Luigi Pirandello, drammaturgo, scrittore e poeta italiano

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†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 29/1/2008, 12:26




Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano.

Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934.

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Luigi Pirandello- Nobel per la letteratura 1934

« Per il suo coraggio e l'ingegnosa ripresentazione dell'arte drammatica e teatrale »
(Motivazione del Premio Nobel)



Biografia

La famiglia

Pirandello nacque nel 1867 a Càvusu, località che al momento della sua nascita aveva cambiato la sua denominazione originaria in Caos,[1] (località attualmente parte del comune di Porto Empedocle, a quel tempo apparteneva per metà al primo e per metà al comune di Girgenti, oggi Agrigento) da Stefano e Caterina Ricci Gramitto, in una famiglia di agiata condizione borghese dalle tradizioni risorgimentali. Stefano Pirandello aveva partecipato, tra il 1860 e il 1862, alle imprese garibaldine; aveva sposato nel 1863 Caterina, sorella di un suo commilitone, Rocco Ricci Gramitto. Il nonno materno di Luigi, Giovanni Ricci Gramitto, era stato tra gli esponenti di spicco della rivoluzione siciliana del 1848-49 ed escluso dall'amnistia al ritorno del Borbone: fuggito in esilio a Malta vi era morto un anno dopo nel 1850 a soli 46 anni [2]. La famiglia di Pirandello viveva in una situazione economica agiata, grazie al commercio e all'estrazione di zolfo.

« Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos". »
(Luigi Pirandello)


I primi anni

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La casa natale di Pirandello, in località Caos

L'infanzia di Pirandello non fu sempre serena, soffriva d'insonnia, fin da ragazzo, e dormiva abitualmente solo 3 ore per notte [3]. Il giovane Luigi era molto devoto alla Chiesa Cattolica grazie ad una serva di famiglia, che lo avvicinò alle pratiche religiose, ma assieme a queste gli inculcò credenze nella superstizione e negli spiriti. La chiesa e i riti della confessione religiosa gli davano l'idea di misticità che egli cercava, e che continuò a cercare fino alla fine dei suoi giorni. Un fatto lo allontanò dalla pratica religiosa: il sacerdote aveva truccato una lotteria dove in palio c'era un'immagine sacra, facendo vincere Luigi anche se questi sapeva di non poter essere il vincitore. Il fatto lo sconvolse a tal punto che non mise mai più piede in una chiesa. Durante la sua vita le forme della sua religiosità rimasero molto distanti da quelle confessionali.

Dopo un'istruzione elementare impartitagli da maestri privati, andò a studiare in un istituto tecnico e poi al ginnasio. Qui si appassionò subito di letteratura. A soli undici anni scrisse la sua prima opera, "Barbaro", andata perduta.

Per un breve periodo, nel 1886, aiutò il padre nel commercio di zolfo, facendo anche esperienza diretta con il mondo degli operai nelle miniere e sulle banchine del porto mercantile. Lo scrittore iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel 1886, per recarsi in seguito a Roma, dove continuò i suoi studi di filologia romanza che poi dovette completare a Bonn su consiglio del suo maestro Ernesto Monaci e a causa di un insanabile conflitto con il rettore dell'ateneo capitolino [4]. A Bonn, capitale culturale di allora, Pirandello seguì i corsi di filologia romanza ed ebbe l'opportunità di conoscere grandi maestri come Bucheler, Usener e Forster. Si laureò nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina "Voci e sviluppi di suoni nel dialetto di Girgenti" (oppure in tedesco Laute und lautentwickelung der mundart von Girgenti). Il tipo di studi gli fu probabilmente di fondamentale ausilio nella stesura delle sue opere, dato il raro grado di purezza della lingua italiana utilizzata.


Il giovane laureato


Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma, dove poté mantenersi grazie agli assegni mensili inviati dal padre. Qui conobbe Luigi Capuana che lo appoggiò molto e che gli aprì le porte dei salotti letterari, conoscendo giornalisti, scrittori, artisti e critici.

