Come si crea una Padrona

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tom44
view post Posted on 5/6/2009, 14:26






Inizio questo mio breve racconto con una premessa: quella che state per leggere è la verità dei fatti e di ciò che è successo. Nessun abbellimento stilistico, nessuna esagerazione o fantasia.
Io sono la serva della situazione. La schiava, se questo termine vi suona più gradevole.
Vivo da ormai dieci anni in un appartamento in periferia nella città di Prato, in Toscana. Sapete Prato, la città col più alto numero di cinesi di tutta Italia? Ecco, proprio quella.
Stavo cercando una coinquilina per dividere le spese d’affitto e gestione della casa e siccome frequentavo l’Università, Facoltà di Architettura, misi un’inserzione nella bacheca del nostro istituto. Mi riposero una ragazza di Napoli, una di Cosenza, ed una di Genova. Scelsi la seconda, era la più giovane ed apparentemente la più spregiudicata. Si chiamava, e si chiama tuttora, S. (ho detto che racconto solo la verità ma mica posso rivelarvi tutto quanto!).
Questo accadeva cinque anni e mezzo fa.
La mia idea di dominazione, a quei tempi, era molto nebulosa. Non sono lesbica, tuttavia avrei preferito una padrona ad un padrone. Forse, se si fosse trattato di stabilire una relazione a lungo termine, avrei cercato una coppia dominante.
Iniziai con S. una lenta operazione di logoramento con la quale cercavo di farle capire, senza confessarlo apertamente, la mia attitudine alla sottomissione. Il mio traguardo, lo dico senza mezzi termini, era quello di essere una sguattera. Una serva domestica che lava-spazza-stira sotto gli ordini della padrona di turno comodamente seduta sul divano, bibita alla mano a godersi la vita in pieno relax. Da cosa nasca questa mia inclinazione non lo so.
Da cosa nasce il fatto che ad alcuni piace trascorrere le vacanze al mare e ad altri in montagna? Perché ad altri piace la matematica ed a qualcuno interessa la letteratura? Semplicemente è così.
S. è carina, alta, capelli neri a caschetto e carnagione abbronzata. Ha gli occhi nocciola scuri e le mani molto curate. Ha quattro anni meno di me ed è iscritta a Scienze della Formazione, laureata da poco alla triennale, inizia quest’anno la Laurea specialistica.
Fin da subito m’incaricai personalmente di quelle piccole incombenze quotidiane come le pulizie del bagno, dei pavimenti, di fare la lavatrice e tutto il resto. Preparavo la colazione per entrambe e la sera, quando guardavamo la televisione, me ne stavo sempre seduta sul tappeto e lasciavo a lei la poltrona. Non passò molto che S. si accorgesse del mio comportamento, a dir poco “gentile” nei suoi confronti.
Mi propose di dividere i lavori domestici, di fare a metà.
“No, figurati” risposi io “Non mi dispiace lavorare per tutte e due. Anzi, se vuoi posso pensare io anche alla tua, di biancheria”
Lei sorrise. Era imbarazzata ed in quel momento pensai d’aver compiuto il passo più lungo della gamba. Invece S. reagendo con il pragmatismo che talvolta la vergogna può sollevare, mi “ordinò” (sia pur per scherzo) di lavarle la biancheria a mano.
Ed io invece obbedii sul serio, anche se rischiavo di fare una figura da stupida. Ma S. non si accorse del trattamento privilegiato che riservavo ai suoi indumenti se non quando i nostri ruoli di sguattera e padrona non furono ben fissati.
Un episodio che ancora ricordo, successivo a quello della biancheria (avvenuto circa venti giorni dopo il nostro incontro) è quello degli stivali. S. indossava scarpe da tennis o da ginnastica di giorno, per recarsi in facoltà, mentre la sera, quando usciva, metteva stivaletti a punta con un poco di tacco o sandali. Ci tenevo che le sue, di calzature, fossero sempre pulite. Iniziai a lucidarle a giorni alterni quando lasciavo le mie senza cure per dieci o venti giorni consecutivi. Quella volta, era un venerdì sera, ero alle prese con gli stivaletti. S. li aveva indossati tutte le sere nelle quali era uscita al pub, durante la settimana, ed era probabile che li avrebbe scelti anche quel giorno. Stavo lucidando gli stivaletti quando S. entrò nella stanza-ripostiglio dove tenevamo scarpe ed altre cose appartenenti ad entrambe.
Rimase un po’ perplessa nel trovarmi in ginocchio, più che mai intenta nella lucidatura dei suoi stivaletti, tuttavia il mio servilismo non rappresentava più un segreto, a quei tempi, sebbene non mi fossi ancora dichiarata un’amante dei rapporti fetish e S/M. S. sedette sulla cassapanca a lato della rastrelliera in cui tenevamo (e teniamo ancora) le scarpe ed accavallò le gambe, iniziando a dondolare la pantofola sulla punta del piede destro. Disse qualcosa sorridendomi, ma in quel momento, fra l’emozione ed il sangue che mi martellava nelle tempie, lo dimenticai non appena lo pronunciò.
