Sessantoto: Cronache di un anno che ha fatto storia, ... non per niente sono nata io... (vabbè, scherzo su su!! :D)

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view post Posted on 26/2/2008, 20:44
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ROMA - Lungo tutto l'anno, l'ANSA trasmetterà una serie di servizi sul 40/mo anniversario del '68, tutti contraddistinti nel titolo dalla chiave '68: una striscia di notizie per ricordare l'evolvere degli avvenimenti in Italia e all'estero, in tutti i campi, accompagnando le cronache allora trasmesse dall'Agenzia con servizi, interviste, approfondimenti stimolati dall'evento del giorno. Il desiderio è di offrire una sorta di 'com'era, com'è' di una storia ancora recente, che molti hanno vissuto, tutti ricordano, alcuni mitizzano e alcuni rinnegano. La lettura delle notizie 'd'epoca' mostrerà come, talora, i cronisti del Sessantotto non erano consci dell'impatto che gli eventi che stavano raccontando avrebbero avuto e del loro significato: accade anche oggi, stando dentro la cronaca del giorno per giorno.

Il '68 non è solo l'anno delle rivolte studentesche, che, dagli Stati Uniti, dilagano in Europa, in Francia, in Germania, in Italia, altrove; ma è anche quello del terremoto del Belice; dell'offensiva del tet in Vietnam; degli assassini in America di Martin Luther King e di Bob Kennedy; della Primavera di Praga e dell'invasione della Cecoslovacchia condotta dal Patto di Varsavia; della vittoria dell'Italia di Riva e di Anastasi agli Europei di calcio; dell'enciclica Humanae Vitae di papa Paolo VI; della strage della Piazza delle tre culture e dei pugni chiusi guantati di nero dei velocisti di colore Usa alle Olimpiadi del Messico; dell'elezione di Richard Nixon alla presidenza degli Stati Uniti; dei braccianti uccisi ad Avola.

Il '68 è questo e moltissimi altri eventi che hanno comunque segnato la vita di tutti noi, chi c'era già e chi sarebbe arrivato solo dopo, in un mondo profondamente cambiato. Non a caso, come il Quarantotto del XIX Secolo, il Sessantotto è l'unico anno del XX Secolo a essere divenuto un nome proprio.


'68, Cronologia di un anno "difficile"
Cronologia del 1968:

Gennaio
14/15 - Sicilia: terremoto del Belice. Trecento le vittime.
15 - Roma: manifestazione di studenti della Cattolica in piazza
San Pietro.
18/19 - Brema (Germania): gravi scontri tra studenti e polizia.
Un morto e molti feriti.
25 - Firenze, Siena, Livorno e Pisa: occupazioni ovunque.
26 - Milano: primo sciopero dei ''medi", occupato il Berchet.
30 - Firenze: polizia carica gli studenti. Dimissioni rettore.
30 - Vietnam: Offensiva del Tet di nordvietnamiti e vietcong.
Febbraio
2 - Roma: occupate Lettere e Architettura.
8 - Francia: prima "barricata" al Quartiere latino di Parigi.
28 - Milano: alla Statale occupate Lettere, Legge e Scienze.
Sono decine in tutta Italia, le università occupate.
Marzo
1 - Roma: a Valle Giulia scontri tra studenti romani e polizia.
8 - Polonia: rivolta studentesca.
16 - Roma: gruppi di fascisti assaltano Lettere. Respinti a
Legge lanciano mobili sugli studenti. Ferito Oreste Scalzone.
16 - Vietnam: massacro di My Lai
22 - Francia: occupata l'università di Nanterre. Nasce il
"movimento 22 marzo" di Cohn-Bendit.
25 - Milano: "Battaglia di Largo Gemelli" alla Cattolica con
scontri violenti tra studenti e polizia.
27 - Urss: l'astronauta Iuri Gagarin muore in un incidente.
30 - Usa: il presidente Johnson annuncia la sospensione dei
bombardamenti sul Nord Vietnam.
Aprile
4 - Usa: a Memphis (Tennessee) è ucciso Martin Luther King.
6 - Torino: molti studenti ai picchetti degli operai della Fiat
in sciopero.
19 - Valdagno (Vi): operai abbattono statua del conte Marzotto.
11 - Germania: a Berlino il leader studentesco Rudy Dutschke è
ferito a colpi di pistola da un imbianchino neonazista.
29-30 - Usa: bloccate le lezioni in molte università. In
sciopero contro il razzismo e la guerra 2 milioni di studenti.
Maggio
3 - Francia: a Parigi comincia il Maggio francese.
6 - Francia: a Parigi gli studenti che tentano di occupare la
Sorbona si scontrano con la polizia.
10 - Francia: "Notte delle barricate" al Quartiere latino.
13 - Francia: lo sciopero generale blocca la Francia. A Parigi
manifestano in 800.000. Gli studenti rioccupano la Sorbona.
14-16 - Francia: scioperi spontanei nelle fabbriche. A Parigi
occupati il teatro Odeon e l' Accademia di Francia.
18 - Usa: a Berkeley in migliaia solidarizzano con gli studenti
che hanno rifiutato di partire per il Vietnam.
19 - Francia: lo sciopero coinvolge 2 milioni di francesi. Si
blocca quasi tutto. Interrotto anche il Festival di Cannes.
19 - Italia: elezioni politiche: crollo (-5,4%) del Psu (Psi e
Psdi insieme), crescono Dc e Pci, 4,5% al Psiup.
24 - Francia: gli studenti si scontrano con la polizia nelle
principali città. A Parigi un morto tra i manifestanti.
30 - Francia: De Gaulle scioglie le Camere. A Parigi sfilano
600.000 persone della "maggioranza silenziosa".
30 - Milano: un centinaio di artisti occupa la triennale.
Giugno
3 - Roma: la polizia sgombera l'Università.
5 - Usa: a Los Angeles (California) è ucciso Bob Kennedy.
7 - Milano: gli studenti assediano il Corriere della Sera. Il
sit-in si trasforma in un duro scontro con la polizia.
10 - Roma: l'Italia vince il campionato europeo di calcio.
16 - Francia: a Parigi la polizia sgombera la Sorbona.
20 - Venezia: molti artisti ritirano le opere della Biennale per
protesta contro le cariche di polizia a San Marco.
23 - Francia: i gollisti stravincono le elezioni anticipate.
Luglio
14 - Roma: Aldo Braibanti condannato per plagio.
29 - Città del Vaticano: enciclica "Humanae vitae".
Agosto
13 - Grecia: Panagulis fallisce un attentato contro Papadopulos.
20 - Cecoslovacchia: ingresso delle le truppe del Patto di
Varsavia per stroncare la "primavera di Praga" di Dubcek.
28 - Venezia: Zavattini, Pasolini, Pontecorvo guidano la
contestazione dei registi alla mostra del cinema.
Settembre
7 - Portogallo: il dittatore Salazar lascia. Potere a Caetano.
14 - Parma: Duomo occupato da cattolici del dissenso. In nottata
sgombero della polizia.
23 - San Giovanni Rotondo (Fg): Muore padre Pio.
Ottobre
3 - Messico: nella capitale, a Piazza delle tre culture, la
polizia spara sugli studenti. Moltissimi i morti.
17 - Messico: alle Olimpiadi, clamorosa protesta degli atleti
neri Usa Smith e Carlos, sul podio con il pugno chiuso nero.
18 - Roma: si espande il movimento dei "medi".
Novembre
6 - Richard Nixon eletto presidente degli Stati Uniti.
Dicembre
2 - Avola (Sr): la polizia spara sui braccianti. 2 morti.
4 - Firenze: la Curia rimuove Don Mazzi, parroco dell'Isolotto.
7 - Milano: gli studenti contestano la prima della Scala.
19 - Roma: l'adulterio della donna non è più reato.
24 - Usa: l'Apollo 8 intorno alla Luna.
31 - Marina di Pietrasanta (Lu): contestato il Capodanno alla
Bussola, famoso locale della Versilia. Soriano Ceccanti, ferito
da un colpo di pistola, resta paralizzato.