Nel 1894, a Girgenti, Pirandello sposò Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco socio del padre. Questo matrimonio si considera piuttosto pilotato, in quanto veniva incontro anche agli interessi della famiglia. Ma tra i due presto nacque veramente l'amore e la passione. Grazie alla dote della moglie, la coppia godeva di una situazione molto agiata, e si trasferì a Roma. Con la moglie le cose funzionarono notevolmente bene, infatti nel 1895 nacque il primo figlio Stefano, a cui seguirono due anni dopo Rosalia (1897) e nel 1899 Fausto.


Il crollo finanziario

Nel 1903, un allagamento e una frana in una miniera di zolfo del padre, da cui Pirandello e la sua famiglia traevano un notevole capitale (e nella quale era stata investita parte della dote di Antonietta), li ridusse sul lastrico. Questa notizia accrebbe il disagio mentale, già manifestatosi, della moglie di Pirandello, Antonietta. Ella andava sempre più spesso soggetta a crisi isteriche, spesso di gelosia; in preda a queste crisi a volte Antonietta rientrava dai genitori in Sicilia, altre volte era Pirandello a esser costretto a lasciare la casa. Nonostante ciò, egli acconsentì che Antonietta fosse ricoverata in un ospedale psichiatrico solo diversi anni dopo, nel 1919. La malattia della moglie portò lo scrittore ad approfondire lo studio dei meccanismi della mente e della reazione sociale dinnanzi alla menomazione intellettuale, portandolo ad avvicinarsi alle nuove teorie sulla psicanalisi di Sigmund Freud.

Spinto dalle ristrettezze economiche e dallo scarso successo delle sue prime opere letterarie, e avendo come unico impiego fisso la cattedra di stilistica all'Istituto superiore di magistero femminile, lo scrittore dovette impartire lezioni private di italiano e di tedesco, inoltre aumentò notevolmente il suo lavoro letterario. Dal 1909 inizia la collaborazione con il Corriere della Sera.


Il successo


Il suo primo grande successo fu merito del romanzo Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904 e subito tradotto in diverse lingue. La critica non dette subito al romanzo il successo che invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il carattere di novità del romanzo, come d'altronde di altre opere di Pirandello. Perché Pirandello arrivi al successo riconosciuto bisognerà aspettare il 1922, quando si dedicherà totalmente al teatro.


Pirandello e la politica

L'idea politica di fondo di Pirandello era legata al patriottismo risorgimentale. Una sua lettera apparsa nel 1915 sul giornale di Sicilia testimonia gli ideali patriottici della famiglia, proprio nei primi mesi di scoppio della Grande Guerra.

Nella sua vita condivise alcune delle idee dei giovani Fasci siciliani e del socialismo; ne I vecchi e i giovani si nota come l'idea politica di Pirandello era stata oscurata dalla riflessione "umoristica" della vita.

Per Pirandello, i siciliani avevano subito le peggiori ingiustizie dai vari governi italiani: è questa l'unica idea forte che ci presenta.


Rapporti con il Fascismo

Nel 1924 il quotidiano L'Impero pubblica un telegramma inviato da Pirandello a Mussolini:

« Eccellenza, sento che questo è per me il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in silenzio. Se l'E.V. mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista, pregierò come massimo onore tenermi il posto del più utile e obbediente gregario. Con devozione intera »


L'adesione di Pirandello al Fascismo fu alquanto imprevedibile, anche tra i suoi più stretti amici. La motivazione migliore che è stata elaborata per spiegare tale scelta è che il fascismo lo riconduceva a quegli ideali patriottici e risorgimentali di cui Pirandello era convinto sostenitore, anche per le radici garibaldine del padre.

Pirandello vedeva nel Fascismo la prima idea originale post-risorgimentale, che doveva essere la "forma" nuova per l'Italia e come modello per l'Europa.

Un'altra motivazione molto più pragmatica è la fondazione della nuova compagnia teatrale: l'iscrizione al partito serviva per essere sicuro del sostegno governativo e delle sovvenzioni economiche.

Tuttavia la critica fascista non esaltava le opere di Pirandello, anche perché queste non erano in linea con gli ideali fascisti.


Dalla Grande Guerra al Nobel

La guerra fu un'esperienza piuttosto dura per Pirandello; il figlio Stefano venne infatti imprigionato dagli austriaci, e quando fu congedato si portò dietro una brutta ferita e una ugualmente brutta malattia. La guerra avvicinò maggiormente Pirandello a una concezione pessimistica della vita.

