un semplice gregario, giovane ma assai promettente. Durante una tappa, Bartali fu attardato da una caduta, e i gregari si fermarono ad aiutarlo: Coppi invece, su ordine dei tattici della squadra, proseguì verso il traguardo per mantenere la buona posizione di classifica conquistata sino ad allora. Coppi vinse la tappa, e Bartali si complimentò vivamente, alludendo però al fatto che molti corridori forti in pianura abbandonassero alle prime tappe di montagna. Bartali era noto come un potente scalatore, mentre Coppi era un velocista, per cui la "minaccia" non era del tutto infondata, e voleva suonare oltre che come una rivendicazione di superiorità come un onesto consiglio. Ciò nonostante, forte della migliore posizione di classifica, Coppi divenne la punta della squadra e Bartali quasi assunse il ruolo di gregario per il giovane campione.

La classe di Coppi ebbe modo di manifestarsi nella tappa Firenze-Modena, nella quale il piemontese scatto sull'Abetone sotto il diluvio e conquistò tappa e maglia rosa. D'altra parte, la profezia di Bartali si avverò all'arrivo sulle Alpi, quando Coppi fu preso da crampi da fatica: deciso ad abbandonare il Giro, venne convinto dal veterano Bartali a proseguire. Ginettaccio rinfrescò il compagno con della neve, lo spronò con parole dure e lo costrinse a ricominciare a pedalare. Bartali in seguito definì Coppi acquaiolo, cioè una persona che allungava il vino con acqua, un uomo da poco.

Negli anni successivi Bartali ebbe problemi per via del suo rifiuto di piegarsi agli ordini del regime fascista per diventare un'altra "bandiera" dello sport italiano strumentalizzata dalla politica, arrivando a svolgere attività in favore dei rifugiati e a trasportare documenti per le attività di rifugiati ed oppositori e a venir perseguito per il suo antifascismo. Al contrario, Coppi venne richiamato alle armi e partecipò anche alla Guerra d'Africa come fante della Divisione Ravenna.


Le gare

Nel Giro del 1946 Coppi assestò uno schiaffo morale al suo vecchio maestro: tra Auronzo e Bassano dominò la tappa dolomitica del Falzarego, dando oltre cinque minuti di ritardo all'"arrampicatore" Bartali, che nonostante la batosta (più metaforica che reale, vista la differenza contenuta al traguardo) mantenne la maglia rosa. Da quel momento, Bartali si rese conto di avere in Coppi l'unico vero rivale temibile.

Al mondiale di ciclismo del 1948, disputato a Valkenburg, Bartali e Coppi corsero insieme per la Nazionale, ma il comportamento dei due campioni fu quanto di meno collaborativo si possa immaginare: entrambi temevano che l'avversario emergesse come il migliore. Bartali inoltre era ancora in rotta con la Federazione per la mancata convocazione al Mondiale 1947, per cui a tutti i costi voleva dominare la gara. Per tutta la durata della gara si controllarono a vicenda, comportandosi come se fossero avversari: la corsa si concluse con entrambi i campioni italiani ritirati. Il comportamento fortemente antisportivo venne sanzionato inizialmente dalla Federazione con due mesi di squalifica, poi ridotti ad uno solo.


Il Tour 1952
Durante una tappa del Tour de France 1952, tra Losanna e Alpe d' Huez, Fausto Coppi conduceva la gara in maglia gialla. Durante una durissima salita, il fotografo della Omega Fotocronache Carlo Martini scattò una fotografia sul passo del Galibier in cui si vedeva un passaggio di una borraccia tra i due eterni rivali. La foto divenne rapidamente un simbolo della rivalità sportiva cavalleresca, della sfida tra galantuomini e del fair play che ha caratterizzato negli anni il rapporto tra i due campionissimi, ma la verità sullo scatto è sempre stata in discussione: non è infatti noto chi dei due stesse passando la borraccia al rivale.

Coppi non rivelò mai la verità, alludendo però al fatto di essere stato lui il benefattore, e Bartali, anche dopo la morte del rivale, non diede mai una risposta univoca: affermò a volte di essere stato lui a dare la borraccia, ma spesso in modo ironico e lasciando intendere di non voler rivelare la verità. Tarcisio Vergani, massaggiatore di Bartali, sostenne che la borraccia era di Bartali, che nella foto ha ancora diversi contenitori nei vari portaborracce. È infatti ancora oggi uso comune gettare a terra le borracce vuote per poter prendere quelle date ai punti di rifornimento, e gli spazi sulla bicicletta di Coppi nella foto appaiono vuoti, l'unica borraccia residua è nella mano del ciclista. Anche il ciclista Luigi Malabrocca, storico ciclista maglia nera del Giro e grande amico di Coppi, affermò in un intervista di aver ricevuto dall'amico la confessione che la borraccia era in realtà di Bartali. La foto valse a Martini il Premio Fotocronista Sportivo dell’anno, attribuitogli postumo nel 1988 (Martini è scomparso nel 1968).[5]