Edited by LinfaCalda - 26/2/2008, 21:01
 
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LinfaCalda
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'68: il look del rivoluzionario, la moda e le invenzioni
di Patrizia Vacalebri)


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ROMA - Criticato, mitizzato, revisionato che sia, il '68 rimane l'anno simbolo della rivoluzione culturale in Europa, le cui conseguenze sono visibili, anche dopo quarant'anni, nel cambiamento dei costumi e del look degli italiani. Minigonne, trasparenze, ombelichi scoperti, giacca e jeans, il colore nel vestiario maschile, la moda unisex, l'idea del monogramma come logo (Valentino), sono stati inventati e consacrati dal '68. I costumi degli italiani ne hanno beneficiato: se oggi gli uomini portano i capelli lunghi ma non vengono appellati come 'capellonì, e nessuno li annega con gli idranti nei cortei, se si va a scuola o a lavorare in jeans senza cravatta, se anche i politici vanno in Parlamento 'scravattati', se la minigonna furoreggia anche addosso alle 60enni, se il reggiseno non è più obbligatorio, se il corso di yoga azzera lo stress da capoufficio, se i nostri figli ci chiedono il piercing, se girano ancora magliette con scritte come 'Peace & Love', se il poncho peruviano torna sulle passerelle come la borsa di Tolfa, i jeans stracciati, e le t-shirt con le stampe psichedeliche, lo dobbiamo al '68. Una qualsiasi foto in bianco e nero che riporta all'alba del '68, puo' rievocare musiche (non i Beatles e Dalida ma i ritmi degli Intillimani), profumi (paciuli) e abiti. A questo proposito, la divisa del perfetto sessantottino era: eskimo, jeans e maglione, sciarpa e scarponcini Clarks per il compagno; eskimo, minigonna, oppure pantaloni e giacca, per la compagna; borsa di Tolfa per entrambi. La ribellione, la ricerca della libertà attraverso il disprezzo delle gerarchie era la loro arma. E il mezzo più facile per ribellarsi fu proprio quello di rifiutare l'abbigliamento 'borghese': mettendo il maglione colorato al posto di giacca e cravatta, facendosi allungare i capelli; accorciando le gonne, arrotolandole in vita nell'ascensore di casa, o portando pantaloni e capelli corti; diventando più magre e androgine. Per quanto riguarda la moda tout court, gli anni Sessanta vedono nascere il pret a porter, che affianca ai celebri couturier, la nuova figura professionale dello stilista. Dal punto di vista dello stile la moda femminile, gli anni '60 furono caratterizzati dalla linea a trapezio, presentata gia' nel '58 da Yves Saint Laurent, allora direttore artistico di Dior: vestiti a forma di sacco che ignoravano il punto vita e cappotti stretti in alto, svasati in basso, corti al ginocchio. Gli abiti erano realizzati in tessuti rigidi, sintetici, stampati a motivi grafici (spesso a disegni optical), o in fantasie floreali multicolore. La minigonna, comparsa nel 1965 per mano di Mary Quant, (ma per molti il suo inventore fu Courreges), imperava e creava sdegno. Coco Chanel diceva che il ginocchio era la parte meno attraente della donna, pertanto, da tenere nascosta. Ma la mini diventava sempre piu' estrema, fino a coprire a malapena gli slip. Al suo successo contribuì il lancio della calzamaglia senza cuciture. Nel '68, Saint Laurent lancio' il nude-look: un abito da sera lungo, in mussola nera trasparente, con piume di struzzo sui fianchi e metà cosce e un serpente d'oro come cintura. Sempre nel '68, il couturier francese lancio' la giacca sahariana. Nella primavera-estate del '68, Valentino introdusse l'uso del logo come elemento decorativo di una sfilata, che passerà alla storia come la collezione bianca, la stessa a cui apparteneva l'abito da sposa di Jaqueline Kennedy, che nell'ottobre del '68 si uni' all'armatore greco Aristotele Onassis
 