Nel 1919 fu obbligato a rinchiudere la moglie in un manicomio.

Dopo la guerra, si immerse in un lavoro frenetico, desideroso di trasmettere a tutti quell'analisi della vita che aveva elaborato attentamente. Nel 1925 fonda la "Compagnia del teatro d'arte" con i due grandissimi ed insuperati interpreti dell'arte pirandelliana: Marta Abba e Ruggero Ruggeri. Con questa compagnia comincia a viaggiare per il mondo, le sue commedie vengono interpretate anche nei teatri di Broadway, i suoi romanzi cominciano anche a diventare film. Nel 1929 gli viene dato il titolo di Accademico di Stato. Nel giro di un decennio arriva ad essere il più grande drammaturgo del mondo, come testimonia il premio Nobel ricevuto nel 1934.


La morte e il testamento


Grande appassionato di cinematografia, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese di un film tratto dal suo "Il fu Mattia Pascal", si ammalò di polmonite. Il suo corpo ormai segnato dal tempo e dagli avvenimenti della sua vita non sopportò oltre, e Pirandello morì lasciando incompiuto un nuovo lavoro teatrale, I giganti della montagna. Le cause mediche della morte di Pirandello sono da addebitarsi alla polmonite, ma il suo fisico era già straziato dopo due attacchi di cuore che dovette sopportare.

Egli scrisse nel testamento le sue ultime volontà sul suo funerale. L'illustre estinto è stato avvolto in un lenzuolo bianco e portato sul carro dei poveri. Per sua volontà il corpo è stato bruciato, per evitare postume consacrazioni cimiteriali e monumentali. Le sue ceneri sparse per il "Caos" (la sua tenuta, nell'omonima contrada).

In questa maniera si pensa che Pirandello si sia ricreduto sul fascismo, poiché avrebbe dovuto avere i funerali di stato, in pompa magna, come prevedeva la cerimonia fascista.


Il pensiero

Pirandello si occupa di questioni teoriche fin da giovane. Si avvicina alle teorie di Binet. Pubblicherà nel 1908 i suoi due saggi Arte e Scienza e L'umorismo. In questi saggi l'esposizione assomiglia ad una parlata, è molto lontano dal consueto discorso filosofico. Le due opere sono espressione di un'unica maturazione artistica ed esistenziale che ha coinvolto lo scrittore siciliano all'inizio del '900 e che vede come centrale proprio la poetica dell'umorismo.


La disgregazione dell'io


L'analisi che Pirandello fa delle persone lo porterà a formulare la teoria della disgregazione dell'io. In un articolo del 1900 la spiegherà come:

« Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgragare e ricomporre in un nuovo aggragamento, così che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell'io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di vero e proprio sdoppiamento dell'io. [...] Talché veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre, costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in atto. »


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Pirandello fotografato negl'anni venti

Il contrasto tra la vita e la forma
In Pirandello troviamo l'interiorità dell'introspezione, cioè l'analisi di tutto quello che una persona consciamente o inconsciamente fa. Da questa analisi tirerà fuori il contrasto tra la vita e la forma. La vita è un flusso continuo che per un destino burlone è stato chiusa dentro una forma. Le forme sono i concetti e gli ideali che ogni persona crea per cercare di fermare questo flusso; ma troppo spesso questo flusso fa crollare tutte le barriere che abbiamo creato per arrestarlo. Un momento in cui capiamo che siamo chiusi dentro una forma, è quando ci guardiamo allo specchio.


Il relativismo psicologico

Dal contrasto tra la vita e la forma nasce il relativismo psicologico che si esprime in due sensi:


Orizzontale
Il rapporto che una persona ha con gli altri.

In questo concetto gli uomini nascono liberi ma il Caso li ha chiusi dentro una forma: questo vuol dire che si nasce in una società precostituita dove ad ogni individuo viene assegnata una parte, questi si comporterà con degli schemi precostituiti dalla società.

Il ruolo e le regole che la società ci impone noi siamo obbligati a seguirli, anche se il nostro io vorrebbe avere un ruolo diverso: potrebbe allora accadere che il Caso voglia che ci liberiamo dalla forma, per entrare in un'altra forma. Se si volesse tornare nella forma precedente, non si può ed il motivo è che il tempo è trascorso.

