Maria Callas

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†MurderouS_AngeL†
view post Posted on 19/11/2009, 13:09




Maria Callas, nome d'arte di Maria Anna Sophia Cecilia Kalogheròpoulos (New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977) è stata un soprano greco di origine statunitense[1].

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Maria Callas in un francobollo commemorativo dello stato di Saint Vincent e Grenadine

In breve

Nata a New York da genitori greci, la Callas studiò ad Atene, dove cantò dal 1939 al '45, intraprendendo la carriera internazionale dai tardi anni '40 agli anni '60.

Dotata di una voce particolare, che coniugava un timbro unico a volume, estensione e agilità notevoli, la Callas contribuì alla riscoperta del repertorio italiano della prima metà dell'Ottocento (la cosidetta «belcanto renessance»), in particolare Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti, di cui seppe dare una lettura personale, in chiave tragica e drammatica, anziché puramente elegiaca. Sempre a lei si deve la riesumazione del soprano drammatico d'agilità e la restaurazione della tecnica di canto Ottocentesca.

Tra i suoi cavalli di battaglia vi furono Bellini (Norma, Puritani, Sonnambula), Donizetti (Lucia di Lammermoor), Verdi (Traviata, Trovatore, Aida), Ponchielli (Gioconda) e Puccini (Tosca, Turandot).

Si dedicò inoltre con successo alla riscoperta di titoli usciti di repertorio quali Armida e Il Turco in Italia di Rossini, Il pirata di Bellini, Anna Bolena di Donizetti, Alceste e Ifigenia in Tauride di Gluck e La Vestale di Gaspare Spontini, sia pure senza rigore filologico, com'era nella prassi dell'epoca, ossia tagliando e talvolta ritoccando le linee vocali.

I ruoli indissolubilmente legati al suo nome sono Norma e Medea di Luigi Cherubini.


Nome e data di nascita

Il nome di battesimo, per esteso, è Maria Anna Sophia Cecilia (in greco: Μαρία Άννα Σοφία Καικιλία). Il cognome originario del padre, Kalogeropoulos [pr. Kalogheròpulos], fu da questi semplificato dapprima in Kalos al suo arrivo negli USA, dopodiché diventò Callas. Per quanto riguarda la data di nascita, ci sono state diverse incertezze tra il 2, il 3 e il 4 dicembre, ma dipendono probabilmente da un lapsus memoriae della madre. Il registro dell'anagrafe riporta il 3, il passaporto il 2, mentre sia la madre che lei concordavano sul 4, data di cui la Callas non era sicura ma che prediligeva perché giorno di Santa Barbara, santa pugnace e combattiva che sentiva a sé congeniale. Oggi è assodato che la data esatta fosse il 2 dicembre[2].

Biografia

Infanzia e prima adolescenza negli USA (1923-1937)

I genitori, George Kalogeropoulos ed Evangelia Dimitriadou, si conobbero all'università dove entrambi studiavano farmacia. George Kalogeropoulos era originario del Peloponneso ed era di estrazione modesta. Evangelia Dimitriadou veniva invece in una famiglia abbastanza benestante: i suoi genitori, di ascendenze greco-macedoni, si erano trasferiti da Istanbul a Stylis, per poi fissare la loro residenza ad Atene. Nella società greca dell'epoca aveva una certa importanza il fatto che i Dimitriadis fossero una famiglia di tradizioni militari. Il matrimonio era insomma, almeno in parte, male assortito, e sarebbe stato motivo di frustrazione soprattutto per Evangelia Dimitriadou. Si sposarono nel 1916, stabilendosi a Meligala. Nel giugno del 1917 nacque la primogenita, Yakinthy (più tardi detta "Jackie"). Nel 1920 nacque l'unico figlio maschio, Vasili, che sarebbe morto nel 1923, vittima dell'epidemia di tifo che aveva colpito Meligala. Questa perdita lasciò tracce profonde soprattutto sull'animo della madre, e fu alla base della scelta di trasferirsi negli Stati Uniti d'America.

Sbarcarono qui il 2 agosto 1923, e si trasferirono in un piccolo appartamento di Long Island. George Kalogeropoulos trovò lavoro nel settore farmaceutico di un drugstore.

Maria Callas, concepita in Grecia, nacque al Flower Hospital di New York il 2 dicembre, durante una fitta nevicata. Il padre aveva già cambiato all'anagrafe il suo cognome da Kalogeropoulos in Callas. La madre, che avrebbe voluto un maschio (che avrebbe battezzato Vasili, come il fratellino morto) per quattro giorni rifiutò di vederla ed esitò a lungo prima di trovarle un nome. La bambina, eccezionalmente robusta, pesava più di sei chili alla nascita.

Secondo l'usanza della loro religione, la bambina venne battezzata a tre anni d'età, nel 1926, presso la chiesa greco-ortodossa di New York. A quest'età sembra già ben avviata alla carriera musicale: a tre anni ascolta arie d'opera grazie alla pianola del padre e della madre, a quattro si è già arrampicata sul pianoforte, dove comincia a mettere assieme le prime melodie. In My daughter Maria Callas Evangelia Dimitriadou sostiene che, a quattro anni, la piccola Maria, cantando ignara con le finestre aperte, avesse addirittura costretto gli automobilisti a fermarsi ad ascoltarla incantati, bloccando il traffico.

La famiglia Callas abitava allora nel quartiere di Manhattan, nella 192a strada.