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'68, anno formidabile al cinema, da Kubrick a Sordi
(di Francesco Norci).


Quarant'anni fa, il 9 febbraio 1968, usciva in Italia "Gangster Story" di Arthur Penn, il primo di una lunga serie di film che in quel 'formidabile' anno rispecchiarono le ideologie eversive e rivoluzionarie, le istanze di libertà e la voglia di cambiamento che stavano scuotendo il mondo. "Gangster Story" raccontava le imprese dei fuorilegge Bonnie e Clyde, il loro ribellismo anarchico contro l'ordine costituto e metteva in scena lo stesso orrore del sangue e del dolore fisico che le televisioni in quei giorni proponevano attraverso le immagini della guerra del Vietnam.

Il pubblico non poteva non simpatizzare per i due protagonisti e l'abbigliamento di Faye Dunaway-Bonnie (basco, sciarpa, cappotto stretto in vita) dettò legge tra le giovani generazioni. Tra i 285 film che nel '68 uscirono nei cinema italiani ancora infestati dal fumo delle sigarette ci furono capolavori assoluti come ''2001 Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick, capolavori di comicità come "Hollywood Party", e capolavori dell' horror come "Rosemary's Baby" di Roman Polansky e "La notte dei morti viventi" di George A.Romero, che era anche un lucido apologo rivoluzionario. Dalla Francia arrivavano il delicato "Baci rubati" di Francois Truffaut, girato in quella Parigi che poco dopo avrebbe conosciuto cortei e barricate, ma anche "Weekend" di Jean Luc Godard, vero e proprio manifesto contro la società dei consumi tanto odiata dai sessantottini. Il nuovo cinema tedesco raggiungeva il suo apice con L'enigmatico "Artisti sotto la tenda, perplessi" di Alexander Kluge (Leone d'oro a Venezia) e lo scioccante "Scene di caccia in bassa Baviera" di Peter Fleischmann. Sempre nel '68 la 'nuova Hollywood' faceva arrivare "Il laureato" di Mike Nichols, altro campione del ribellismo contro una società ipocrita e falsa ritmato dalle canzoni di Simon & Garfunkel, mentre Don Siegel col noir "L'uomo dalla cravatta di cuoio" echeggiava il western, riesumato dal nostalgico "C'era una volta il West" di Sergio Leone.

E se una rinnovata fantascienza trovava un caposaldo nel "Pianeta delle scimmie" di Frankin J. Schaffner, la Factory di Andy Wahrol proponeva il suo primo film, "Flash" di Paul Morissey. Sul fronte della liberazione sessuale "Barbarella" di Roger Vadim trasformava Jane Fonda, la futura Hanoi Jane, in un'icona sexy, Claude Chabrol esplorava senza falsi pudori i rapporti tra donne in "Les Biches" e, mentre Russ Mayer scatenava le sue attrici con le tette bene in vista in "Vixen", Salvatore Samperi si crogiolava nel rapporto sado-maso di "Grazie zia" e Ugo Liberatore sommava allucinogeni a trasgressioni sessuali nel "Sesso degli angeli". Il cinema italiano schierò nel '68 una una bella pattuglia di autori: Bernardo Bertolucci con il dostoevskiano ''Partner", Liliana Cavani con l'anticlericale "Galileo", Carlo Lizzani con il cronachistico "Banditi a Milano", Pier Paolo Pasolini con l'antiborghese "Teorema", Nelo Risi col rigoroso "Diario Di una schizofrenica", Carmelo Bene col geniale e allucinato "Nostra signora dei Turchi", Federico Fellini con un episodio del film a più mani "Tre passi nel delirio" e Valerio Zurlini con l'anticolonialista "Seduto alla sua destra". E se Franco Zeffirelli conquistava il ricco mercato americano con "Romeo e Giulietta", Roberto Faenza faceva sue le tesi anticapitalistiche del movimento studentesco con il censuratissimo "H2S". Paolo Heusch fece incarnare a Francisco Rabal "El Che Guevara". Alberto Sordi prese di mira il sistema sanitario nazionale con "Il Medico della mutua" di Zampa, mentre Monica Vitti, "La ragazza con la pistola" per Monicelli, fornì una sua versione dell'emancipazione femminile.
 