Un esempio per spiegare il relativismo psicologico di Pirandello è quello di un ragazzo nato in una famiglia di avvocati, che prosegue il mestiere di famiglia laureandosi in legge. Inizia il mestiere di avvocato con tutta le serietà, il rispetto di un certo modo di vivere che comporta tale posizione sociale: ciò lo rinchiude inevitabilmente nella "forma" dell'avvocato. Può accadere che, ad un certo punto, si accorge di non amare il suo mestiere, licenziandosi, intraprendendo il lavoro di maestro d'orchestra che è ciò che sognava da bambino. In questo modo egli esce dalla forma dell'avvocato per entrare in quella del direttore d'orchestra.

Il relativismo orizzontale viene raccontato nel romanzo: Il fu Mattia Pascal.


Verticale
Il rapporto che una persona ha con sé stesso.

In questo concetto è impossibile uscire dalla forma, l'uomo non può capire né gli altri né tanto meno sé stesso poiché consapevole di non avere una propria personalità precisa e delineata. La forma in cui vive è come una maschera in cui dietro si agitano una moltitudine di personalità diverse che l'uomo non conosce.

Il romanzo chiave è Uno, nessuno e centomila:

Uno: perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari;
Centomila perché l'uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano;
Nessuno perché, paradossalmente, se l'uomo ha 100.000 personalità invero non ne possiede nessuna, nel continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero "io".

La reazione al relativismo

Reazione passiva


L’uomo accetta la maschera, che lui stesso ha messo o con cui gli altri tendono a identificarlo. Ha provato sommessamente a mostrarsi per quello che lui crede di essere ma, incapace di ribellarsi o deluso dopo l’esperienza di vedersi attribuita una nuova maschera, si rassegna. Vive nell’infelicità, con la coscienza della frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che gli altri gli fanno vivere per come essi lo vedono. Accetta alla fine passivamente il ruolo da recitare che gli si attribuisce sulla scena dell'esistenza. Questa è la reazione tipica delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo Il fu Mattia Pascal.


Reazione ironico – umoristica

Il soggetto non si rassegna alla sua maschera però accetta il suo ruolo con un atteggiamento ironico, aggressivo o umoristico. Ne fanno esempio varie opere di Pirandello come: Pensaci Giacomino, Il gioco delle parti e La patente. Il personaggio principale di quest'ultima opera, Rosario Chiàrchiaro, è un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente la nomea di iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro. Il presunto iettatore non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito ma comunque se ne serve. Va dal giudice e, poiché tutti sono convinti che sia un menagramo, pretende la patente di iettatore autorizzato. In questo modo avrà un nuovo lavoro: chi vuole evitare le disgrazie che promanano da lui dovrà pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma almeno se ne ricava un vantaggio.


Reazione drammatica

L’uomo vuole togliersi la maschera che gli è stata imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela ed allora se è così che lo vuole il mondo, egli allora sarà quello gli altri credono di vedere in lui e non si fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino alle ultime e drammatiche conseguenze. Si chiuderà in una solitudine disperata che lo porta al dramma, alla pazzia o al suicidio come accade ad esempio per i personaggi dei drammi teatrali di Uno, nessuno e centomila, Enrico IV e dei Sei personaggi in cerca d'autore.


L'umorismo

L'umorismo viene meglio definito come "il sentimento del contrario" in quanto ogni singolo uomo che gode di questo sentimento, stimola in se stesso una sorta di "specchio riflesso" quindi un immagine distorta, e dà agli altri un'immagine inversa di quella che dovrebbe essere normalmente. Per Pirandello l'umorismo nasce dalla riflessione. Le più importanti riflessioni di Luigi Pirandello sul tema sono esposte nel saggio "L'umorismo":

« Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di qual orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere.
"Avverto" che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa espressione comica. Il comico è appunto un "avvertimento del contrario".

Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente, s'inganna che, parata così, nascondendo le rughe e le canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico. »


Luigi Pirandello nelle sue riflessioni spiega che un comico fa ridere proprio perché all'apparenza mostra al pubblico il contrario di quello che dovrebbe essere mentre l'umorista invece spinge a riflettere sul motivo del contrario, passando così da un sentimento di avversione, che faceva ridere il pubblico, ad un sentimento quasi di compassione e non più una risata divertita, ma un sorriso di comprensione.