Nel 1928, sfuggita al controllo della madre, la piccola Maria tentò di raggiungere la sorella Yakinthy, intravista dall'altra parte, attraversando la strada di corsa: un'automobile la colpì in pieno, trascinandola sotto le ruote per molti metri prima di riuscire a fermarsi. Trasportata subito all'ospedale di St. Elizabeth, solo per miracolo si salvò dopo 22 giorni di coma. Questo fu un fatto al quale sia la Callas che Evangelia Dimitriadou addussero molta importanza. La Callas confessò ad Eugenio Gara che durante il lungo stato d'incoscienza strane musiche le ronzavano nelle orecchie. La madre, sempre in My daughter Maria Callas, sostenne che dopo l'orribile incidente Maria sviluppò un carattere completamente diverso da prima e fece risalire il "cattivo carattere", che sarà famoso nel mondo, umbratile, ostinato e ribelle, proprio a questa circostanza.

Nell'anno 1929 il padre aprì una farmacia a Manhattan. La famiglia viveva con un certo decoro, risentendo limitatamente del crollo di Wall Street, grazie soprattutto all'intraprendenza paterna. Maria Callas seguì una brillante carriera scolastica, e parallelamente, dal 1931 prese lezioni di canto (sotto la guida di una ignota "signorina Sandrina", che fu l'artefice della sua prima impostazione vocale) e pianoforte. A proposito di questa prima formazione, nonostante le sue notazioni in merito siano state molto laconiche, la Callas ebbe modo di mettere in luce il fatto che già in questa primissima fase qualcosa la portava a quella sorta di "sincretismo" tra scuole nazionali di cui la sua voce sarà il risultato: la signorina Sandrina infatti le insegnava sia il metodo italiano che quello francese (finalizzato a sfruttare le cavità nasali). Per proprio conto (come ricorderà più avanti la stessa interessata) aveva già preso l'abitudine di alternare solo due arie, la Habanera dalla Carmen di Georges Bizet e Io son Titania, dalla Mignon di Ambroise Thomas: un'aria di mezzosoprano e una di soprano di coloratura.

Di robusta costituzione, sviluppò molto presto un'importante disfunzione ghiandolare, che la porterà ad un'abnorme crescita di peso, dalla quale non si libererà completamente prima del 1953. Nel 1937 i genitori si separarono e la madre, ritornata in Grecia nel settembre di quello stesso anno, riassunse il cognome Kalogeropoulos.

In Grecia (1937-1945)

Una volta in Grecia venne ammessa al Conservatorio di Atene dove si diplomò in canto, pianoforte e lingue, studiando con il soprano italiano Maria Trivella. L'11 aprile 1938 partecipò ad un concerto-saggio con altri studenti. Il 2 aprile 1939, interpretò, in forma concertante, Santuzza in Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, la sua prima opera completa, vincendo il premio che il conservatorio metteva in palio. Cominciò così quella luminosa carriera che le farà guadagnare l'appellativo di "Divina".

Sarà un susseguirsi di interpretazioni: le musiche di scena de Il mercante di Venezia al Teatro Reale di Atene, fu Beatrice in Boccaccio di Franz von Suppé al Palais Cinéma; nei quattro anni successivi (dal 1942 fino al settembre 1945) canterà Cavalleria rusticana, Fidelio, Der Bettelstudent (Il principe studente di Millöcker), la sua unica interpretazione (Smaragda, 1943 e '44) di un'opera contemporanea, O protomastoras (Il capomastro, di Manolis Kalomiris, da un dramma di Nikos Kazantzakis), Tiefland di Eugen d'Albert e Tosca. Il momento più importante della sua carriera greca, tutt'altro che trascurabile per la sua preparazione, fu decisamente il Fidelio. La Callas venne chiamata, all'ultimo momento, per sostituire una cantante impreparata. In un'intervista a "Life" del 1955, Elvira de Hidalgo sostenne che per la prodigiosa memoria della Callas era del tutto normale assimilare la parte di un'opera, anche difficile, in meno di una settimana: una dote di cui darà prova nel corso della carriera in Italia. L'Arena di Erode Attico, come gli altri più importanti organismi di Atene, erano al momento in mano all'occupante nazista. La Callas, diplomata in italiano, spagnolo e francese, non conosceva il tedesco, e lo studiò appositamente con insegnanti greci, evitando accuratamente di venire in contatto con i tedeschi occupanti. Grazie alla sua lettura, la recita del dramma beethoveniano della libertà acquisì, in un clima di tensione spasmodica, un'enorme valenza allusiva alle condizioni di allora della Grecia, pur non risparmiandole (soprattutto per iniziativa della cantante sostituita) accuse di collaborazionismo per aver cantato sotto la direzione tedesca dell'Opera di Atene. È peraltro noto che la Callas, la madre e la sorella nascondessero in casa alcuni militari inglesi; circostanza relativamente alla quale non manca un episodio toccante, sembra reale, che vedrebbe la Callas improvvisare "Vissi d'arte" al pianoforte durante un'ispezione fascista; i militari, distratti dal suo canto, avrebbero desistito da più approfonditi controlli. Singolarmente numerose e particolareggiate le testimonianze di conoscenti circa la condotta della Callas nei difficili anni della guerra: impegnata a mantenere sé e la famiglia con i più disparati mestieri, si adeguò a cantare in tutti i locali, anche di infimo ordine (compreso il postribolo di piazza Omonoia), svolgendo nel frattempo lavori pesanti, e per un certo periodo fungendo da interprete presso l'ambasciata inglese, ma non piegandosi mai ai più bassi commerci.

Musicalmente, sono molto interessanti i numerosissimi concerti, dove oltre alle arie tradizionali e ai canti popolari greci alternava alcuni brani, all'epoca di raro ascolto, di quello che sarà il suo repertorio più tipico. Un aneddoto non verificabile vuole che la Callas abbia addirittura cantato da sola il duetto Otello-Desdemona, dall'Otello di Rossini, alternandosi nelle due parti sia come soprano che come tenore.

