Kevin Schwantz, motociclismo

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view post Posted on 12/9/2008, 21:16




Kevin Schwantz (Houston, 19 giugno 1964) è un ex motociclista statunitense.

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È ancora oggi molto amato dagli appassionati per il suo stile funambolico, che ha lasciato un segno indelebile nella storia del motociclismo. Un'irruenza che, d'altro canto, spesso lo ha privato di vittorie importanti e di quel sostanzioso "palmares" che contraddistingue i più grandi sportivi di ogni specialità. A sua discolpa parziale, si può senza dubbio affermare che negli anni di militanza con la squadra ufficiale Suzuki, Schwantz abbia avuto un mezzo valido, ma sicuramente non del tutto all'altezza della concorrenza e che durante tutta la sua carriera abbia dovuto scontrarsi con altri grandissimi del motociclismo, quali Wayne Rainey e Mick Doohan. In ogni caso è lecito affermare che i suoi successi corrispondono solo in parte alle sue reali potenzialità, una circostanza pienamente recepita da appassionati e dagli specialisti del settore, che per Schwantz continuano a nutrire, anche dopo anni dal suo ritiro, un affetto ed una venerazione inusitata per un pilota che, per quanto possa sembrare tanto, in fondo ha vinto un solo titolo mondiale.

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A tre anni salì per la prima volta su una moto (i suoi genitori erano proprietari di una concessionaria), fu portato in Europa da Freddie Spencer che disse di lui: "è un fenomeno che va più forte di tutti, e se impara a concludere le gare può vincere cinque titoli mondiali": Schwantz infatti fin da giovanissimo era solito spingere oltre il limite, cadendo spesso per terra senza concludere tutto il Gran Premio. Debuttò in Europa nel 1986, all'età di 21 anni, gareggiando nel Transatlantic Trophy.

Inizialmente attratto dal motocross, passione questa che gli venne fomentata dalla zio, nel 1983 ebbe un pauroso incidente che gli compromise la carriera in questa specialità: lo sconsolato Kevin ebbe tuttavia l'opportunità di fare dei provini con le scuderie motociclistiche. Con la Yamaha corse la gara di Daytona nel 1986 arrivando secondo dietro Eddie Lawson, e sempre in sella allo stesso motociclo partecipò con bravura al campionato AMA, senza tuttavia mai vincerlo.

Passato poi al motomondiale, venne scelto dalla Suzuki dove corse fin da subito nella classe 500, seppur senza meravigliare, nelle stagioni 1986 ed 1987. Degno di nota il fatto che durante il suo debutto, ad Assen, tra prove e gara cadde ben tre volte. Nella stagione 1988 vinse l'inaugurale Gran Premio del Giappone ed il successivo Gran Premio di Germania, ma nella classifica finale non andò più in là dell'ottavo posto. L'anno seguente vinse ben sei corse (quelle disputate in Giappone, Austria, Jugoslavia, Gran Bretagna e Brasile) ma si dovette accontentare della quarta piazza.

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Soprannominato "pilota kamikaze" per il suo stile aggressivo e funambolico, egli non possedeva una tecnica sopraffina ma sopperiva a questa mancanza con agilità, grip e frenata, specialità quest'ultima in cui era un maestro e che gli permetteva di realizzare grandi "staccate". Il suo stile di guida, che risentiva del suo passato nel motocross, gli imponeva di pestare sulla pedana esterna alla curva, andando quindi in maniera veloce, ma rischiando in ogni caso la caduta: questa vocazione alla spettacolarità gli fece attribuire altri nomignoli, tra cui "pilota impossibile", "esempio da non seguire" o, più semplicemente, "testa calda".

Nel 1990 Schwantz arrivò primo in cinque occasioni e con 188 punti fu vicecampione della classe regina alle spalle di Wayne Rainey. Nel 1991 fu terzo con lo stesso numero di vittorie, superato in questo caso anche dall'asso emergente Mick Doohan. Il 1992 fu un anno piuttosto opaco, ma il successo (unico della stagione) conseguito nel Gran Premio d'Italia al Mugello contribuì non poco ad aumentare la sua popolarità tra gli italiani.

Nel 1993, seppur con quattro primi posti alle spalle, sembrava destinato ad essere sconfitto nuovamente da Rainey, ma un infortunio capitato al grande rivale gli permise di vincere in scioltezza e di diventare per la prima volta campione del mondo della 500: si narra che Schwantz e la Suzuki abbiano esultato in maniera euforica nonostante il grave incidente accorso a Rainey e che Kenny Roberts, manager di Wayne, abbia rimproverato Kevin in maniera molto energica, accusandolo di mancanza di sensibilità.

