SOGNO, racconti dal web di Hagrid

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>VOODOO<
view post Posted on 4/10/2007, 00:01




Voglio narrarvi un sogno … un sogno non perchè questo racconto sia frutto della fantasia, ma perché io per primo ho ancora il timore di svegliarmi, tanto incredibilmente bello è stato quello che è successo.

Non era la prima volta che andavo a casa di D. e avevo già avuto modo di dimostrarle quanto profondo e sincero fosse il mio riconoscere in lei la Padrona, così come D. stessa aveva mostrato soddisfazione mentre tracciava disegni sulla mia schiena con la cera bollente o striava la mia pelle con l’aiuto di una semplice cintura di cuoio. Quel pomeriggio non era stato dissimile; nudo, con alla gola un collare a simboleggiare la mia condizione di schiavo, avevo urlato mentre la cera cadeva sui punti più sensibili del mio corpo e trattenuto il fiato ad ogni silenzio che punteggiava una interminabile sequenza di colpi di frusta. D., vestita con una lunga gonna nera ed un corsetto vittoriano che esaltava ulteriormente il suo stupendo seno, mi aveva perfino concesso di indugiare a lungo con le labbra su i suoi delicati piedi nudi.
All’ improvviso, l’ordine di andare sul letto e stendermi supino. Ubbidire era semplice, oltre che inevitabile, ma questo nuovo scenario apriva infinite e sconosciute possibilità, e nella mia mente cercavo di intuire, di anticipare, il suo prossimo desiderio, il prossimo passo di una sequenza che D. doveva avere ben chiara ma che a me era completamente ignota.

Con deliberata lentezza D. assicura i miei polsi alla testata del letto, usando due manette per bloccare la braccia larghe sopra la mia testa, poi copre i miei occhi con una benda nera che nulla fa filtrare e mi lascia così, consentendo solo all' udito il compito di cercare di capire cosa sta succedendo. Rumori di tessuti che si muovono, di una borsa rovistata, di chiusure metalliche che scattano, mille pensieri che scorrono veloci insieme alla paura di un atto sconosciuto, il timore di essere chiamato ad una nuova esperienza e di non riuscire ad essere all'altezza delle esigenze di D.
Finalmente la sento salire sul letto, di fronte a me, intuisco i suoi movimenti, il tocco delle sue mani che allargano le mie gambe e che frugano, tastano, indugiano sul mio orifizio più nascosto. Nessuna parola rompe il silenzio che si è creato, in cui il suo respiro, il rumore dei suoi gesti risulta amplificato, mentre io resto praticamente immobile, finché la sua mano sfiora il mio viso e fa cadere la benda che mi impediva la vista. D. è davanti a me, in ginocchio, lo sguardo fiero ed intenso di chi sta partecipando ad una cerimonia, una bianca guepiere avvolge il suo corpo, ma sotto, dove dovrei poter ammirare il suo sesso, c'è un dildo color carne assicurato al bacino.

Capisco che sarò suo, che desidera prendermi come segno di completo possesso. Lei mi guarda aspettando una reazione, so che se voglio posso ancora dire di no, so che proverò dolore perché sarebbe la prima volta, so che è un momento importante, una soglia che sono chiamato a superare, ma che posso anche decidere di non varcare. Mi interrogo su quello che sento nei confronti di D., su quello che desidero, chiedo a me stesso se sono disposto ad andare avanti. All' improvviso la tensione dentro di me sparisce, ed una strana tranquillità si impadronisce della mia anima; capisco che se penso ad una Padrona penso a D. e a nessun'altra, che il suo desiderio è il mio, che sarò suo o di nessun'altra. Alzo gli occhi verso i suoi, e divarico ancor più le cosce per darle un tacito consenso.
"Sei mio?" mi chiede D.
"Sono tuo," rispondo sottovoce, mentre sento il dildo appoggiarsi sulla stretta apertura e la pressione aumentare.
Provo a rilassarmi il più possibile, a ricordare tutto quello che ho letto sulla sodomizzazione, sento la spinta di D. che lentamente ma inesorabilmente riesce a far penetrare il dildo sempre di più, finché il suo corpo arriva a sfiorare le mie gambe. Non capisco se è stato il lubrificante, o la abilità di D., o la mia capacità di non contrarre i muscoli o il desierio reciproco, ma il dolore è minimo, maggiore è il disagio di sentire un oggetto estraneo dentro di me.
D. mi guarda a lungo, osserva i miei occhi pieni di desiderio, rimira il dildo ben piantato dentro di me. Un lieve sorriso appare sulle sue labbra, ed un lampo attraversa i suoi occhi, mentre comincia a muovere su e giù il suo bacino, prendendo pienamente possesso del mio corpo.
Può un pezzo di gomma diventare vivo?… trasmettere emozioni da un corpo all' altro?… far fondere il corpo della Padrona con quello dello schiavo?… è quello che è successo!
Brividi di piacere, sensazioni profonde, sono emerse irruentemente dai nostri corpi. Il senso di possesso di D. si mescola con il mio senso di assoluta appartenenza, i colpi con cui D. vìola profondamente il mio corpo sono baci, dimostrazione dei suoi sentimenti, gli schiaffi con cui li accompagna sono carezze.
Sono suo, il senso di completo possesso provoca in me, ma anche in D., ondate di intenso piacere; l'orgasmo ad entrambi negato non è un limite, ma un modo per prolungare oltre misura il momento di estasi.
Le mie mani si agitano, sempre bloccate dalle manette, non per cercare un via di fuga, ma per tentare disperatamente di abbracciare la Padrona, di stringerla stretta, di sentirla ancor più dentro di me. Non oso chiedere di essere liberato, non posso interrompere con banali parole questo momento magico. Ma è D. stessa che si ferma, cerca le chiavi e, restando dentro di me, mi libera; e poi ricomincia a possedermi, mentre io avvolgo le gambe intorno ai suoi fianchi, la imploro di prendermi sempre più, abbraccio il suo corpo e piango di felicità.

Quando, dopo aver sfiancato ogni mia resistenza, D. stanca e appagata libera il mio ormai devastato orificio e si abbandona sul letto, le uniche parole che riesco a pronunciare sono "Grazie, Padrona, grazie di avermi posseduto, grazie di avermi portato in paradiso!"

fonte: www.vbfm.it
 
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