Nel 1945 tenne l'ultimo, acclamato concerto ad Atene, concludendo un settennio prezioso per l'intensa esperienza accumulata e i successi mietuti.

Negli USA (1945-1947)

Ritornò quindi a New York, dove trascorse parte del 1945, tutto il 1946 e i primi mesi del 1947; qui riassunse il cognome di Callas. La sua decisione fu certamente influenzata dalle durissime condizioni della Grecia coinvolta nel secondo conflitto mondiale e dal desiderio di ritrovare il padre; ma più di tutto contò il consiglio di Elvira de Hidalgo, che l'aveva spinta a raggiungere l'Italia, l'unico paese in cui una cantante con i suoi mezzi poteva trovare una definitiva consacrazione. Tuttavia la Callas esitò per lunghi mesi: raggiungerà l'Italia solo nel 1947, a vittoria della Repubblica ormai avvenuta. Nel frattempo, a New York, nel mese di dicembre, ottenne un'audizione al Metropolitan Opera Theater, ma con risultato negativo; le furono infatti proposti Madama Butterfly e Fidelio; per la prima parte, oltre alla perplessità di sempre nell'affrontare ruoli pucciniani, la Callas si sentiva fisicamente fuori ruolo; e declinò l'offerta del Fidelio perché non si sentiva di cantarlo, come le era stato richiesto, in inglese.

Parallelamente, continuò a studiare canto, perfezionando la sua tecnica. Conobbe il sedicente agente teatrale Eddie Bagarozy, da cui fu ingaggiata per cantare Turandot a Chicago nel gennaio del 1947, con una nuova compagnia che, però, fallì miseramente: Bagarozy si rivelerà un imbroglione. La moglie di costui, il soprano italo-americano Louise Caselotti, ha sostenuto, fino a pochi anni addietro, di aver addirittura dato "lezioni di canto" alla Callas. Quello che è certo è che Bagarozy, che aveva già avuto molti problemi col fisco ed era stato più volte denunciato per quella che l'ordinamento statunitense definisce "frode postale", aveva coinvolto la Callas e altri cantanti (tra cui il famoso basso italiano Nicola Rossi-Lemeni) in un'iniziativa che non sarebbe mai giunta in porto, scappandosene, molto prosaicamente, con le prevendite. La Callas, un po' invaghitasi del truffatore, aveva commesso l'imprudenza di firmare un contratto-capestro che prevedeva il versamento al suo "agente" del 10% di ciascun proprio incasso. Anni dopo, quando la Callas sarà ormai all'apice della carriera e della ricchezza, Bagarozy le intenterà causa cercando di far valere un contratto divenuto una miniera d'oro, e mai fino allora scisso.

In Italia (1947)

Grazie a Nicola Rossi-Lemeni venne in contatto con Giovanni Zenatello, direttore artistico dell'Arena di Verona. Zenatello, incantato dalla sua voce, la ingaggiò per La Gioconda. Il 27 giugno 1947 la Callas arrivò a Napoli e da lì si recò a Verona per provare la parte. Qui fece due importanti incontri: con Giovanni Battista Meneghini, suo futuro marito, grande appassionato di lirica e possessore di una fiorente industria di laterizi e con Tullio Serafin, uno dei grandi direttori italiani del tempo. Fu proprio Serafin a dirigerla in occasione del suo debutto all'Arena di Verona, che le assicurò una certa visibilità, nonostante il successo non travolgente accompagnato però da critiche generalmente favorevoli.

La consacrazione (1948-1950)

L'anno successivo fu a Firenze dove cantò nella Norma di Vincenzo Bellini, suo ruolo di riferimento. Ma in questo primo periodo della sua carriera italiana la Callas, nel frattempo seguìta e molto spesso diretta da Tullio Serafin, venne come confinata in un repertorio non congeniale, basato su ruoli wagneriani (che non amava, come La Valchiria, Parsifal, Tristano e Isotta) e su Turandot e Aida, eseguiti in molte città italiane con ottimo successo di pubblico e di critica. Ma era ancora una cantante di "nicchia", per intenditori, non molto nota al grande pubblico. La svolta della sua carriera avvenne in modo del tutto fortuito e casuale: il 19 gennaio 1949 infatti venne chiamata all'ultimo momento a sostituire il soprano Margherita Carosio, indisposta, nel ruolo di Elvira ne I puritani alla Fenice, dove era stata scritturata per La Valchiria di Wagner. Fu un successo memorabile, benché un critico, acidamente, notasse che, dopo l'impiego di una cantante wagneriana per una parte tradizionalmente ritenuta "leggera" la prossima volta si sarebbe potuto far cantare Gino Bechi nella parte di Violetta (La Traviata).

Dopo una corte molto intensa accettò di sposare Meneghini sebbene fosse molto più anziano di lei rifiutandosi però di convertirsi al cattolicesimo; il matrimonio, tra il civile e il religioso, venne celebrato in una sagrestia in totale solitudine, a parte la madre di Meneghini. Dopo il matrimonio Meneghini lasciò la guida della sua azienda a dei suoi parenti, dedicandosi da quel momento in poi alla carriera della moglie in qualità di suo agente.