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LinfaCalda
view post Posted on 26/2/2008, 20:53




3 febbraio, a Sanremo vince Sergio Endrigo

Poco dopo la mezzanotte del 3 febbraio 1968, l'ANSA trasmetteva la notizia "flash" della conclusione del festival di Sanremo. "La canzone che ha vinto il festival di Sanremo - scriveva - è 'Canzone per te' cantata da Sergio Endrigo e Roberto Carlos, con voti 306. Al secondo posto 'Casa bianca' (Ornella Vanoni e Marisa Sannia) voti 255, al terzo posto 'Canzone' (Celentano - Milva) voti 251". La vittoria di Endrigo - aggiungeva poi il corrispondente dell'ANSA nel successivo commento - ha accontentato tutti.

Il cantautore di Pola inseguiva da tre anni la vittoria al festival ma non era mai riuscito ad ottenere il successo pieno. Un valido aiuto alla vittoria di Endrigo, con la canzone scritta da lui e da Bardotti, era stato fornito dall'interpretazione del secondo esecutore, il brasiliano Roberto Carlos, con un arrangiamento molto indovinato, con un sottofondo ritmico più accentuato di quello, melodico, di Endrigo. Lontano dal podio (solo tredicesimo con appena 49 voti) il grande Louis Armstrong, in gara a Sanremo con "Mi va di cantare", eseguita anche da Lara Saint Paul.

Oltre a "Satchmo", in quella 18/a edizione presentata da Pippo Baudo e Luisa Rivelli, c'era anche un altro grande jazzista, Lionel Hampton, con il compito di ripetere al vibrafono i motivi delle canzoni in versione strumentale. Quell'anno Sanremo era molto poco "sessantottino". C'era bisogno di normalità dopo il suicidio di Luigi Tenco che aveva reso drammatica l'edizione dell'anno precedente.

E la voglia di "rinascita" era scandita anche dall'eccellenza delle presenze straniere. Oltre ad Armstrong e Hampton, c'erano Wilson Pickett, Dionne Warwick, Eartha Kitt, Paul Anka, Shirley Bassey. Nelle parole delle canzoni, era completamente assente qualsiasi eco di contestazione. L'unica canzone con qualche lontanissimo possibile richiamo era una di quelle escluse dalla finale, "le opere di Bartolomeo", cantata dai Rokes e dagli sconosciuti Cowsills, un motivo bruttino che parlava in modo disimpegnato di un operaio della catena di montaggio che, stanco di fare tutti i giorni "Millecentoundici buchi tutti in fila in questo pezzo di ferro così", sognava di diventare uno scrittore. La cronaca dell'ANSA riportava anche che la serata finale si era chiusa con un piccolo incidente perché, al momento della premiazione delle tre canzoni prime classificate, Adriano Celentano si era già allontanato.

"L'ipotesi più probabile - scriveva l'ANSA - è che Celentano non si sia voluto incontrare con Don Backy, autore dei motivi classificati al secondo e terzo posto" aggiungendo però che "alcuni portavoce del Clan hanno invece affermato che Celentano era rientrato in albergo perché era molto stanco e si sentiva poco bene".

ENDRIGO, CANTANTE 'POLITICO' MA POCHI LO SANNO
di Stefano Fratini


Sergio Endrigo, il vincitore del festival di Sanremo 1968, nell'opinione comune ha la fama di cantante noioso e un po' "sfigato", forse anche per colpa dell'imitazione caricaturale che ne faceva, allora, Alighiero Noschese. Una immagine che mal si adatta a un artista che è stato cantautore prima di Tenco, che ha portato in teatro le filastrocche di Gianni Rodari, che ha cantato le poesie di José Martì, Rafael Alberti, che ha avuto il coraggio di esporre pubblicamente, nelle canzoni, anche le sue idee politiche (era comunista) quando questo ancora poteva essere un ostacolo alla carriera.

Un artista, Endrigo, che nel 1970 è al Piccolo Teatro di Milano, protagonista di un recital nel quale le canzoni erano legate da interventi parlati, anticipando una formula poi utilizzata da molti suoi colleghi. Proprio in quel periodo Endrigo si lega al mondo della poesia, stabilendo rapporti con Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Pasolini, Ignazio Buttitta, Vinicius de Moraes.

Dalla collaborazione con Ungaretti e De Moraes nascerà uno splendido e poco conosciuto album: "La vita amico è l'arte dell'incontro". Con canzoni dedicate ai bambini scritte da de Moraes, "La casa" e "Il pappagallo" per esempio, Sergio Endrigo ottiene un grande successo, ponendo le basi per un suo speciale rapporto con il mondo dell'educazione, proseguito attraverso l'amicizia con Gianni Rodari, dalla quale nasce "Ci vuole un fiore", una canzoncina diventata un classico del repertorio di scuole, famiglie, educatori. Alla fine del 2003, un anno dopo essere stato colpito da un'ischemia cerebrale, Endrigo aveva espresso un desiderio: quello di "ricevere a Sanremo un premio alla carriera e non, come spesso accade, alla memoria". Non è stato esaudito. Avrebbe voluto morire a Bahia. La figlia Claudia, alla quale era legatissimo, lo incitava a trasferirsi in Brasile e soddisfare questo suo desiderio.