L'anno successivo Bartali fu escluso dal campionato del mondo di Lugano, a favore di Coppi: la scelta non fu tanto per merito, quanto per una scelta strategica totalmente errata. La federazione pensava che il tracciato fosse più adatto ai velocisti, e che non ci fosse necessità di uno scalatore (per quanto veloce come Bartali). Al contrario, il tracciato si dimostrò più adatto a corridori completi, che potessero esprimersi anche in salita, e molto probabilmente Bartali avrebbe avuto ottime chance di vittoria. La vicenda stimolò le polemiche tra i sostenitori di uno o dell'altro campione.[6]


La sfida tra cavalieri

La rivalità tra i due campioni fu sempre di altissimo livello ed improntata al più corretto rispetto tra i due contendenti. Nonostante Bartali e Coppi rappresentassero le due diverse anime della società italiana, e nonostante i due avessero convinzioni quasi opposte in ambito politico e religioso, al di fuori delle competizioni furono sempre in buoni rapporti.

Anche dal punto di vista umano, i due ciclisti erano profondamente diversi: Curzio Malaparte scrisse che "c’è sangue nelle vene di Gino, mentre in quelle di Fausto c’è benzina": questa dicotomia rappresentava appieno l'immagine di Bartali, solare e schietto campione contadino, sanguigno e amante di vino e buon cibo, di morale tradizionalista, e Fausto Coppi, personaggio tormentato, secco e atletico, fedele alla dieta e scientifico nella sua preparazione, di idee libertine ma malviste.

La lotta tra i due ciclisti accese le frequenze di Radio Rai sia per le radiocronache della redazione sportiva, che dal 1947 seguì il Giro d'Italia, sia per l'aspetto più mondano, curato nel programma Il Girino Innamorato (poi Il Giringiro): Coppi e Bartali erano ovviamente l'argomento principe.

La rivalità tra i campioni era anche rivalità delle tifoserie: da una parte i tifosi della Bianchi (i ramarri, dal colore verde oliva delle divise della squadra), dall'altra gli aquilotti azzurri della Lazio di Coppi. E come si discuteva della forza dei campioni, si combatteva anche per stabilire chi avesse i gregari migliori: i "bartaliani" Corrieri, Ricci e Salimbeni, o il trio "coppiano" Ronconi, Conte e Pasquini? La sfida si estendeva al mondo tecnico, dove i costruttori tramite le avventure delle competizioni cercavano di emergere in una società che vedeva nella bicicletta un mezzo di trasporto e non solo di intrattenimento: Bianchi e Legnano divennero le due punte di diamante del mondo delle costruzioni ciclistiche.

Sempre per l'aspetto tecnico, l'opinione pubblica si divise sulla scelta del miglior cambio a rapporti: il cambio Campagnolo, brevetto italiano di Tullio Campagnolo del 1940, o il moderno cambio Simplex, francese? Bartali rimase sempre fedele al Campagnolo, meno pratico ma più affidabile, mentre Coppi non disdegnò in diverse occasioni il Simplex, che permetteva di cambiare continuando la pedalata.[7]

Coppi e Bartali avevano in comune un doloroso ricordo: entrambi avevano perso un fratello per il ciclismo. Giulio Bartali era morto ventenne per un incidente contro un'auto durante una corsa, mentre Serse Coppi morì nel 1951 per una caduta durante la volata finale al Giro del Piemonte.


Magni, il terzo uomo

Uno degli inaspettati "beneficiari" della sfida tra Bartali e Coppi fu il ciclista Fiorenzo Magni. Magni era un ciclista di grande capacità, che rimase però in ombra in un periodo dominato dai due titani.

Magni prese l'abitudine di rimanere nei pressi della testa della gara, ma senza mai emergere in modo da apparire pericoloso per i due campionissimi. Quando c'era l'occasione, Magni scattava per vincere la tappa: questo era possibile anche perché non sempre a Bartali e Coppi interessava la vittoria, a volte era preferibile limitarsi ad un buon piazzamento ma senza stancarsi troppo in vista della gara successiva. Anche grazie a questa tattica conquistò tre Giri d'Italia (1948, 1951 e 1955).

Magni nel 1950 fu costretto ad abbandonare il Tour de France su insistenza di Bartali, che dopo essere stato aggredito da alcuni tifosi sul Col d'Auspin spinse al ritiro tutta la squadra italiana. Al momento del ritiro, Magni conduceva la classifica e deteneva la maglia gialla, ma non era nella posizione di contrastare Bartali col rischio di inimicarselo: questo gli avrebbe precluso in futuro l'aiuto di uno dei due campionissimi.[8]


Note [modifica]
1 http://www.enel.it/attivita/novita_eventi/...blica/apertura/
2 http://www.tuttobiciweb.it/main.php?page=a...ca_d&art_id=349
3 http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=11185
4 http://web.tiscalinet.it/bunkerit/bartali/coba.htm
5 http://guide.dada.net/fotografare/interven...03/131268.shtml
6 http://www.tuttobiciweb.it/main.php?page=a...ca_d&art_id=349
7 http://www.giannibertoli.it/s010.htm
8 http://museociclismo.it/articoli/articolo.php?id=35

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La foto più discussa in ambito ciclistico. Chi presto la borraccia a chi?

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documenti presi da wikipedia
 
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