L'ingresso alla Scala (1951)

Molto faticoso fu il suo ingresso alla Scala. La sua unica occasione, finora, era stata un'Aida nel (1950) in sostituzione di Renata Tebaldi indisposta, accolta con perplessità per via della resa scenica e dello "strano" timbro vocale. Da notare una certa ostilità della critica, soprattutto da parte di Teodoro Celli, che in brevissimo tempo diventerà uno dei suoi più grandi e consapevoli estimatori. Sovrintendente del teatro era allora Antonio Ghiringhelli, direttore artistico Victor De Sabata. Colleghi come Mario Del Monaco e Giuseppe Di Stefano, con lei coinvolti nelle trionfali tournée sudamericane della Scala, riuscirono a far breccia. Le tensioni con Antonio Ghiringhelli, che aveva pianificato il periodo della propria sovrintendenza sul cosiddetto "star system", che avrebbe dovuto avere come punte di diamante Renata Tebaldi, Mario Del Monaco, Giulietta Simionato ed Ettore Bastianini (tutti cantanti sotto contratto con la Decca di Londra, la diretta rivale della EMI), non sarebbero mai cessate. La Callas non solo riuscì a fare della sua permanenza alla Scala un "dodicennio d'oro" parallelo a quello di Toscanini, ma spezzò l'artificioso equilibrio creato dalla sovrintendenza, ponendosi (per volontà dei colleghi stessi) a capo del quartetto principale, sdoppiandosi per giunta in due diversi cast stellari (anche per ragioni di esclusività discografica), collaborando con Mario Del Monaco, con Giuseppe Di Stefano, con Giulietta Simionato (sua grandissima amica) con Fedora Barbieri, con Ettore Bastianini e con Tito Gobbi, anche lui grande cantante-attore. Parimenti, l'appoggio garantito da Wally Toscanini suonava come una sorta di "benedizione" da oltreoceano da parte di Toscanini. La Tebaldi, sentendosi tradita, preferì ricrearsi un equilibrio congeniale negli USA, ciò che non impedì l'accendersi di una rivalità a distanza, fomentata dalla stampa.

Gli anni d'oro: 1951-1957

Cominciò così la parte più folgorante della sua carriera: inaugurò la stagione lirica alla Scala di Milano nel dicembre del 1951 ove trionfò ne I vespri siciliani, continuando a mietere grandi successi interpretando le più grandi figure femminili della lirica: da Norma a Lucia di Lammermoor, ad Anna Bolena a Medea.

Ritornò all'Arena nel 1952 (presentandosi con il nome di Maria Meneghini Callas), cantando in La traviata e La Gioconda (1952), Il trovatore e Aida, e in Mefistofele nel 1954.

Si aprì così anche la strada della discografia: la EMI le offre un ottimo contratto e la Callas iniziò ad incidere le opere fondamentali del suo repertorio, tra cui Lucia di Lammermoor di Donizetti, Norma, Tosca, Manon Lescaut, La sonnambula; si segnalò, anche per il notevole coraggio del produttore Walter Legge, dati i tempi, anche Il turco in Italia di Gioacchino Rossini. Nel frattempo si esibiva in tournée in prestigiosi teatri quali l'Opera di Chicago, il Metropolitan di New York, il Covent Garden di Londra.

Nel 1953 affrontò per la prima volta, al Maggio musicale fiorentino, la Medea di Luigi Cherubini, il ruolo più suo, specialmente considerando che la Callas adattò ai propri debordanti mezzi una versione particolarmente impervia dell'opera, con i numeri dell'originaria opéra comique di Cherubini e i recitativi musicati nel XIX secolo da Franz Lachner. Nessuna ripresa di quest'opera più aderente all'originale cherubiniano ha avuto modo di destare altrettanta impressione.

La "trasformazione" della Callas

Nel 1954, dopo aver tentato inutilmente diverse cure, riuscì a perdere 30 chilogrammi. La sua figura cambiò drasticamente, la sua voce, ormai matura, raggiunse livelli di inattingibile perfezione; cantò in Norma, La Traviata e Lucia di Lammermoor a Chicago; a dicembre fu a Milano ad inaugurare la stagione lirica con La Vestale e quindi a New York ove cantò Norma, Tosca e di nuovo Lucia di Lammermoor. Si affidò, per la sua immagine alla stilista italiana Biki, con la quale iniziò un rapporto di collaborazione che andò poi al di là della semplice fornitura di abiti, ma ebbe più a che fare con la creazione di una divinità sofisticata ed elegante. Si parlò di "trasformazione della Callas", ma rilevantissime furono le conseguenze sull'arte scenica, che la Callas portò ad altezze inimmaginabili: libera e fluida nei movimenti, in condizioni di salute sufficientemente buone, riconcepì le sue creazioni come in senso coreografico, imponendo un modello di recitazione fortemente espressionistico, dalla gestualità raffinatissima e nervosa.

Quasi tutte le sue serate, a partire dalla memorabile riesumazione del Macbeth (1952), risultarono contrastate: agli applausi si mescolavano fischi e dissensi che il grosso del pubblico tuttavia tacitava aumentando il frastuono. Unico parziale passo falso del periodo scaligero fu Il barbiere di Siviglia (febbraio/marzo 1956); la sua Rosina non convinse del tutto, sia per l'insolito recupero di alcune figurazioni dell'originaria tessitura contraltina (all'epoca, Rosina era interpretata quasi esclusivamente da soprani leggeri), sia soprattutto, per la scarsa congenialità del personaggio[3].

La Callas divenne uno dei più grandi, controversi e durevoli miti del '900. La stampa, anche scandalistica, contribuì a renderla popolarissima.

L'incontro con Onassis

Nel 1957, ad un ricevimento a Venezia organizzato in suo onore da Elsa Maxwell, incontrò per la prima volta Aristotele Onassis. Nell'anno 1959 venne invitata, insieme al marito, da Onassis sul suo yacht Christina per una crociera insieme a Winston Churchill e consorte, alla famiglia Agnelli e ad altre personalità del Gotha internazionale: alla fine della crociera Aristotele e Maria apparvero ufficialmente amanti.

