Paolo e Francesca, "amore adultero immortalato nel tempo" firmato Dante Alighieri

« Older   Newer »
  Share  
†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 16/4/2008, 09:13




« Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,

prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense."
Queste parole da lor ci fuor porte. »


(Dante Alighieri, Inferno V, 100-108)

image
William Blake, La tempesta dei lussuriosi

Paolo e Francesca sono due figure di amanti entrate a far parte dell'immaginario popolare sentimentale, pur appartenendo anche alla storia e alla letteratura. A loro è dedicato buona parte del V canto della Divina Commedia di Dante Alighieri. Nella Commedia, i due giovani - riminese lei (anche se nata a Ravenna); della vicina Verucchio lui - rappresentano altrettante anime condannate alla pena dell'inferno dantesco, nel cerchio dei lussuriosi.

In vita furono amanti e adulteri (Francesca era infatti sposata a Gianciotto, fratello di Paolo) e questo amore li condusse alla morte per mano appunto del marito di Francesca. Nei versi immortali di Dante, Francesca spiega al poeta come tutto accadde: leggendo il libro che spiegava l'amore tra Lancillotto e Ginevra, i due trovarono calore e passione, l'uno nelle braccia dell'altra.

La tragica vicenda amorosa di Paolo e Francesca è stata rievocata altre volte, sempre in letteratura ma anche nell'opera lirica. Particolarmente conosciuta, apprezzata ed amata è la versione che ne ha dato nel 1914 il compositore italiano Riccardo Zandonai nella sua Francesca da Rimini.

image
Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto, dipinto di Joseph Anton Koch

La vicenda storica

image Le due famiglie dei da Polenta da Ravenna e dei Malatesta da Rimini erano tra le più importanti della Romagna e dopo una serie di scontri esterni e di instabilità politica interna decisero di allearsi.

Il patto venne suggellato da un matrimonio che coinvolse la giovane Francesca da Polenta e il più anziano, storpio Gianciotto Malatesta. Per guadagnare l'approvazione della giovane a un matrimonio in fondo svantaggioso solo per lei, la tradizione che risale a Giovanni Boccaccio e al suo commento pubblico alla Commedia dettato tra il 1373 e il 1375, parla di un matrimonio avvenuto per procura, dove il procuratore fu il più giovane e aitante fratello di Gianciotto, Paolo Malatesta, del quale Francesca si invaghì per un malinteso, credendo che fosse lui il vero sposo. Si aggiungono poi al quadro narrativo tradizionale la figura del brutto e crudele Gianciotto, fino al maligno servo che spiava i due amanti (aggiunta romantica, non citato da Dante) e poi il tragico e noto finale del duplice omicidio degli amanti.

In realtà andando a guardare alla vera documentazione storica dei fatti sono pochi i dati veramente riscontrabili: i dati veramente anagrafici dei protagonisti, la loro discendenza (una figlia di Francesca e Gianciotto, due figli di Paolo) e niente più. Non vi è infatti traccia né della relazione adulterina né del fratricidio-uxoricidio. Pare infatti che l'alleanza tra le due famiglie fosse così vantaggiosa per entrambe, grazie a strategie politico-dinastiche complementari, che il fatto di sangue diventò uno spiacevole contrattempo, messo a tacere il più presto possibile. Si può anche azzardare che i patti tra le famiglie vennero saldati proprio dall'omertà sul fatto di sangue, a guardare l'inusitato silenzio degli archivi. Non si sa per esempio dove sia accaduto realmente il duplice omicidio: alcune ipotesi indicano la Rocca di Gradara, ma si tratta solo di congetture.

Ruolo all'interno del poema

Con il primo cerchio dei peccatori in generale e in particolare con le parole di Francesca da Rimini inizia quel processo di conversione, di redenzione del poeta che sarà il tema teologico di tutto il poema. Il viaggio di Dante infatti non ha un ruolo prettamente "turistico", di semplice illustrazione il mondo ultraterreno, ma attraverso questa sua esperienza egli vuole dare l'esempio all'umanità su come guadagnarsi la salvezza. E la storia dei due amanti rappresenta la prima tentazione debellata dal poeta, non senza grande sforzo e straziante complicità emotiva con i dannati, al punto che per la pietà egli stesso alla fine del canto sviene perdendo i sensi.

La storia di Paolo e Francesca esemplifica come l'amore stilnovistico possa portare alla perdizione e all'Inferno. Non solo quindi l'amore lussurioso di Semiramide e Cleopatra, non solo quello esaltato dai romanzi cavallereschi, ma anche quello che il poeta stesso ha esaltato e cantato durante la sua gioventù con opere come la Vita Nova.

Non a caso Dante dopo la prima confessione della giovane ha un attimo di sconforto, resta assorto in silenzio: sembra pensare a come sia possibile che l'attrazione innocente, l'amor cortese si trasformi in peccato degno dell'Inferno, tutt'al più provocato proprio dalla letteratura, dalla lettura cioè di un libro dove si celebra un amore (quello tra Lancillotto e Ginevra) con le regole cortesi alle quali Dante stesso aveva aderito in gioventù. Quindi lo stesso sentimento che aveva ispirato a Dante sonetti e altre opere adesso gli appare davanti ai suoi occhi come causa di condanna eterna.

Dante, richiamato alla realtà da Virgilio ("Che pense?", al quale egli non risponde), infatti continuerà una parte dei pensieri che lo stavano assillando e chiederà subito un perché, una spiegazione di come questo sentimento si sia potuto trasformare in peccato. È solo colpa dell'adulterio? In realtà Dante non vede una colpa in sé nella pulsione amorosa, ma il peccato ne nasce quando nell'attuare questa pulsione si viene meno ai precetti dei comandamenti, come quello sulla fornicazione e quello appunto di adulterio.

In questo senso quindi si ricuce anche la presa di posizione di Dante verso il ruolo della poesia amorosa: non siamo davanti a una "sconfessione" dello stilnovo, ma almeno a un suo ridimensionamento. Il tema verrà ripreso dal poeta nel Purgatorio nei canti XVII, XVIII, XXII, XXIV e soprattutto XXVI, dove troverà tra i lussuriosi due poeti provenzali che scontano la loro pena per la loro scrittura licenziosa.

image
Mosè Bianchi, Paolo e Francesca, 1877 circa


fonte wikipedia
____________________________________________________________

Per leggere il V° canto della Divina Commedia cliccare QUI

Edited by †MurderouS_AngeL† - 16/4/2008, 10:30
 
Top
0 replies since 16/4/2008, 09:13   425 views
  Share