« non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere adesso ci farà tutt'al più sorridere. »
(Luigi Pirandello)

La riflessione di Pirandello sul tema della follia appare memorabilmente in molte opere, come l’Enrico IV o come Il berretto a sonagli, nel quale inserisce addirittura una ricetta per la pazzia: dire sempre la verità, la nuda e cruda e tagliente verità, infischiandosene dei riguardi e delle maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali, porterà presto all'isolamento e, agli occhi degli altri, alla pazzia.


Teatro

Pirandello divenne famoso proprio grazie al teatro. Dalla critica viene definito come uno dei grandi drammaturghi del XX secolo. Scriverà moltissime opere, alcune della quali rielaborazioni delle sue stesse novelle, che vengono divise in base alla fase di maturazione dell'autore:

Prima fase - Teatro Siciliano
Seconda fase - Il teatro umoristico (o dello specchio)
Terza fase - Il teatro nel teatro
Il teatro dei miti
Generalmente si attribuisce l'interesse di Pirandello al teatro nella maturità dei suoi anni, ma alcuni precedenti mostrano come tale convinzione necessiti di una rivalutazione: in gioventù, infatti, Pirandello compose alcuni lavori teatrali andati purtroppo perduti poiché da lui stesso bruciati (tra gli altri, il copione del perduto Gli uccelli dell'alto). In una lettera del 4 dicembre 1887, indirizzata alla famiglia, si legge:

« Oh, il teatro drammatico! Io lo conquisterò. Io non posso penetrarvi senza provare una viva emozione, senza provare una sensazione strana, un eccitamento del sangue per tutte le vene. Quell'aria pesante chi vi si respira, m'ubriaca: e sempre a metà della rappresentazione io mi sento preso dalla febbre, e brucio. È la vecchia passione chi mi vi trascina, e non vi entro mai solo, ma sempre accompagnato dai fantasmi della mia mente, persone che si agitano in un centro d'azione, non ancora fermato, uomini e donne da dramma e da commedia, viventi nel mio cervello, e che vorrebbero d'un subito saltare sul palcoscenico. Spesso mi accade di non vedere e di non ascoltare quello che veramente si rappresenta, ma di vedere e ascoltare le scene che sono nella mia mente: è una strana allucinazione che svanisce ad ogni scoppio di applausi, e che potrebbe farmi ammattire dietro uno scoppio di fischi! »
(Luigi Pirandello, da una lettera ai familiari del 4 dicembre 1887 [5])

È in questa dimensione che si parla di "teatro mentale" [6]: lo spettacolo non è subito passivamente ma serve come pretesto per dar voce ai "fantasmi" che popolano la mente dell'autore (nella prefazione ai Sei personaggi in cerca d'autore Pirandello chiarirà di come la Fantasia prenda possesso della sua mente per presentargli personaggi che vogliono vivere, senza che lui li cerchi).

In un'altra missiva, spedita da Roma e datata 7 gennaio 1888, Pirandello sostiene che la scena italiana gli appare decadente:

« Vado spesso in teatro, e mi diverto e me la rido in veder la scena italiana caduta tanto in basso, e fatta sgualdrinella isterica e noiosa »
(Luigi Pirandello, da una lettera ai familiari del 7 gennaio 1888 [7])

La delusione per non essere riuscito a far rappresentare i primi lavori lo distoglie inizialmente dal teatro, facendolo concentrare sulla produzione novellistica e romanziera.

Nel 1907 pubblica l'importante saggio Illustratori, attori, traduttori dove esprime le sue idee, ancora negative, sull'esecuzione del lavoro dell'attore nel lavoro teatrale: questi è infatti visto come un mero traduttore dell'idea drammaturgica dell'autore, il quale trova dunque un filtro al messaggio che intende comunicare al pubblico. Il teatro viene poi definito da Pirandello come un'arte "impossibile", perché "patisce le condizioni del suo specifico anfibio" [8]: un tradimento della scrittura teatrale, che ha di contro "il cattivo regime dei mezzi rappresentativi, appartenenti alla dimensione adultera dell'eco" [9].