La Callas si separò e poi divorziò da Meneghini, abbastanza tempestosamente, dopo poco tempo. In realtà già da diverso tempo meditava di porre fine al matrimonio, per diverse cause dovute proprio a Meneghini (innanzitutto per i continui tradimenti e la sottrazione sistematica di denaro della Callas a favore dei propri parenti).

Maria Callas e Onassis concepirono un bambino, Omero, nato e morto pochi istanti dopo a causa di un'insufficienza respiratoria. Omero fu sepolto nel cimitero di Bruzzano, alla periferia nord di Milano. Durante il parto La Callas fu assistita da una suora e dalla fidata cameriera Bruna Lupoli (tuttora vivente a Feltre); Onassis non c'era, come non c'era il giorno della tumulazione, in quanto si trovava in crociera a Porto Rico sul Christina con Sir Winston Churchill. Per molti anni non si è creduto che la Callas avesse avuto un bambino, in quanto secondo le testimonianze di Meneghini, era impossibilitata ad avere figli a causa di una deformazione congenita; in realtà fu operata due volte dal professor Palmieri in una clinica di Milano, probabilmente per effettuare una retroversione, intervento che le consentì di restare incinta. Inoltre ci sono diverse foto della Callas in stato interessante, una la ritrae a Parigi nel 1960 al sesto mese di gravidanza e a dissipare ogni dubbio c'è la foto al piccolo scattata poco prima dell'ultimo addio (il 4 aprile 1960) dalla stessa Maria, dopo che lo aveva vestito con le sue stesse mani con un camicino bianco di lino e una piccola cuffietta di pizzo.

Il declino (1958-1965)

Le sue condizioni vocali, già a partire dal 1958, mostrarono segni di logoramento dovuti al superlavoro, alle crescenti tensioni psicologiche, al peggiorare delle condizioni fisiche (sempre state precarie) e alle difficoltà di imporre la propria arte. Quell'anno segnò anche l'inizio di una fase critica della sua carriera: il 2 gennaio a Roma, ad una serata di gala alla presenza di alte autorità quali il presidente della repubblica Giovanni Gronchi, dopo il primo atto di Norma, diretta da Gabriele Santini, la Callas accusò un malore e interruppe la recita. In maggio entrò in conflitto con il sovrintendente della Scala di Milano, Antonio Ghiringhelli; a novembre, per prese di posizione giudicate inaccettabili da Rudolf Bing, direttore del Metropolitan Opera, fu obbligata alla rescissione del contratto. Nel 1959 diradò vistosamente gli impegni. Nell'agosto del 1960, con una linea vocale cospicua ma intaccata da un forte vibrato e dal registro acuto indebolito e accorciato, cantò Norma ad Epidauro, in settembre incise nuovamente l'opera e il 7 dicembre inaugurò la stagione lirica della Scala nella parte non protagonistica di Paolina nel Poliuto di Gaetano Donizetti.

Nel 1964, dietro forti insistenze di Franco Zeffirelli cantò in Tosca al Covent Garden di Londra e successivamente Norma a Parigi. Ebbe maggior successo nella pur affaticata parte di Tosca, meno impegnativa vocalmente, essendo coadiuvata dal grande collega e amico Tito Gobbi. Nel 1965 decise di ritornare sulle scene e cantò Tosca a New York: il ritorno fu trionfale. Maria sembrò aver ritrovato lo splendore degli anni precedenti e ciò la indusse a cantare cinque recite di Norma a Parigi, ma sia la voce che il fisico non ressero, tanto che il 29 maggio terminò la scena dell'atto II del tutto sfinita e l'ultima scena venne annullata.

Gli ultimi anni (1966-1977)

Impegnata con il Covent Garden di Londra per quattro rappresentazioni di Tosca, riuscì a tenere solo quella di gala, in presenza della regina; fu poi costretta a rinunciare a tutte le altre dietro ordine del suo medico personale per problemi fisici. Questa fu l'ultima volta che la Callas cantò in un'opera integrale. Sul piano della vita privata il momento era altrettanto critico: Aristotele Onassis rifiutò di regolarizzare la loro unione, e in più, nel 1968, sposò Jacqueline Kennedy, la vedova di John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti d'America assassinato a Dallas.
A seguito di questo evento il suo mondo crollò di schianto; si susseguirono periodi di depressione alternati a momenti di euforia, quando ebbe l'occasione di tornare alla ribalta, nel 1969, come protagonista del film Medea di Pier Paolo Pasolini.

L'ultima tournée con Giuseppe Di Stefano (1973-'74)

Nel 1973 iniziò un tour mondiale insieme a Giuseppe Di Stefano, che si concluse nel 1974 a Sapporo (Giappone). Sarà la sua ultima esibizione in pubblico. Seguendo i consigli di Di Stefano, la Callas tentò di riorganizzare l'assetto vocale aprendo la gola e puntando sull'intatto registro di petto. Nonostante non fosse naturalmente in grado di tornare agli antichi fasti, affiancata da un collega amico e sostenuta dall'incoraggiante amore del pubblico, riuscì a recuperare abbastanza da concludere la tournée (a Seul in Corea) in condizioni vocali nettamente migliori rispetto a dieci anni prima.

