La maga

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tom44
view post Posted on 5/6/2009, 14:38





di Tom


-“Accidenti! Questa proprio non ci voleva!”- imprecò Sara scendendo dall’auto. Si guardò attorno ed ai lati della strada vide solo campi e campagna coltivata. Solo una casa isolata sorgeva poco distante dal punto in cui la macchina si era fermata –“Proverò a domandare se posso telefonare da laggiù!”- pensò Sara e si mise in cammino verso la meta.
Dopo pochi minuti giunse alla casa. Era una villa strana, molto solitaria, piuttosto grande e curata. Era circondata da un giardino verde e non vi era cancello o recinzione attorno ad essa.
Bussò alla porta. Dopo un lungo minuto di silenzio una voce parlò al citofono.
-“Chi è?”-
-“Buongiorno, sono rimasta ferma con la macchina. Mi domandavo se avessi potuto telefonare da qui per far venire un carro attrezzi”-
La voce della padrona di casa parve un poco scocciata –“Entri”-
La porta era aperta. Dall’ingresso Sara percorse un ampio corridoio che dava su di una rampa di scale conducenti al primo piano. Dalla sua sinistra udì provenire dei rumori, era il salotto. Vi entrò e vide la donna con la quale aveva parlato al citofono. Era una signora di trentacinque anni ben portati, molto atletica, con un fisico invidiabile. Aveva lunghi capelli neri ed un viso elegante ma austero. Vestiva una minigonna, tacchi a spillo ed un top molto attillato.
-“Buongiorno. La ringrazio per la…”-
-“Il telefono è qui”- tagliò corto Isabella, questo il nome della donna, ed indicò un tavolino accanto al divano su cui era sdraiata.
Sara le si avvicinò.
-“Beh, grazie ancora, può dirmi il nome di questa strada, per far venire il carro attrezzi?”-
-“Dammi la cornetta, ci penso io”-
-“Ma basta che mi dica…”-
-“Ho detto dammi la cornetta”-
Sara annuì –“Si, mi scusi”-
Isabella prese la cornetta dalla mano tremante della ragazza, Sara compose il numero dell’assistenza stradale ed attese.
-“Pronto? Buongiorno, sono sulla statale XXX, vicino Borgonuovo a Monte, può far venire un carro attrezzi? Abbiamo una macchina in panne. Si, grazie. Arrivederci”-
Posò la cornetta.
-“Grazie mille signora”- disse Sara, da brava ragazza qual’era. –“La prego, mi permetta di sdebitarmi per il disturbo che le ho arrecato”- proseguì, pensando di saldare il debito con qualche euro.
-“Ti vuoi sdebitare davvero?”-
-“Si”-
La donna guardò la ragazza con uno sguardo penetrante. Gli occhi di quella signora parevano affilati come coltelli.
-“Hai sete?”- chiese-
-“Beh, un pochino si. E’ un tale caldo…”-
-“Allora vieni con me”- portò la ragazza in cucina e le diede da bere. Versò una strana bevanda di colore dorato in un bicchiere e le porse il contenitore.
-“Cos’è?”- chiese la ragazza.
-“Una tisana dissetante. Bevi, vedrai che ti piacerà”-
Sara appoggiò le labbra al bicchiere, quella tisana aveva uno strano odore…un odore acre, pareva quasi…
-“Che c’è? Non le va più?”- chiese la donna.
-“No, no…”- rispose Sara. Si fece coraggio e senza farsi troppe domande trangugiò il tutto. Poi avvenne. Dopo la prima sorsata la testa le cominciò a girare vorticosamente, una strana sonnolenza s’impadronì di lei. Sara crollò sul pavimento priva di sensi.

Al suo risveglio la ragazza si ritrovò in una stanza immensa, una specie di salone spoglio e privo di mobilia immerso nella penombra. Si sollevò in piedi e si guardò attorno ma l’unica cosa che vide fu una porta. Solo che non era una porta normale. Era gigantesca. La maniglia da sola, che sarà stata lunga almeno un metro, se ne stava a non meno di cinque metri d’altezza.
Una tenue luce proveniva dallo spiraglio fra la porta ed il pavimento.
Sara si avvicinò alla porta ma prima ancora d’aver compiuto due passi quella s’aprì.
Isabella entrò nella stanza. Era una gigantessa. Misurava, almeno agli occhi di Sara qualcosa come otto o nove metri d’altezza. I suoi passi facevano tremare il pavimento della stanza. La ragazza s’impietrì, ma quello che vide al di là della gigantessa la fece preoccupare ancor di più. Tutto era enorme, al di fuori della stanza in cui si era svegliata (doveva essere una sorta di ripostiglio vuoto, come capì subito dopo Sara), scorse tavoli, sedie, finestre, quadri e mobili di dimensioni inumane.