Schwantz fu uno dei primi sportivi ad avere un ottimo rapporto con la stampa: nessun giornalista tornava a casa senza un'intervista, e ciò gli permise di essere sempre difeso dai mass-media. Nel 1994 vinse due gare (in Giappone, suo circuito preferito, ed in Gran Bretagna) ma dovette cedere alla strapotenza di Doohan. Un infortunio capitatogli al polso destro gli impedì dapprima di terminare la stagione 1995 e poi gli impose il ritiro dal motociclismo professionistico. Il ritiro fu annunciato in lacrime al Circuito del Mugello.

In segno di rispetto, la Federazione Internazionale Motociclismo ha ritirato il suo numero, il 34, dalle carene delle moto partecipanti al mondiale.

Dal 1996 al 2002 Kevin Schwantz si dedicò al campionato NASCAR, correndo 18 gare e vincendone due. Attualmente egli risiede ad Atlanta dove insegna le tecniche di guida per motociclismo in una scuola specializzata.

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A tutt'oggi, nel suo attuale ruolo di consulente e uomo immagine della Suzuki, Schwantz ha mantenuto la sua indole estremamente disponibile nei confronti di giornalisti e spesso anche di semplici appassionati. Prende spesso parte alle presentazioni stampa del marchio di Hamamatsu, segnatamente delle moto supersportive, scendendo in pista assieme ai giornalisti ed ai tester per gli immancabili turni di prove e le sessioni fotografiche e rispondendo, con estrema pazienza, a tutte le loro domande. Inoltre Circolano voci di una sua partecipazione ad un team Suzuki satellite nel mondiale MotoGP 2009.

fonte: it.wikipedia.org

sito ufficiale

Kevin Schwantz vs Wayne Rainey Hockenheim 1991



“Quando Kevin Schwantz ha annunciato ad una folla incredula il suo ritiro dalle corse, si è creato all’improvviso nei presenti un grande vuoto che le lacrime non hanno saputo colmare. Il più grande pilota degli ultimi dieci anni abbandonava da uomo un teatro che aveva abitato da eroe, e solo la poesia della nostalgia e l’amore dei suoi tifosi lo riconsegneranno nel tempo all’Olimpo degli dei. Ma l’abbandono di Kevin Schwants dalle corse, accaduto nel mese di giugno al Mugello, era già stato deciso durante il Gran Premio del Giappone a Suzuka quando il pilota Texano con la spalla, il polso e la mano doloranti capì che il tempo degli eroi era finito e cominciava l’era dell’uomo. Nessuno comprese e non poteva comprendere questo dramma … ma nella pioggia di Suzuka, in una giornata tenebrosa per la tempesta, qualcosa di meraviglioso avvenne. Loris Capirossi, piombato alle spalle di Kevin Schwantz, ignaro del dramma che si stava svolgendo nell’animo del pilota americano, intuì la verità. Kevin Schwantz, il cavaliere più amato dai tifosi, il pilota imbattibile nella pioggia e nei circuiti giapponesi, stava lasciando il motociclismo. Loris capì, conobbe in un attimo la tremenda verità. E quando con la ruggente Honda superò il rivale fra miriadi di spruzzi di pioggia, non poté impedire al suo animo di comandare al suo corpo uno dei più bei gesti della sua carriera di campione. Inchinato sull’asfalto infido e scivoloso, dolorante per la mano sinistra ferita gravemente in un incidente patito in Malesia 3 settimane prima, Loris alzò questa mano non tanto per scusarci del sorpasso, ma per offrire a Kevin il dono della solidarietà vera, la solidarietà del nuovo campione che nasce, ad uno ancora più grande che lascia. Un gesto antico che ricorda la cavalleria dei tornei medioevali dove forse la dignità dell’uomo era rispettata più di quella che si calpesta oggi ad ogni “piè sospinto”. La moto, il cavallo guidato da Capirossi, senza il comando della mano sfuggiva ad ogni controllo e buttava il pilota sull’asfalto bagnato e nel fango del bordo della pista.
Tutti con la mente prigioniera dei pregiudizi e delle apparenze gridarono all’errore, criticarono lo sbaglio, rimproverarono l’inesperienza, ma negli spruzzi di acqua sollevati dalla moto mentre pattinava impazzita nelle pozzanghere, nasceva inaspettato un arcobaleno che incantava perché si stagliava nelle tenebre di una giornata nera. E come raccontano le fiabe, l’arcobaleno, la luce dai tanti colori, nasce da una pentola d’oro e giunge ad un’altra altrettanto preziosa … E in quel giorno, nella sofferenza di Kevin Schwantz nasceva un arcobaleno che illuminava la cavalleria di Loris ed esaltava un gesto che solo i ciechi non hanno potuto o voluto ammirare e contemplare. Ma per fortuna i tifosi amano questi gesti, li capiscono, sanno che oltre alla matematica delle classifiche e delle apparenze ci sono le imprese esaltanti che fanno nascere l’arcobaleno nelle tenebre e fanno amare un campione anche quando cade o... lascia !
Claudio Costa ”
 
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