Ma Endrigo non ne ha avuto il tempo. E' morto il 7 settembre 2005 in un ospedale romano. Aveva 72 anni (era nato a Pola, in Istria, il 5 giugno 1933). Di lui ci restano le emozioni delle sue canzoni, da "Mani bucate" a "Teresa"; da "Lontano dagli occhi" a "Io che amo solo te", da "Se le cose stanno così" a "Anch'io tì ricorderò", scritta per Che Guevara e che contiene un verso emblematico della impossibilità di una rivoluzione nel mondo occidentale ("è troppo tardi per partire, troppo tardi per morire, siamo troppo grassi, comandante"), da "La ballata dell'ex" (la storia di un partigiano fedele ai vecchi ideali finito in galera mentre altri facevano carriera), a "Girotondo intorno al mondo" (da una poesia di Paul Fort) a "La colomba" (su una lirica di Rafael Alberti), a "La rosa bianca" (nome tornato di attualità in questi giorni, in politica), da una poesia del cubano Josè Martì.

"Coltivo una rosa bianca - dice la canzone, anche questa bellissima e poco conosciuta - in luglio come in gennaio, per l'amico sincero che mi dà la sua mano franca. Per chi mi vuol male e mi stanca questo cuore con cui vivo, cardi né ortiche coltivo. Coltivo una rosa bianca".
 
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'68, Sit-in a San Pietro apre anno contestazione a Roma
ROMA - Alle 21,31 di lunedì 15 gennaio 1968, esattamente 40 anni fa, l'ANSA batteva una notizia dal titolo 'Dimostrazione studenti Università Cattolica in piazza San Pietro': quella era la prima notizia ANSA sul Sessantotto, un anno destinato a entrare nella storia e nel linguaggio come il Quarantotto del XIX Secolo. Il '68 italiano, in realtà, era già cominciato nel 1967, a novembre, con un sit-in all'Università di Trento (l'1) e con la prima occupazione (il 16) dell'Università Cattolica di Milano. E ancora, alla fine del 1967, le occupazioni e le proteste s'erano allargate a Torino, Genova, Pavia, Cagliari, Sassari, Napoli, Salerno, Padova.

Rispetto alla fine del '67, il '68 era cominciato in sordina. Il 10 gennaio, c'erano state proteste alle Università di Torino e di Padova, rioccupate e subito sgomberate dalla polizia: fatti che in genere non finiscono sulle pagine nazionali dei giornali, e di cui non c'è traccia nei notiziari dell'ANSA. Un segno che i media non comprendono ancora e pieno quanto sta avvenendo nel mondo studentesco. La prima protesta del '68 registrata dall'ANSA è proprio quella in piazza San Pietro. "Un centinaio di giovani, ragazzi e ragazze - scriveva l'Agenzia -, sono stati seduti a terra sul selciato di piazza San Pietro questo pomeriggio per cinque ore mostrando cartelli e distribuendo volantini ciclostilati ai passanti che si fermavano incuriositi. Erano gli studenti della facoltà di Medicina dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha sede in Roma, i quali hanno voluto esprimere in tal modo la loro protesta per alcune decisioni prese dal Rettore dell'Università in merito alle agitazioni studentesche di Milano dei mesi scorsi e dimostrare solidarietà a tre loro colleghi espulsi dall'Ateneo milanese: uno di questi, Mario Capanna, è stato tra i dimostranti in San Pietro".

"La manifestazione - continuava l'ANSA - si è svolta in silenzio e senza incidenti. I giovani sono rimasti raggruppati presso l'obelisco tenendo i cartelli rivolti verso le finestre del Palazzo Apostolico, nel quale risiede il Papa. Alcuni hanno trascorso il pomeriggio studiando su libri che avevano portato con sé; altri, di tanto in tanto, intonavano sottovoce canti di montagna". La cronaca riferisce anche che i cartelli degli studenti chiedevano "un vero dialogo all'interno dell'Università" e la "democratizzazione dell'Ateneo", mentre su un cartello era scritto "Dio ci ha dato la libertà, la Cattolica ce l'ha tolta". Quello stesso giorno l'ANSA dava notizia delle scosse di terremoto nel Belice -300 le vittime-, del maltempo in tutto il mondo (con 50 centimetri di neve a Gerusalemme), della sentenza che condannava i coniugi Bebawi per un giallo che aveva appassionato a lungo l'opinione pubblica. Il giorno precedente si era concluso il girone di andata del campionato di calcio. In testa c'era il Milan, con 21 punti, seguito a 19 dal sorprendente Varese di Anastasi, che il 14 gennaio, aveva battuto proprio i rossoneri per 2-1, con le reti di Sogliano e Anastasi, mentre per i milanesi aveva segnato Sormani.
 
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LinfaCalda
view post Posted on 26/2/2008, 20:58




'68, la lunga guerra del Vietnam

La guerra del Vietnam inizia formalmente, secondo gli Stati Uniti, il 5 agosto del 1964, quando l'allora presidente Lyndon B. Johnson notificò al Congresso che navi americane erano state attaccate dal Vietnam del Nord nel golfo del Tonchino.