-“Ah, ti sei ripresa”- disse la donna fermandosi a pochi centimetri/metri da Sara. I suoi enormi piedi, calzati in lussuose scarpe delle dimensioni di un’automobile, incombevano sulla poveretta.
-“Che cosa è successo?”- chiese Sara disperata.
-“Non l’ hai ancora capito? Sono una strega e tu sei stata rimpicciolita per mezzo di un filtro magico. Cosa ti ho fatto bere? Nient’altro che una polvere stregata miscelata alla mia urina. L’effetto è immediato e dura a lungo”-
-“Quanto a lungo?”-
-“Non preoccuparti. Nessuno ti cercherà. Prima ho dato un indirizzo falso a quelli dell’assistenza stradale e mentre tu dormivi ho spostato la tua macchina. Nulla potrà portare chi ti verrà a cercare fin qui”-
-“La prego, mi lasci libera”-
-“Zitta, diventare la serva di Lady Isabella è un grande onore per te”-
-“La prego…”- supplicò ancora Sara.
Isabella sollevò un piede e lo posò su Sara, senza fare sforzi. La pressione era sufficiente ad inchiodare la ragazza sul pavimento ma non abbastanza da spaccarle le ossa. Con orrore Sara vide la scarpa di Isabella incombere su di lei, cercò di strisciare lontano ma la suola triangolare della decolté gigantesca la tenne ben ferma. Sarebbe stato sufficiente un movimento per la strega e di lei non sarebbe rimasta che una pozzanghera rossa.
-“Supplicami di non schiacciarti”- disse Isabella.
-“Non mi faccia del male”- gemette Sara, con la voce strozzata dalla paura e dalla pressione –“Farò tutto quello che lei vorrà”-
-“Bene, è così che ti voglio. Allora vediamo come posso usarti. Come leccapiedi sei un po’ troppo piccola. Ti posso impiegare al limite come pulisci scarpe. Ognuna delle mie calzature per te è grande come una automobile, ma le automobili si possono lavare, no? Impiegherai solo molto tempo per farlo e non parliamo dei miei stivali. In ogni caso hai tutto il tempo che vuoi, hai l’eternità”-
-“Cosa?”- gridò Sara –“L’eternità? Resterò qui per sempre?”-
-“Ma no! Solo finché non mi avrai annoiata, ma se ti comporterai bene e mi piacerai potrei rendere permanente il sortilegio e da allora mi apparterrai per tutta la vita”-
-“Non lo faccia, la supplico”-
-“Niente proteste!”- esclamò la strega. Sollevò la corta gonna che indossava e mostrò il suo sesso. Non portava mutandine. Sollevò il piede con cui teneva schiacciata Sara sul pavimento e raccolse la ragazza con una mano. La sollevò portandola all’altezza del suo inguine e poi la premette contro il suo sesso.
-“Dai, datti da fare. Ora voglio godere”- disse con voce languida sedendosi sul divano del salotto che raggiunse con pochi, chilometrici passi. Infilò la testa ed il busto della schiavetta nella fica e tenendo Sara per le sole gambe iniziò un lento movimento dentro- fuori- dentro fino a raggiungere l’orgasmo. Non si curò neppure per un istante delle condizioni della prigioniera. A Sara sembrò d’essere infilata a forza in uno stretto tunnel umidiccio dalle morbide pareti di carne. Trattenne inutilmente il fiato ma la contrazione dei muscoli vaginali di Isabella al limite dell’orgasmo fu sufficiente a schiacciarle la cassa toracica provocandole l’espulsione violenta dell’aria dai polmoni. Infine i succhi della strega la investirono e l’inondarono, inzuppandola completamente. Il liquido le penetrò in bocca ed anche se cercò di serrare le labbra a Sara sembrò di averne bevuta una secchiata. I suoi occhi, irritati da tutto quello sfregamento e dai succhi stessi, le bruciavano come se qualcuno li avesse bagnati con dell’acido.
Isabella la “stappò” dalla sua fica con un unico colpo deciso e la tenne sospesa per una gamba grazie a due sole dita, lasciandola sgocciolare a mezz’aria. Sara tentò di urlare ma dalla sua bocca non provenne che un gorgoglio soffocato.
-“Come sei sudicia!”- esclamò Isabella –“Qui ci vuole un bel bagno. Anche un vibratore va pulito dopo l’uso, figuriamoci un vibratore umano”-
Andò in bagno e preparò la doccia per se. Accappatoio, bagnoschiuma e asciugamani. Si chiuse nel box dopo aver lasciato Sara nel lavandino e si lavò tranquillamente e con cura. La ragazza tentò di arrampicarsi lungo le pareti del lavandino perché non erano altissime e sentì di potercela fare, tuttavia i suoi movimenti erano incerti a causa della tremenda prova appena subita e le sue mani, come del resto tutto il suo corpo, erano scivolose come la pelle di una lumaca.