Durante la tournée, l'amicizia con Giuseppe Di Stefano, compromessa da problemi familiari del tenore, ovvero la prematura morte per tumore della ventunenne figlia Luisa, s'incrinò. Stando a quanto pubblicato nel libro "Callas nemica mia" scritto da Maria Girolami, ex moglie di Di Stefano, il rapporto tra la soprano ed il tenore non fu di sola amicizia platonica e, sempre stando a questa fonte, uno dei motivi del "ritiro" della Callas fu anche quest'ultima delusione sentimentale. La Callas si ritirò nella sua casa di Avenue Georges Mandel 36 a Parigi, evitando contatti con conoscenti e amici; nemmeno Giuseppe Di Stefano, Giulietta Simionato, Fedora Barbieri riuscirono più ad avvicinarla. Gli ultimi anni della sua vita furono funestati da lutti: nel marzo del 1975 Onassis morì dopo essere stato operato alla cistifellea; il 2 novembre dello stesso anno Pier Paolo Pasolini morì assassinato; il 17 marzo 1976 si spense Luchino Visconti.

La morte (16 settembre 1977)


Il 16 settembre 1977, intorno alle 13.30, la Callas cessò di vivere. Nonostante sia stato varie volte ripetuto, la Callas non si è suicidata; le sue condizioni fisiche erano da tempo estremamente compromesse. Il referto medico indicò l'arresto cardiaco come causa del decesso. La grave disfunzione ghiandolare della giovinezza e il drastico dimagrimento vennero citati più frequentemente come cause della sua morte. Oltre a vari disturbi, negli ultimi anni si era aggiunta anche l'insonnia cronica; la Callas aveva cominciato ad assumere dosi sempre più massicce di Mandrax (metaqualone), che si procurava sottobanco (ad esso si riferiscono gli altrimenti misteriosi riferimenti alla "droga" che costellano le ultime pagine del suo diario).

Molto meno chiaro è tutto il contorno, e quali siano state le responsabilità dell'oscura pianista greca Vasso Devetzi — sorta di "dama di compagnia" stabilitasi in casa sua negli ultimissimi anni, della sorella, Yakinthy Callas, e della madre, Evangelia Dimitriadou. Esecutore testamentario risultò alla fine, grazie ad un testamento depositato subito dopo il matrimonio presso lo studio legale dell'industriale, Giovan Battista Meneghini, che alla sua morte, lasciò a sua volta la cospicua eredità della Callas alla propria governante, o compagna, Emma Brutti.

Resta inoltre irrisolto il mistero sui gioielli della Divina, i famosi collier, gli orecchini con brillanti e rubini, a quanto pare scomparsi dopo la sua morte. Le uniche due persone che potrebbero far luce su questa vicenda, Ferruccio Mezzadri, per 20 anni fedelissimo autista, e Bruna Lupoli, la cameriera storica della Callas, non ne hanno mai parlato.

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Lapide del loculo in cui sono custodite le ceneri di Maria Callas nel cimitero parigino di Père Lachaise.

La cremazione

Forti divisioni creò anche la decisione della cremazione (condivisa dalla Callas da viva; "Fai spargere le mie ceneri nel mare Egeo. Abbraccerò il mio Aristo attraverso il mare..." disse a Bruna), non consigliata dalla religione cristiana ortodossa alla quale la Callas si era serbata fedele negli anni. Da notare, nella biografia di Giovanni Battista Meneghini Maria Callas mia moglie, il mistero circa la firma semi illeggibile sulla liberatoria, "un certo Jean Roire, o Jean Rouen": si tratta semplicemente del compagno della Devetzi, Jean Roire, che s'incaricò di accompagnare la salma ai forni, secondo la prassi, insieme con gli operatori necrofori. Vivo è il sospetto che le ceneri della Callas siano andate perdute durante la loro permanenza al cimitero Père Lachaise di Parigi; non esiste prova che le ceneri sparse in mare dal ministro della Cultura greco (e non dal sindaco ateniese) durante una cerimonia nel 1979, fossero effettivamente le sue.

Vocalità e personalità interpretativa

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Estensione vocale di Maria Callas: da fa diesis grave a mi naturale sovracuto

Per la Callas fu coniata la definizione di soprano drammatico d'agilità, categoria vocale in cui rientravano le primedonne ottocentesche (Maria Malibran, Giuditta Pasta). I suoi più diretti modelli furono Ester Mazzoleni, Claudia Muzio (da cui riprese l'artificio dello schiarimento e dello scurimento delle vocali), Rosa Ponselle (quest'ultima da lei molto ammirata), soprani dall'autorevole linea di canto e dalle simili scelte di repertorio.

Aveva in natura un timbro assai scuro di contralto, con alcune zone opache e aspre. Con l'esercizio e la tecnica, servendosi di due passaggi di registro, era giunta a compattare la gamma, che andava dal fa diesis grave (fa#2), nell'aria Arrigo! ah, parli ad un core nei Vespri siciliani, al mi sovracuto (mi5), ancora nei Vespri siciliani, nella Traviata, in Lucia di Lammermoor e in molte incisioni.

Grazie alla tecnica agguerrita era in grado di emettere vocalizzi di grande precisione a piena voce (anche i sovracuti erano emessi con lo stesso volume delle note medie).