È in questo momento che Pirandello si distacca dalla lezione positivista e, presa diretta coscienza dell'impossibilità della rappresentazione scenica del "vero" oggettivo, ricerca nella produzione drammaturgica di scavare l'essenza delle cose per scoprire una verità altra (come poi spiegò nel saggio L'Umorismo con il sentimento del contrario).


Prima Fase - Teatro Siciliano

Nella fase del Teatro Siciliano Pirandello è alle prime armi e ha ancora molto da imparare. Anch’essa come le altre presenta varie caratteristiche di rilievo e in questo caso abbiamo il fatto che esso è scritto tutto, interamente in dialetto Siciliano perché considerato dall’autore più vivo dell’italiano ed esprime di più l’aderenza alla realtà.

- Lumìe di Sicilia, Roma, Teatro Metastasio, 9 dicembre 1910;
- Il dovere del medico, Roma, Sala Umberto, 20 giugno 1913;
- Se non è così, Milano, Teatro Manzoni, 19 Aprile 1915;
- Cecè, Roma, Teatro Orfeo, 14 Dicembre 1915;
- Pensaci, Giacomino, Roma, Teatro Nazionale, 10 Luglio 1916;
- Liolà, Roma, Teatro Argentina, 4 Novembre 1916;

Seconda fase - Il teatro umoristico

Mano a mano che l’autore si distacca dal verismo e si avvicina al decadentismo si ha l’inizio della seconda fase con il teatro umoristico con numerosi paradossi, infatti Pirandello presenta personaggi che spezzano le certezze del mondo borghese introducendo la versione relativistica della realtà in cui lui vorrebbe trovare la dimensione autentica della vita al di la della maschera. Lo scopo del drammaturgo è quello di Denudare Le Maschere.

Lui stesso definirà il suo teatro “Teatro dello specchio” perché rappresenta la vita nuda con le sue realtà, dove si ci riflette con una maschera che nasconde l’ipocrisia e tutti gli aspetti delle persone.
-
Così è (se vi pare)
, Milano, Teatro Olimpia, 18 Giugno 1916;
- Il berretto a sonagli, Roma, Teatro Nazionale, 27 giugno 1917;
- La giara, Roma, Teatro Nazionale, 9 luglio 1917;
- Il piacere dell'onestà, Torino, Teatro Carignano, 27 novembre 1917;
- Ma non è una cosa seria, Livorno, Teatro Rossini, 22 novembre 1918;
- Il giuoco delle parti, Roma, Teatro Quirino, 6 dicembre 1918;
- L'innesto, Milano, Teatro Manzoni, 29 gennaio 1919;
- L'uomo, la bestia e la virtù, Milano, Teatro Olimpia, 2 Maggio 1919;
- Tutto per bene, Roma, Teatro Quirino, 2 marzo 1920;
- Come prima, meglio di prima, Venezia, Teatro Goldoni, 24 Marzo 1920;
- La signora Morli, una e due, Roma, Teatro Argentina, 12 Novembre 1920;

Terza fase - Il teatro nel teatro

Nella fase del teatro nel teatro le cose cambiano radicalmente, per Pirandello il teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie, a tal scopo ripristinerà una tecnica teatrale di Shakespeare, il palcoscenico multiplo, in cui vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in varie stanze contemporaneamente; inoltre nel teatro nel teatro si vede il mondo trasformarsi sul palco scenico.

Pirandello abolisce anche il concetto della quarta parete, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico: in questa fase, infatti, Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che rispecchia la propria vita in quella agita degli attori sulla scena.