Isabella uscì dalla doccia, indossò l’accappatoio e si asciugò i piedi e le gambe con un morbido telo da bagno. Calzò un paio di pantofole nere col tacco alto e si avvicinò alla ragazza miniaturizzata.
-“O.K. io sono pulita. Ora vediamo di lavare anche te”- disse sorridendo. Raccolse Sara e le legò entrambe le braccia con una cordicella. La tenne sospesa per aria stringendo fra le dita l’altro capo di quella che a Sara parve una solida fune e che invece era solo uno spago da arrosto, e la portò sul bordo del water. Legò il capo libero della cordicella al perno su cui ruota la tavoletta del water e lasciò cadere dentro la tazza la povera sventurata. La ragazza rimase sospesa a mezz’aria, fra il bordo del cesso e l’acqua del fondo.
-“Adesso ti rischiarerò un poco”- rise sadicamente la strega.
-“No, la prego, che cosa mi vuol fare?”- strillò Sara.
Isabella si sedette sulla tazza e ne coprì completamente l’apertura. La ragazza, sospesa a testa all’insù a qualche centimetro dallo specchio d’acqua del water vide scomparire all’improvviso la luce. Solo un raggio luminoso molto tenue di colore arancio filtrava da una stretta fessura fra le cosce ed il bacino della strega gigantesca.
Poi iniziò la tortura. Sara fu centrata in pieno da un fiotto di piscio potente come un idrante a dieci atmosfere, roteò come una trottola su se stessa e fu spinta via dal getto dorato. La calda urina le irritò nuovamente gli occhi mentre i succhi della signora venivano lavati via (e sostituiti da qualcosa di ben peggiore). Il getto si fermò poi un momento perché la serva smettesse di oscillare qua e là e poi riprese di colpo, più forte di prima. Evidentemente la strega si stava divertendo un mondo a tormentare la vittima in questo modo. L’ultimo colpo la centrò in faccia con la forza di un geyser, la spinse via mandandola a sbattere contro le pareti della tazza. Sara colpì il water da un lato e subito dopo dall’altro, ancora roteò su se stessa ed infine tornò al centro del vuoto a forma d’imbuto. Nel frattempo Isabella aveva terminato di pisciare ed ora, dall’alto, l’urina veniva giù goccia a goccia. Era diretta tutta addosso alla serva che, passivamente, si lasciava bagnare dalle goccioline gialle grandi, dal suo punto di vista, come gavettoni.
Infine, quando anche questa fu terminata Sara s’aspettò di rivedere la luce del Sole e di respirare aria pulita (perché chiuso fra pareti di ceramica e tappato dal culo e dalle cosce di Isabella, lo spazio in cui Sara ondeggiava si era saturato di un forte fetore di piscio). Invece un rumore possente come un tuono e proveniente dall’alto echeggiò sul fondo della tazza, il tutto accompagnato da una corrente d’aria dall’odore indicibilmente orrido.
Isabella aveva scoreggiato. Beh, perché no? Dove sta scritto che le streghe non piscino e non scoreggino? Tuttavia, vedendo che la gigantessa non mostrava alcuna intenzione di alzarsi dal water, Sara attese il peggio. Ed infatti, accompagnato da un’interminabile serie di piccole scoreggine più modeste della prima bombarda, ecco fare capolino dal tornito sedere della padrona un cilindretto marrone (delle dimensioni di un barile di petrolio, per Sara). Isabella si spostò un poco in avanti, giusto perché il suo ano fosse sulla verticale esatta della prigioniera miniaturizzata. Sara udì ridere la strega sopra di sé, fu colpita da altre scoregge molto odorose che la soffocarono e la fecero vomitare. Per farlo dovette rivolgere il viso verso il fondo della tazza, il contenuto del suo stomaco si riversò nell’acqua e nel piscio della gigantessa. Quando non ebbe più una sola goccia di succhi gastrici da sputare sollevò la testa verso il culo enorme di Isabella ed in quel momento lo stronzo cadde e precipitò su di lei. Essere centrati da un pezzo di merda delle dimensioni di una cassapanca non è piacevole, tanto più se non hai la possibilità di spostarti. Sara si ritrovò coperta di cacca. La faccia, il naso, il mento, i capelli. Aveva merda dappertutto, anche negli occhi e persino in bocca. Urlò ed un po’ della materia molliccia e marrone le andò di traverso. In quel momento Isabella si alzò dalla tazza, prese un pezzo di carta igienica e si pulì. Gettò il mozzicone di carta nel gabinetto, facendo ben attenzione a centrare la schiava nanizzata e sorridendo nel vedere quest’ultima oscillare come il peso un pendolo sopra ad una pozza di escrementi ed orina.