Come hanno notato unanimemente tutti i critici dell'epoca, il timbro presentava, come quello delle sue antesignane ottocentesche, disuguaglianze timbriche, che tuttavia conferivano inedita (e ineguagliata) varietà alla linea melodica, consentendo un gioco espressivo estremamente frastagliato. Il timbro rimase l'aspetto più contestato della sua vocalità; come notò tra i primi Giacomo Lauri Volpi in veste di critico, la sua arte era fondata sui forti contrasti, tra momenti di abbandono estatico e violente accensioni retoriche, durante i quali in specie nell'enorme registro acuto e sovracuto le note acquisivano una specie di fosforescenza e di inaudita violenza; il registro centrale, o medium risonava spesso velato, a causa dell'intensivo ricorso al falsetto, per sottolineare smarrimento o debolezza del personaggio, mentre le note gravi potevano essere considerate troppo brutali, o viriloidi. Per queste caratteristiche si è spesso parlato delle "tre voci" di Maria Callas. Secondo la testimonianza di Walter Legge, la Callas doveva la particolarità del suo timbro "imbottigliato" ad una conformazione non comune dell'arco palatale, che si sarebbe presentato come un arco a sesto acuto, e non a tutto sesto come nella gran parte delle persone. Risonando nella cavità facciale, secondo le prescrizioni belcantistiche, cioè immascherandosi, la voce non acquisiva il consueto squillo, ma trasparenza e luminescenza particolarissime; uno strumento dalle qualità timbriche di inedita astrazione, capace di un legato dalla linea ineguagliabilmente pura e compatta.

All'epoca, una parte del pubblico era ancora incline ad identificare il canto di coloratura con una certa frivolezza, e ciò indubbiamente la frenò dall'esibire compiutamente le sue doti; altre cantanti, soprattutto Joan Sutherland e Cristina Deutekom, anche loro considerate - almeno in parte - come soprani drammatici d'agilità, hanno trasceso le sue prestazioni in questo senso (benché il belcanto non debba essere identificato, a rigore, con l'agilità), ma si servirono di strumenti vocali di volume più ridotto, e agirono in un clima profondamente mutato rispetto a quello post-romantico e post-verista in cui la Callas si produsse; tuttavia, già all'epoca Rodolfo Celletti notò che la vocalizzazione della Callas , nell'ambito di interpretazioni che prediligevano tempi piuttosto dilatati, in linea di massima era più lenta (ma non sempre) rispetto a quella dei soprani leggeri.

L'arte della Callas fu comunque un fatto molto più complesso, coinvolgendo anche l'aspetto scenico delle parti che interpretava e portando ad una sintesi del tutto inedita tra canto e recitazione. Fu la prima cantante lirica ad interessare registi importanti all'opera; a parte gli esperimenti del Maggio musicale fiorentino (Armida di Rossini, con le scene di Alberto Savinio e le coreografie di Léonide Massine, 1952), ebbero importanza storica le collaborazioni con Luchino Visconti (che la considerava la più grande attrice vivente) alla Scala, e quelle successive con Franco Zeffirelli, Margherita Wallmann, Alexis Minotis. Le sue interpretazioni riportarono il melodramma all'epoca d'oro, come notarono i critici (Teodoro Celli, Rodolfo Celletti, Eugenio Gara, Massimo Mila); ma soprattutto lo reinserirono a pieno diritto (come segnalò l'interesse dimostrato per la sua arte da parte di Eugenio Montale, Mario Praz, Ingeborg Bachmann, Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Carmelo Bene e moltissimi altri) tra le espressioni artistiche più alte, facendone quasi un genere d'attualità, in grado di rinnovarsi incessantemente e attirare un pubblico molto più giovane nei teatri, nonché di fornire spunto ad analisi critiche ed estetiche molto complesse (come dimostrò il dibattito che coinvolse anche Mario Praz ed Ettore Paratore circa la sua Medea cherubiniana).

Fortuna

Maria Callas ha dato nuovo impulso alla riscoperta di titoli desueti, al miglioramento delle scuole di canto, e alla maturazione di una nuova consapevolezza tecnica da parte dei cantanti. Fu anche oggetto di imitazione diretta, fino ad anni molto recenti.

Una sorta di "erede" fu considerata, almeno in una fase iniziale, Leyla Gencer, che ne rilevò alla Scala e altrove i ruoli principali, quando sopravvenne il declino.

Stando alle vendite dei dischi, Maria Callas è a tutt'oggi la cantante lirica più nota e amata al mondo.