Gli Usa risposero con forti bombardamenti aerei nel nord del paese asiatico, intensificando gradualmente il loro intervento. In realtà il conflitto trova la sua origine già negli anni '50: il primo grosso attrito si ebbe nel 1955 quando, in seguito alla guerra di Indocina, venne abolita la monarchia del Vietnam del sud con la proclamazione di una repubblica presidenziale appoggiata dagli Usa. Nel nord, nel frattempo, il generale Ho Chi Minh stabilisce una Repubblica democratica di ispirazione comunista con capitale Hanoi. Nel 1957 inizia la guerra fra l'esercito regolare del Vietnam del sud, sostenuto dagli Usa, e i guerriglieri filocomunisti sudvietnamiti, noti come 'vietcong', appoggiati dal regime di Ho Chi Minh. E' il neoeletto presidente democratico John Fitzgerald Kennedy che nel 1961 comincia ad invischiare gli Stati Uniti in Vietnam con l'invio di cento consiglieri militari e 400 soldati delle "special forces", saliti nel 1962 ad 11.000. Nel 1963 Kennedy è assassinato e gli succede Lyndon B. Johnson, che nel 1964 convince il Congresso di Washington a dargli mano libera in Vietnam in una serie progressiva di "escalation" attraverso le quali il numero di militari americani salì fino a 125.000 nel 1965 e oltre 700.000 nel 1968.

Per gli americani l'inizio della fine comincia alla fine di gennaio del 1968 con l' offensiva del Tet. Le truppe comuniste sferrano attacchi in tutto il Vietnam del Sud e, anche se sono respinte ovunque, ottengono un'enorme vittoria psicologica. Johnson, assediato dalle proteste, sospende i bombardamenti. Gli succede Richard Nixon, che avvia il ritiro delle forze americane ponendo le premesse per l'inizio nel 1970 del "negoziato segreto" parigino tra Henry Kissinger e Le Duc Tho. La pace viene firmata il 27 gennaio 1973, e a marzo le ultime truppe combattenti americane lasciano il Vietnam. Le ostilità tra Nord e Sud, senza più l'ombrello americano, continuano fino al 30 aprile 1975, quando un carro armato norvietnamita sfonda i cancelli del palazzo presidenziale di Saigon (che diventerà Città Ho Chi Minh). Le vittime americane saranno più di 58.000, alle quali vanno aggiunti circa 2.000 "Missing in action". Le vittime vietnamite saranno circa tre milioni, due terzi delle quali civili.

 
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'68, Capanna: "Cambiamento epocale, oggi va fatto di piu'"
ROMA - "Il '68 e' stato il mondo che per la prima volta è riuscito a guardarsi e a vedersi scoprendo le lancinanti contraddizioni che lo attanagliavano e le possibilità di superamento e da allora lo sguardo su tutte le cose non è più uguale a prima. Ecco perché se ne parla ancora". Lo dice Mario Capanna, leader a Milano del Movimento studentesco sessantottino. Ora presidente della Fondazione diritti genetici, Capanna ricorda il sit-in degli studenti del 15 gennaio 1968, al quale partecipò in Piazza San Pietro a Roma, per protestare contro le espulsioni dall'Università raccontato dall'ANSA e nel suo libro 'Formidabili quegli anni' ripubblicato in questi giorni da Garzanti con una nuova prefazione. "E' stato - dice Capanna - il mio primo viaggio politico in cui per la prima volta ho dormito anche in cuccetta da Milano a Roma. L'Ansa ha raccontato quel giorno con un'oggettività rara.

Seduti sotto l'obelisco di piazza San Pietro eravamo decisi a farci portare via di peso dalla polizia ma il Vaticano non è una controparte come le altre. Quando arrivò il buio non vennero accesi i lampioni della piazza. Volevano cancellare la protesta facendola inghiottire dalle tenebre, ma noi facemmo incetta di torce nei negozi vaticani trasformando il negativo in positivo, dando un'atmosfera unica alla manifestazione. Ce ne andammo però amareggiati dalla catastrofica notizia del terremoto del Belice, che avvenne proprio quel giorno".

Capanna sottolinea che oggi "nonostante la restaurazione dei poteri e il lamento sado-masochistico dei pentiti, nel luglio dell'anno scorso Papa Ratzinger, in vacanza sulle Dolomiti, ha parlato del Sessantotto facendo riferimento alla rivoluzione culturale di quegli anni. In senso opposto il presidente francese Nicolas Sarkozy quando cercava di braccare l'Eliseo disse che 'tutti i mali vengono dal '68' per riuscire a raggruppare i voti di destra con quelli dell'estrema destra. Questo dimostra che tutti devono misurarsi con quel grande cambiamento epocale". "Odio - precisa Capanna - l'amarcord ma questo non significa stare zitti. Quarant'anni è il tempo storico giusto per fare una rivisitazione storica scevra da passioni" e conclude: "guai a noi a pensare di riportare il '68. Oggi occorre qualcosa di piu' e di meglio. Non disperiamo, succederà qualcosa come capita al nuotatore quando è sott'acqua da troppo tempo".
 