-“Ora sarà il caso di lavarsi per benino”- disse, sempre più ilare la gigantessa e schiacciò senza remore il pulsante dello scarico. Un violento turbine d’acqua e schiuma si riversò nella tazza. Come una tromba marina afferrò la povera Sara e la sballottò contro la parete di ceramica con furia inaudita. Rimosse dai suoi capelli, dalla sua pelle e dai suoi vestiti la merda e gli altri umori con i quali Isabella l’aveva inondata ed infine si ritirò emettendo un suono simile ad un grugnito dal fondo della tazza. Sara si sentì sballottata come una bambola di pezza, la testa le girava vorticosamente e lo stomaco pareva volersi rivoltare una seconda volta. Inoltre le ossa le facevano male dopo tutte quelle botte.
Isabella la prese e la sollevò, la sciolse dalla corda e la mise ad asciugare, appendendola con dei gancetti per il bucato allo stendipanni. Questa volta, se non altro, a testa in su. Trascorsero delle ore. Sara, svenuta durante la prova dello sciacquone, si destò e vide il cielo fuori dalla finestra. Era sera. Tentò di liberarsi approfittando della momentanea assenza della strega ma non vi riuscì. Pianse, urlò a squarciagola. Fu tutto inutile.
Verso le due di notte Isabella rientrò nella stanza. Era andata a mangiare fuori con amici, forse maghi o altre streghe.Si tolse le scarpe, la gonna, il soprabito e restò solo con reggiseno e slip di seta. La gigantessa aveva buon gusto nel vestire ed era apparentemente molto ricca.
-“Lasciami andare!”- urlò Sara –“Non ne posso più. Ma che ti ho fatto io?”-
Isabella la guardò con disinteresse. –“Che mi hai fatto? Nulla (a parte godere poco fa). Ti terrò con me per qualche tempo, almeno fino a che l’effetto della pozione rimpiccolente non terminerà. Poi forse ti permetterò di andartene”-
-“Mi terrai prigioniera finché durerà l’effetto del sortilegio?”-
-“Si. E’ quel che ho detto”-
-“E quanto dura quest’effetto?”-
-“Mah! Qualche settimana, qualche mese al più”-
Mesi? Sara si sentì morire. Mesi interi come quel giorno? E chi sarebbe sopravvissuto a quel trattamento così a lungo?
-“Sta attenta, però. Molte di quelle che ti hanno preceduto hanno deciso di rimanere”-
-“Non sarà il mio caso”- pensò Sara.
-“Comunque è presto per te. Sei appena all’inizio del tuo tirocinio da vibratore umano. E’ così che ti userò il più delle volte, lo sai? Mi piace un mondo sentire un altro essere umano che soffre e se necessario muore, nella mia fregna mentre io godo”-
La ragazza rabbrividì. -“Questa è pazza!”- pensò.
Isabella la raccolse, la sganciò dallo stendipanni e la portò in camera da letto. La stanza era dominata da un grande letto a baldacchino stile principesco. La strega, oltre che una bella donna ed una signora assai benestante, si era anche circondata di roba di gran lusso.
-“Stanotte dormirai con me”- disse Isabella –“Non ho preparato né un collarino né un guinzaglino adatti alle tue dimensioni perciò dovrai un po’ attendere. Di solito le mie serve le faccio dormire sotto al letto, legate alla rete del baldacchino. Per stasera dovremo trovare una sistemazione di comodo per te. Vediamo…dentro al cassetto? No, troppo provinciale. In una gabbietta per uccellini? No, mi spaventi i canarini- vampiro. Ah! Ho trovato! Sai che stasera ho mangiato fuori con alcune amiche? Siamo andate in un bel ristorante ed abbiamo ordinato zuppa di farro. Non ci crederai ma a me il farro fa uno strano effetto a livello intestinale. Stanotte emetterò parecchie scoreggine dal mio culetto, lo sai? Bene, indovina allora dove ti terrò fino a domani…?”-
Sollevò un poco l’elastico degli slip dalla parte del sedere e infilò Sara fra la seta ed il solco fra le natiche. Guardò il tessuto che formava un rigonfiamento là dove aveva inserita la ragazza, si sforzò un pochino e scoreggiò. Subito avvertì che Sara si stava movendo in preda al panico, e ciò le procurò un gradevole solletico sul posteriore. Rise, scosse la bella criniera mora e si coricò.
-“Buona notte, ragazzina”- disse Isabella. Scoreggiò un’altra volta e spense le luci.


 
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