- Sei personaggi in cerca d'autore, Roma, Teatro Valle, 10 maggio 1920;
- Enrico IV, Milano, Teatro Manzoni, 24 febbraio 1922;
- All'uscita, Roma, Teatro Argentina, 29 settembre 1922;
- L'imbecille, Roma, Teatro Quirino, 10 Ottobre 1922;
- Vestire gli ignudi, Roma, Teatro Quirino, 14 Novembre 1922;
- L'uomo dal fiore in bocca, Roma, Teatro degli Indipendenti, 21 febbraio 1923;
- La vita che ti diedi, Roma, Teatro Quirino, 12 Ottobre 1923;
- L'altro figlio, Roma, Teatro Nazionale, 23 Novembre 1923;
- Ciascuno a suo modo, Milano, Teatro dei Filodrammatici, 22 Maggio 1924;
- Sagra del signore della nave, Roma, Teatro Odescalchi, 4 Aprile 1925;
- Diana e la tuda, Milano, Teatro Eden, 14 gennaio 1927;
- L'amica delle mogli, Roma, Teatro Argentina, 28 Aprile 1927;
- Bellavita, Milano, Teatro Eden, 27 Maggio 1927;
- O di uno o di nessuno, Torino, Teatro di Torino, 4 Novembre 1929;
- Come tu mi vuoi, Milano, Teatro dei Filodrammatici; 18 Febbraio 1930;
- Questa sera si recita a soggetto, Torino, Teatro di Torino, 14 Aprile 1930;
- Trovarsi, Napoli, Teatro dei Fiorentini, 4 Novembre 1932;
Quando si è qualcuno, Sanremo, Teatro del Casino, 7 Novembre 1933;
- La favola del figlio cambiato, Roma, Teatro Reale dell'Opera, 24 marzo 1934;
- Non si sa come, Roma, Teatro Argentina, 13 Dicembre 1935;
- Sogno, ma forse no, Lisbona, Teatro Nacional, 22 settembre 1931.

Il teatro dei miti

Solo tre opere della produzione pirandelliana si considerano dei miti.

La nuova colonia
Lazzaro
I giganti della montagna


Romanzi

Pirandello scriverà solamente sette romanzi nella sua vita.

L'esclusa - 1901
Il turno - 1902
Il fu Mattia Pascal - 1904
Suo marito - 1911
Quaderni di Serafino Gubbio operatore - 1925 (1916, prima versione)
I vecchi e i giovani - 1913
Uno, nessuno e centomila - 1925

Novelle

Le novelle erano considerate le opere più durature, ma i critici moderni hanno cambiato tale opinione riferendosi alle opere teatrali. Fare distinzione tra le novelle (o i romanzi) e le opere teatrali è difficile, in quanto molte novelle sono state messe in opera a teatro:

Ciascuno a suo modo deriva da Si gira...;
Liolà deriva da un capitolo de Il fu Mattia Pascal;
La nuova colonia viene già presentata in Suo marito.

Analizzando le novelle possiamo renderci conto che ciò che manca veramente è una delineazione tematica, una cornice, infatti sono presenti un crogiolo di personaggi ed eventi.

Il tempo in cui le novelle sono ambientate non è definito, infatti alcune sono nell'epoca umbertina, poi giolittiana e del dopo-giolitti; cose diversa dalle novelle così dette siciliane, nelle quali il tempo non è fissato, ma è un tempo antico, di una società che non vuole cambiare e che è rimasta ferma.

I paesaggi delle novelle sono vari; per quelle dette siciliane si ha spesso il tipico paesaggio rurale [10], anche se in alcune troviamo il pieno contrasto tra il contrasto tra le generazioni dovuto all'unità d'Italia. Altro ambiente delle novelle pirandelliane è la Roma umbertina o Giolittiana.

I personaggi sono sempre alla presa con il male di vivere, con il caso e con la morte. Non troviamo mai grandi personaggi della borghesia, ma troviamo quelli che possono essere della porta accanto, cioè sarte, balie, professori, piccoli proprietari di negozi. Il destino di costoro è brutalizzato dalla sorte e dalla famiglia. I personaggi ci vengono presentati così come appaiono, è difficile che troviamo un'analisi psicologica. Le fisionomie sono spesso eccentriche, per il sentimento del contrario, hanno un carattere opposto di come si presentano. I personaggi parlano e ragionano, ma li troviamo sempre preda del caso, che li fa cambiare.

Pirandello è uno dei più grandi scrittori di novelle. Per tutta la sua vita proverà a completare "novelle per un anno", il suo intento era quello di scrivere 365 novelle, una per ogni giorno dell'anno. Arriverà a 241 nel 1922, solo postume ne usciranno ancora 15.

Novelle per un anno, edizione definitiva del 1922

Poesia

Pirandello compose poesie per circa un trentennio, dal 1883 al 1912. Le sue opere liriche non si lasciano inserire in nessun movimento letterario a lui contemporaneo, ma presentano moduli espressivi e forme metriche tradizionali.