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LinfaCalda
view post Posted on 26/2/2008, 21:14




'68: Fini, 'fu occasione persa, ora non facciamo stesso errore'
di Federico Garimberti


ROMA - Gianfranco Fini riscopre il '68. Il centrodestra, ammonisce il leader di An, non deve commettere lo stesso errore di quarant'anni fa, quando lasciò alla sinistra la contestazione e determinò una frattura insanabile con il mondo giovanile. Fini abbandona il copione della retorica anti-sessantottina tanto da spiazzare, col suo intervento, non solo gli organizzatori del convegno sui quarant'anni dal '68 (la fondazione 'Liberal' di Ferdinando Adornato), ma anche gli altri due ospiti invitati a ridiscutere l'anniversario: José Maria Aznar e Pier Ferdinando Casini, che si lanciano in un duro atto di accusa contro il '68. Per Aznar, in quell'anno si verificò una "incomprensibile revisione dei valori che portò a definire romantici o rivoluzionari omicidi e atti di terrorismo". Nel mirino dell'ex leader popolare tutti i simboli di quegli anni. Come Che Guevara, "un terrorista sanguinario, un paranoico dipinto come un rivoluzionario e divenuto un mito". Casini segue la traccia dell'ex premier spagnolo. Le cose "positive" di quell'anno, sostiene l'ex presidente della Camera, come il desiderio di pace, la critica alla scuola, la rivolta generazionale, la partecipazione delle donne "hanno avuto un'inaccettabile degenerazione".

E così "la pace è divenuta pacifismo"; il "dittatore" Fidel Castro un "eroe"; il diritto di sciopero un "dovere di protestare"; i terroristi delle Br un "nemico in guerra con lo Stato". Tocca a Fini. Il suo, come fa subito capire, non sarà un intervento banale. "Farò delle considerazioni non al 100% in sintonia con quanto detto finora", premette attirando l'attenzione della platea. In quegli anni vi furono "diversi fenomeni", ricorda l'ex ministro degli Esteri, "e più che '68 dovremmo parlare di contestazione giovanile''. Un movimento, sottolinea, che aveva uno "spirito tutt'altro che negativo". Cita la cantautrice Joan Baez, la rivolta alla Berkeley University, i figli dei fiori, i Beatles, i capelli lunghi e persino il Piper, la discoteca romana in voga in quegli anni. Parte da qui la sua autocritica.

Per Fini, la destra commise un duplice errore: quello di non ascoltare chi sosteneva che quel "magma" non era necessariamente destinato ad "alimentare il seme del comunismo" e quello, altrettanto grave, di ergersi a difensore "dell'esistente anziché capire la voglia di cambiamento dei giovani". Insomma, spiega, "la destra italiana ha perso una grande occasione", lasciando che il vuoto della cultura cattolica e liberale fosse "riempito dall'ideologia marxista". Ma, ribadisce, "non era inevitabile che quel movimento finisse a sinistra, c'é finito per l'incapacità della destra". Un'analisi impietosa che tuttavia può essere di insegnamento ora. "Credo che oggi ci siano gli stessi fermenti di allora", spiega infatti Fini, citando la definizione di un libro in cui i giovani sono descritti come la "generazione dei Tuareg", perché camminano in un "deserto di valori". C'é dunque bisogno di una "offensiva culturale" che dia "risposte ai figli o ai nipoti dei sessantottini", che hanno la stessa "ansia di cambiamento" che c'era nel '68. Un compito, rimarca, che rappresenta la vera sfida del centrodestra: ''Batteremo la sinistra e i sessantottini di professione quando strapperemo a loro la bandiera autoillusoria di unici lettori della societa". Un discorso "istituzionale" gli chiede qualcuno, intravedendo nel tenore del suo discorso un'autocandidatura alla presidenza di un ramo del Parlamento. "So dove vuole andare a parare, ma non attacca", taglia corto Fini lasciando la sala.

Edited by Shanty* - 26/2/2008, 21:16
 
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view post Posted on 26/2/2008, 21:15
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Renzo Foa: tanti abbagli, confuse liberazione con liberta'

Il '68 e' stato "un moto di liberazione che però ha preso molti abbagli, primo fra tutti l'aver scambiato la parola liberazione con la parola libertà, e l'anti-democrazia con la democrazia. Sono passati 40 anni e il tempo ci ha aiutato a capire quali sono stati questi errori: così Renzo Foa, direttore del nuovo Liberal quotidiano, intervenendo al meeting internazionale Cambio di Stagione, organizzato dalla fondazione Liberal.

All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, i direttori del Sole 24 ore Ferruccio de Bortoli, del Tg2 Mauro Mazza, del Messaggero Roberto Napoletano, il consigliere Rai Gennaro Malgieri e il vice coordinatore di Forza Italia Renato Brunetta. Per de Bortoli, il '68 ha lasciato ''un'eredità negativa, il mancato rispetto della persona, calpestata e umiliata". Anche se "c'é stato un aspetto positivo, il concetto di partecipazione". Secondo il direttore del Sole 24Ore, "é giusto che ci sia un'interpretazione critica del '68''.

E aggiunge: "Probabilmente nel '68 qualcosa e' stato anche spinto dall'idea che bisognasse cambiare i costumi e la politica, salvo le degenerazioni che ne sono venute. Il '68, contraddicendo il merito e ribellandosi all'autorità, ha in qualche modo la grande responsabilità dell'assoluta immaturità civile e politica del nostro paese".