Dissero di lei

* Carlo Maria Giulini: "Cosa dire di Maria Callas? Si potrebbe scrivere un libro sulla sua arte interpretativa, sulla sua capacità di muoversi da grande artista sulla scena:"[senza fonte]
* Giulietta Simionato: "Si è tanto parlato di Maria, cose vere e non. Io mi limito a ciò che sento e cioè che Maria ha fatto testo. La ricorderemo sempre, volenti o nolenti, e la sentiremo in noi in modo indescrivibile. Siamo come drogati dal suo modo di essere, pur con tutti i suoi difetti; ma chi non ne ha?"[senza fonte]
* Franco Zeffirelli: "L'emozione di quel suono... la sua voce, che udivo per la prima volta, giungeva attraverso i timpani fino ai nervi, alle cellule più segrete e recondite della mente, del cuore."[senza fonte]
* Leonard Bernstein: "...perché è stata - senza alcun dubbio - la più grande cantante drammatica del nostro tempo."[senza fonte]
* Franco Corelli: "Era nata per cantare e per stare sulla scena. La musica e la sua voce entravano dentro il cuore, lei produceva melodia. Aveva dentro di se, dentro la sua voce, la vita."[senza fonte]
* Carla Fracci: "La Callas?... L'ho guardata proprio da vicino con occhi, cervello e orecchi spalancati. L'ho proprio divorata con occhi cervello e orecchi. L'ho amata come solo il fervore dell'adolescenza permette."[senza fonte]
* Renata Tebaldi: "La cosa più straordinaria era che potesse eseguire il canto di coloratura con quella voce enorme! Fantastico, davvero". [4]
* Eugenio Montale: "Personalmente io le ho parlato una sola volta sull'aereo che ci portava da Atene a Parigi. Fu cortese, ma all'arrivo, pur mostrandosi sorpresa che io non avessi una macchina in attesa, non mi offrì un posto sulla sua. In questa c'era un uomo, non il Battista [Giovanni Battista Meneghini, allora ex-marito della C.] né il grande Greco. Da tempo era divisa dal marito. Ma era poi facile vivere con lei? Qui debbo riferirmi a quanto ce ne dice la Cederna. Pare che avesse un sale caractère, un temperamento che provoca e anzi alimenta i pettegolezzi e gli scandali. Sulla scena non poteva soffrire i partners, anche se di prima grandezza. Si guastò con molti teatri, col Metropolitan, con la Scala (salvo riapparirvi trionfalmente ma «con una voce diversa» dopo ch'ebbe perduto una trentina di chili); si guastò con Edimburgo, con l'Opera di Roma quando non andò oltre il primo atto di Norma. Era in palco il presidente Gronchi che batteva impaziente il tacco e poi lasciò il teatro. Ma è quasi inutile insistere su incidenti che sono di dominio pubblico. Anche la sua rottura matrimoniale non fu poi un grande scandalo; il nostro tempo non si scandalizza per così poco. Più curioso è apprendere che prima della rottura il patriarca Atenagora, in presenza del Battista, aveva intrecciato le mani di Maria e del Greco benedicendoli: e il Meneghini ebbe il sospetto (sic) che si trattasse addirittura di un matrimonio avant lettre. E qui lasciamoci alle spalle le chiacchiere e le maldicenze e vediamo come e perché la Callas poté trasformare in pregi i suoi difetti. (...) Non è che avesse due o tre voci, come si è affermato. Ogni cantante, dopo una certa carriera, sa bene di averne avute altrettante. Artisti non famosi, dovendosi piegare all'eclettismo di un vasto repertorio, hanno dovuto riadattare di volta in volta la loro voce. Ma in genere, fino all'apparizione della Callas, i cantanti maggiori si mantenevano nei limiti della loro specialità. La Callas, che quando apparve alla Scala pareva destinata alla carriera del sopranone drammatico, ruppe invece queste barriere. Fattosi più esile il registro centrale dopo la cura che le fece perdere molta zavorra, non per questo le venne meno il forte temperamento drammatico. D'altronde il genere comico le era vietato (il Barbiere fu un mezzo disastro) e il suo orgoglio di primadonna non le permetteva di figurare prima tra i suoi pari in opere in cui non fosse protagonista. Quindi anche Mozart era da escludersi. Restavano e non erano rare le parti (spesso in opere poco note) nelle quali un drammatico d'agilità, mostro oggi quasi scomparso, potesse cimentarsi e vincere la partita. E questo avvenne puntualmente in quelle nove o dieci opere a cui resterà giustamente legato il suo ricordo. Bellini e Donizetti furono tra i suoi cavalli di battaglia: dovunque fosse una scena della pazzia il suo trionfo era inevitabile. Le opere «veriste» le erano meno congeniali, Tosca fu una parziale eccezione perché qui l'attrice vinceva sulla cantante, ma non credo che il si bemolle fosse il forte della Callas, che invece si spingeva più o meno fortunosamente alle note sopracute. La dizione era chiara e scandita anche se il suo italiano quasi veneto le rendeva ostico il raddoppio delle consonanti. Si aggiunga l'eleganza della figura e del portamento e la squisita sensibilità nella mezzavoce (è la terza Callas, quella che incise numerosi dischi sotto la direzione del geniale Georges Prêtre). E ora ditemi: che cosa si poteva chiedere di più a un'artista lirica? Resta insoluto il problema, probabilmente artificioso, se in lei fu dissidio o dramma tra la sua figura di diva e quella che fu la sua non privata privacy. A mio avviso il dissidio dovette ridursi a ben poco. La Callas resterà famosa anche quando non potrà più aprir bocca. Ce l'assicurano le sue numerose registrazioni, quali nessun altro artista ebbe mai. (...)". «Dal teatro alla vita». Recensione al Callas di Camilla Cederna (Milano 1968), Corriere della Sera, 21 maggio 1968.

Note


1. ^ Fino al 1966, la Callas era cittadina statunitense naturalizzata italiana; nel marzo di quell'anno rinunciò alla cittadinanza americana e prese quella greca, annullando il matrimonio con Meneghini e quindi la cittadinanza italiana.
2. ^ Maria Di Stefano: Callas, nemica mia. Nel suo libro, l'ex moglie di Giuseppe Di Stefano racconta di una cena organizzata il 2 dicembre 1972 in onore della Callas per festeggiare il compleanno della cantante
3. ^ John Ardoin, L'eredità Callas. Analizzando l'incisione live del 16 febbraio 1956, Ardoin fa notare come l'interpretazione della Callas abbia dato vita ad una Rosina "bisbetica" e troppo aggressiva rispetto al carattere giocoso e malizioso del personaggio. La Callas perfezionerà la sua interpretazione per l'incisione EMI del 1957, plasmando questa volta una Rosina "strepitosa"

Fonte
4. ^ Callas: A Documentary, documentario TV, The Bel Canto Society, 1978.
5. ^ Secondo Paolo Isotta, la migliore Traviata mai incisa, nella quale Santini «impone la disciplina musicale a Maria Callas, poche volte altrettanto grande.» (Cfr. [1]

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Shin80
view post Posted on 19/11/2009, 19:17




Non ho le competenze per esprimere una mia opinione su di lei, visto che di lirica non ne capisco niente, ma l'ho sempre trovata una gran gnocca... :worthy.gif: :worthy.gif: :worthy.gif:
 
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1 replies since 19/11/2009, 13:09   294 views
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