La prima raccolta Mal Giocondo (1889), che Pirandello aveva iniziato a scrivere a sedici anni, esprime lo scontro tra l'armonia classica e il presente illusorio e dissoluto. Le altre raccolte sono: Pasqua di Gea (1891) dedicata a Jenny Schulz-Lander, di cui si innamorò a Bonn, che mostra rimandi alla poesia di Carducci; le Elegie Renane (1895) modellate sull'influenza delle Elegie Romane di Goethe e la Zampogna (1901), in cui l'autore è più vicino alla poetica di Pascoli. Con l'ultima raccolta Fuori di chiave affiorano i temi umoristici e di pluralità dell'io. Scrisse "Uno, nessuno, centomila", romanzo che evidenziava come all'epoca l'uomo si confondeva facilmente con la massa, dimenticando come era in realtà, ovvero dimenticando se stesso.

Pirandello al cinema

Come tu mi vuoi (As You Desire Me) 1932, di George Fitzmaurice con Greta Garbo
Acciaio (1933) di Walter Ruttmann, soggetto originale di Luigi Pirandello
Questa è la vita (1954) di Giorgio Pastina, Aldo Fabrizi - l'episodio terzo è tratto dalla novella La Patente
Enrico IV (1984) di Bellocchio
Kaos (1984) dei fratelli Taviani. Adattamento di Novelle per un anno
Le due vite di Mattia Pascal (1985) di Monicelli
Tu ridi (1998) dei fratelli Taviani. Adattamento di Novelle per un anno
La balia (1999) di Bellocchio
Liolà (2005) di Gabriele Lavia
Il viaggio di Vittorio De Sica
Il fu Mattia Pascal (Feu Mathias Pascal) di Marcel L'Herbier, 1926.

Note


1 Nell'imminenza del parto che doveva avvenire a Porto Empedocle, per un epidemia di colera che stava colpendo la Sicilia, il padre Stefano aveva deciso di trasferire la famiglia in una isolata tenuta di campagna per evitare il contatto con la pestilenza. Porto Empedocle, prima di chiamarsi così, era una borgata (Borgata Molo) di Girgenti (Agrigento). Quando nel 1853 si decise che la borgata divenisse comune autonomo «La linea di confine fra i due comuni venne fissata all'altezza della foce di un fiume essiccato che tagliava in due la contrada chiamata "u Càvuso" o "u Càusu" (pantaloni)...Questo Càvuso apparteneva metà al nuovo comune di Porto Empedocle e l'altra metà al Comune di Girgenti...A qualche impiegato dell'ufficio anagrafe parse che non era cosa [che si scrivesse che qualcuno fosse nato in un paio di pantaloni] e cangiò quel volgare "Càusu" in "Caos"» (in Andrea Camilleri. Biografia del figlio cambiato, Milano 2000 pagg.15, 16)
2 Luigi Pirandello, Lettere giovanili da Palermo e da Roma 1886-1889, Bulzoni, Roma, 1993, nell'introduzione Il risorgimento familiare di Luigi Pirandello.
3 Come confesserà nel 1935, da bambino credeva di potersi fare intendere da chiunque, cosa che non avvenne, ma che gli diede lo stimolo per affinare le sue capacità espressive e lo studiare gli altri. Da piccolo gli veniva difficile comunicare con sua madre e impossibile con il padre.
4 Pirandello difese pubblicamente durante una lezione un suo compagno rimproverato ingiustamente dal rettore.
5 Elio Providenti (a cura di), Luigi Pirandello. Epistolario familiare giovanile (1886 - 1898), Quaderni della Nuova Antologia XXIV, Le Monnier, Firenze, 1985 pag. 25.
6 Roberto Alonge, Pirandello, Laterza, Bari, 1997, pag. 7.
7 Elio Providenti (a cura di), Luigi Pirandello. Epistolario familiare giovanile (1886 - 1898), Quaderni della Nuova Antologia XXIV, Le Monnier, Firenze, 1985, pag. 26.
8 Umberto Artioli, L'officina segreta di Pirandello, Laterza, Roma - Bari, 1989, pag. 126.
9 Umberto Artioli, L'officina segreta di Pirandello, Laterza, Roma - Bari 1989, pag. 126.
10 Legato a ricordi della fanciullezza di Pirandello.

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documenti presi da wikipedia
 
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