De Bortoli ritiene che "il ripensamento sugli errori fatti all'epoca non si è ancora concluso" e sottolinea: "Abbiamo avuto il mito di Che Guevara ma anche di Pol Pot, tramutati da personaggi della storia in icone che hanno trasformato il costume della società italiana". "Non possiamo ogni 10 anni ricordare un non-evento e dire sempre le stesse cose", sostiene Malgieri, per il quale nel '68 ''il merito è stato demonizzato, così come la verità dei padri, e il pensiero unico ha prodotto un nichilismo le cui manifestazioni più evidenti non sono modelli strutturali politici, ma la mercificazione di tutto quello che una volta era avvolto nella sfera della dignità". Brunetta da parte sua parla di "distorsione di massa dei valori borghesi che il '68 voleva affermare e che invece ha contribuito a eliminare totalmente''. E conclude: "Prendiamo atto di questa grande mistificazione, per non parlarne più".
 
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LinfaCalda
view post Posted on 26/2/2008, 21:17




'68, Boato: 40 anni dopo si faccia riflessione critica
ROMA - Ricordare la rivoluzione del '68 quarant'anni dopo "può essere non l'occasione di una celebrazione, che sarebbe ridicola, ma di una riflessione critica su quella importante esperienza". Il deputato dei Verdi Marco Boato, ex Lotta Continua, pensa siano "inaccettabili sia gli aspetti pateticamente nostalgici sia i rigurgiti di demonizzazione che ogni tanto appaiono".

Per Boato l'"aspetto più vitale del '68 e' stata la fortissima spinta di modernizzazione della società italiana sia dal punto di vista culturale che sociale, politico, religioso e dei rapporti interpersonali. Risultati positivi che hanno avuto effetti su tutte le istituzioni e che sono vivi e validi ancora oggi. Fra questi lo statuto dei diritti dei lavoratori, la legge sull'obiezione di coscienza, il nuovo diritto di famiglia, il referendum del '74 sul divorzio che non avrebbe avuto quell'esito senza il '68, la riforma psichiatrica, la legge sull'aborto". "L'aspetto più caduco del '68 - sottolinea Boato - e' quello ideologico. Dopo una prima fase aurorale del movimento in cui fortissima era la spinta culturale e la dimensione anti-autoritaria, nella fase successiva c'é stata una forte ideologizzazione che non ha lasciato tracce positive, ha prodotto gli aspetti più critici degli anni di piombo anche se questi non sono frutto del '68. Ci sono state pero' forme di estremismo violento".
 
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view post Posted on 26/2/2008, 21:19
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'68, Veneziani: dopo 40 anni va mandato in pensione

Il '68? "Come accade con le persone dopo 40 anni di servizio andrebbe mandato in pensione". L'ha detto Marcello Veneziani a Roma durante il convegno Sfida al 68 - Il processo 40 anni dopo.

A dividersi tra accusa e difesa c'erano anche Maurizio Gasparri, presidente di Italia protagonista, l'associazione che ha organizzato l'incontro a Palazzo Marini, e i giornalisti Lucia Annunziata, Fabio Torriero, Aldo di Lello e Gennaro Malgieri. Per la Annunziata mentre il '68 ''oggi per la sinistra è un evento molto meno rilevante e più lontano, per la destra è un'ossessione". Secondo lei ciò è una dimostrazione "del complesso di inferiorità, di quella sorta di Sindrome di Stoccolma, che la destra ha nei confronti della sinistra". La giornalista che il '68 l'ha vissuto in pieno ("andavo all'ultimo anno di liceo e facevo politica già da due anni"), reputa infatti quel periodo "un grande pezzo di trasformazione politica, economica, ideale culturale dell'Occidente, un evento importante ma non definitorio" ha spiegato. "Se devo indicare un fenomeno italiano che ha dato al nostro Paese il volto che ha - ha aggiunto - penso al terrorismo". Marcello Veneziani, che sul tema ha appena pubblicato il libro 'Rovesciare il '68' (Mondadori), lo considera invece "un codice d'accesso per entrare nello spirito di un'epoca che cambia".

Per lo scrittore ha rappresentato "una rivoluzione climatica non politica o economica. Anche se dopo il suo arrivo c'è stato un cambiamento generazionale. L'egemonia culturale della sinistra arriva in quell'anno, con l'arrivo nelle redazioni, nella politica di chi lo ha fatto o ne ha condiviso il clima". Veneziani vede come eventi minori portati dal '68 ''il terrorismo, di cui però non è l'unica causa, e la diffusione dell'uso di droghe, comunque legato anche a fenomeni antecedenti". Secondo lo scrittore "l'esito principale di quel periodo "è stato il parricidio, il rivoltarsi al padre.

E' una rivolta che nasce antisenile, anti autoritaria e antiborghese". Inoltre "la società del '68 ha capovolto il concetto di tolleranza repressiva di Marcuse in intolleranza permissiva. Tutto è permesso, niente è vietato, ma al tempo stesso c'è intolleranza verso chi non si adegua a questo canone". Anche per Gasparri come per Veneziani, è forse il tempo di "mandare in pensione il '68 sotto tutti i punti di vista e rilanciare concetti come 'Onora il padré o contestare, come ha fatto recentemente Sarkozy, uno degli slogan più famosi di quel periodo, Vietato vietare". Per molto tempo, ha aggiunto, riguardo al '68 ''a destra si diceva che avevamo perso un'occasione, ma per me non è vero. Era un treno che andava in una direzione diversa".
 
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