Mi rivolsi verso di lei ancora in ginocchio. S. fece cadere la pantofola a terra ed allungò le mani per prendere lo stivaletto destro. Io fui lesta. Le fermai gentilmente le mani prima che esse raggiungessero la calzatura e poi
“Ti aiuto io” dissi.
“Ma…non vorrei…”
“Non ti preoccupare” continuai “Mi fa piacere, anzi. Hai dei piedini molto eleganti”
S. rise. Non so se per il complimento, il fatto che dovessi apparire piuttosto ridicola così prostrata o per l’imbarazzo. Si lasciò mettere il primo stivale, quindi accavallò l’altra gamba. Questa volta fui io stessa a toglierle la pantofola. Lo feci con grande delicatezza, come d’obbligo, visto il magnifico piedino tiepidamente contenuto in essa. Poi, prima di calzarle l’altro stivaletto, mi attardai a massaggiarle la punta del piede. Indossava le calze di cotone ed i pantaloni di jeans, ma attraverso i polpastrelli delle mani potevo sentire la morbidezza di quel gioiello.
“Questa mi mancava” disse S.
“Che cosa?”
“Farmi massaggiare i piedi”
“Ti spiace?”
“No, assolutamente”
“Beh, neppure a me. Potrai chiedermelo quando vorrai”
S. rise ancora e si coprì la bocca con una mano. Questa volta ero quasi sicura che ridesse di me, la sua padrona di casa più servile di una sguattera. Mi disse di farla finita e di metterle lo stivaletto che si stava facendo tardi. Precisò che mi avrebbe concesso un massaggio un’altra volta e, sebbene non ci sperassi, in quell’occasione mi diede il mio primo ordine.
“Intanto puoi pulirmi le altre scarpe” disse.
Si alzò in piedi e se ne andò ridendo.
Com’ero eccitata! Avevo ricevuto il mio primo ordine da sguattera ed ero ancora lì, inginocchiata sul pavimento mentre la mia desiderata padroncina rideva di me. Detto così deve suonare veramente bizzarro.
“Che strana persona!” penserete. Eppure io mi sentivo bene. Potrei continuare a lungo, questo mio resoconto. Io ed S. viviamo assieme da diversi anni, ormai e la nostra relazione di schiava-padrona s’è fatta più forte e meglio delineata. Vi potrei raccontare della prima volta che, seduta sul tappeto in salotto, S. mise i suoi piedi sul mio petto e mi ordinò di farle un bel massaggio, oppure di quel giorno in cui stabilimmo che le noiose faccende domestiche toccassero solo a me. E non vi racconto di quando, alla spiaggia del golfo di Baratti, S. si mise a sedere sulle mie spalle ed io la portai in su ed in giù lungo il litorale sotto lo sguardo in parte curioso ed in parte eccitato dei presenti. Mi usò proprio come una cavallina, dandomi dei colpetti col tallone sui fianchi per regolare la mia velocità e tenendomi i capelli a mo’ di redini per dirigermi. Un’altra volta, navigando in rete, finimmo “casualmente” (grazie alle mie casuali indicazioni) su un sito feticista brasiliano. Non vorrei far pubblicità, ma era uno di quelli che pubblicizza videocassette e Cd. Mi piace il S/M brasiliano, è forte, tosto. La padrone che si fanno leccare i piedi sporchi hanno realmente i piedi sporchi, le mistress che calpestano le loro schiave non si fanno problemi a farlo indossando scarpe col tacco alto e sottile. In altri siti le scene di footworship sono troppo leggere ma nei siti brasiliani…
Beh, S. ha voluto provare alcune scene descritte in uno dei set fotografici. Mi ha anche ordinato di mettere i suoi calzini (non pulitissimi) in bocca forse credendo che avrei rifiutato. Invece, quando io ho obbedito, da prima è rimasta un po’ stupita, poi è scoppiata a ridere.
Ma S. non è la mia unica padrona (sebbene sia quella con la quale condivida casa e quindi l’unica alla quale obbedisca costantemente). Ne ho conosciute altre, nonostante la maggior parte di loro le abbia incontrate una sola volta. Quella volta che risposi ad un’inserzione su “La Gabbia” (sito che sicuramente tutti voi conoscerete) ed incontrai una padrona appena diciottenne di sesto Fiorentino…oppure quella volta che cercai d’incontrare una padrona di quelle che hanno un sito proprio sul web (della quale però non farò il nome) e prova e riprova, dopo molte mail…infine di quando conobbi quella donna di colore in treno e mi spacciai per una massaggiatrice professionista, iniziando a complimentarmi con lei per la linea perfetta dei suoi piedi e poi…
Ma ho promesso che questo mio racconto sarebbe stato breve. Se vi interessa sapere il seguito, di come S. prese ad usarmi come serva, fatemelo sapere. E se fra voi vi fosse una aspirante padrona desiderosa di possedere un tappeto vivente ai propri piedi, non esitate a mettervi in contatto con me.
Tiziana ([email protected])
 
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